« Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi » (frase pronunciata da Mario Ferretti all'apertura della radiocronaca della Cuneo-Pinerolo, terzultima tappa del Giro d'Italia del 1949)
Angelo Fausto Coppi è stato un ciclista su strada e pistard italiano. Professionista dal 1939 al 1959, vinse cinque volte il Giro d'Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953) (record), e due volte il Tour de France (1949 e 1952). Fra i suoi numerosi successi nelle corse in linea vanno ricordate le cinque affermazioni al Giro di Lombardia (1946, 1947, 1948, 1949 e 1954) (record), le tre vittorie alla Milano-Sanremo (1946, 1948 e 1949), e i successi alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone nel 1950. Fu Campione del mondo nel 1953. Nel ciclismo su pista, fu Campione del mondo d'inseguimento nel '47 e nel '49 e primatista dell'ora (45,798 km) dal 1942 al 1956.. Soprannominato il Campionissimo o l'Airone, fu il corridore più vincente e famoso dell'epoca d'oro del ciclismo, ed è considerato uno dei più grandi e popolari atleti di tutti i tempi. Eccellente passista e scalatore, era un corridore completo e adatto ad ogni tipo di competizione su strada. Si impose sia nelle più importanti corse a tappe sia nelle maggiori classiche di un giorno. Fu anche un campione di ciclismo su pista. Leggendaria la sua rivalità con Gino Bartali, che divise l'Italia nell'immediato dopoguerra (anche per le presunte diverse posizioni politiche dei due). Celebre nell'immortalare un'intera epoca sportiva - tanto da entrare nell'immaginario collettivo degli italiani - è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano una bottiglietta durante una salita al Tour del '52. Le sue imprese e le tragiche circostanze della morte ne hanno fatto un'icona della storia sportiva italiana. A cinquant'anni dalla scomparsa, la sua popolarità e fama appaiono immutate.
Fausto Coppi nasce il 15 settembre 1919, da Domenico e Angiolina Boveri. Incomincia a lavorare a Novi Ligure come garzone in una salumeria, ed è a Novi che incontra Biagio Cavanna, il famoso massaggiatore cieco e 'santone' del ciclismo, che tanta parte avrà nella sua trionfale carriera. Fausto disputa la sua prima gara nel luglio del 1937, sul circuito della Boffalora (Castellania (Boffalora)-Sarezzano-Tortona-Villalvernia-Castellania), e nell'estate dell'anno successivo centra la sua prima vittoria, a Castelletto d'Orba. Nel 1939 partecipa ad una corsa a Pavia; in quell'occasione Cavanna scrive a Giovanni Rossignoli della Bianchi raccomandandogli due nomi: "Caro Giovanni, ti mando due corridori. Uno, il Coppi, vincerà; l'altro farà quel che potrà". Coppi come previsto da Cavanna vince, e all'inizio della stagione seguente passa al professionismo, diventando gregario di Gino Bartali alla Legnano. Nel 1940, all'esordio al Giro d'Italia, Coppi dovrebbe limitarsi ad aiutare il suo capitano Bartali, il quale però cade durante le prime tappe ed appare fuori gioco per la vittoria finale. Fausto ha così via libera e s'impone di forza nella tappa Firenze-Modena tra lo stupore generale: un'incredibile fuga, iniziata sull'Abetone sotto il diluvio e conclusa in modo trionfale. Conquista la maglia rosa e la difende sino a Milano, risultando così il più giovane vincitore del Giro, conquistato a soli vent'anni. Due anni dopo al velodromo Vigorelli stabilisce il nuovo record dell'ora. L'impresa è compiuta in un clima surreale: il pericolo di bombardamenti spinge gli organizzatori a comunicare un orario falso per evitare assembramenti, e gli spalti rimangono quindi semivuoti. Ma la guerra tarpa le ali al giovane campione: mandato in Africa con la fanteria (Divisione Ravenna) è fatto prigioniero dagli inglesi. Al seguito delle truppe britanniche, come attendente di un capitano, rientra in Italia nel 1945 e viene tesserato dalla Sezione Ciclismo della S.S. Lazio, con la quale corre alcune gare, aggiudicandosi anche alcuni trofei. Nel 1946 nasce il leggendario binomio "Fausto Coppi-Bianchi", Fausto indosserà per un decennio la famosa casacca bianco-celeste, la maglia di tutte le sue più celebrate imprese. L'arrivo alla Bianchi dà immediatamente i suoi frutti: vince la sua prima Milano-Sanremo con un'epica fuga e ben 14 minuti di vantaggio sul secondo classificato (la radio annuncia: "Primo classificato Coppi Fausto; in attesa del secondo classificato trasmettiamo musica da ballo"); quindi si aggiudica tre tappe al Giro (vinto da Bartali), il Grand Prix des Nations (bissato l'anno successivo), il Circuito di Lugano e nel finale di stagione il suo primo Giro di Lombardia. Nel 1947, a sette anni di distanza dal primo successo, vince nuovamente il Giro d'Italia. Fra i suoi compagni di squadra vi è il fratello Serse, cresciuto ciclisticamente con lui e al quale Fausto è molto legato. Serse vincerà la Parigi-Roubaix del 1949 per poi morire in circostanze tragiche nel 1951, in seguito ad una caduta durante la volata finale al Giro del Piemonte. Nel 1948 Fausto centra la seconda accoppiata Sanremo-Lombardia. Il 1949 è l'anno della definitiva consacrazione internazionale. Fausto vince ancora una volta la Sanremo e il Lombardia, e al Giro firma quella che resterà la sua impresa più celebre, con 192 chilometri di fuga nella tappa Cuneo-Pinerolo; dopo Maddalena, Vars, Izoard e Monginevro arriva con quasi 12 minuti sul secondo (Bartali). Il giornalista Mario Ferretti apre la sua radiocronaca con una frase entrata nella storia del ciclismo: "Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste; il suo nome è Fausto Coppi". Conquistato il terzo Giro, affronta il suo primo Tour de France: nessun corridore è mai riuscito a centrare la doppietta Giro-Tour nello stesso anno. Fausto parte molto male, perdendo più di mezz'ora nelle prime tappe. Poi come d'incanto risorge, dominando le due lunghissime cronometro e staccando tutti alla sua maniera nella tappa Briançon-Aosta. È il trionfo definitivo, e in Francia nasce il mito di "Fostò". Al Mondiale di Copenaghen, su un tracciato adatto a velocisti puri, si piazza terzo dopo il principe delle volate Van Steenbergen e lo svizzero Kübler. Il 1950 inizia in maniera sfolgorante, con i successi alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone. Ma la sfortuna colpisce Coppi forse nel momento migliore della carriera: alla nona tappa del Giro, la Vicenza-Bolzano, un corridore che gli è davanti sbanda e Fausto cade; all'ospedale di Trento la diagnosi è senza appello: frattura tripla del bacino, e stagione finita. Il destino si accanisce poi nel 1951 con la scomparsa del fratello Serse, tragedia che segna Fausto nel profondo. Dopo un discreto Giro, terminato con due vittorie di tappa, partecipa al Tour con la morte nel cuore. Nella tappa di Montpellier attraversa una crisi spaventosa, da cui riesce a risollevarsi solo grazie all'aiuto dei fedeli compagni di squadra. Si riprende nel finale del Tour, dimostrando a tutti di essere ancora lui e conquistando la tappa alpina da Gap a Briançon. Nel 1952, lasciata la cattiva sorte alle spalle e nel pieno della sua maturità agonistica, Fausto mette il sigillo su un'altra fenomenale annata, riuscendo a ripetere la doppietta del 1949: vince tre tappe e classifica finale al Giro d'Italia, e addirittura cinque tappe al Tour (fra le quali il primo arrivo a L'Alpe d'Huez nella storia della Grande Boucle), portando nuovamente la maglia gialla sino a Parigi. Sul Colle del Galibier viene scattata la foto di un'epoca. Carlo Martini immortala Coppi davanti, Bartali dietro e una borraccia in mezzo. Il 1953 è l'anno della quinta vittoria al Giro (sulle rampe dello Stelvio stacca Hugo Koblet, ultima leggendaria impresa del Campionissimo alla Corsa Rosa) ma è soprattutto l'anno del trionfo al Campionato del Mondo: sul difficile circuito di Lugano Coppi fa letteralmente il vuoto; il belga Germain Derycke tenta di rimanergli a ruota, ma a 30 km dall'arrivo l'Airone di Castellania prende il volo e giunge sul traguardo con 6 minuti di vantaggio. La vittoria di Lugano segna il punto più alto della sua carriera, ma è anche l'inizio della parabola discendente. Nel 1954 l'ultima grande vittoria: il Giro di Lombardia, per la quinta volta (record assoluto di successi nella grande classica di ottobre). Nel 1955 appare di nuovo in ottima forma: vince il suo quarto Campionato italiano su strada, si piazza secondo nel Giro (la vittoria va a Fiorenzo Magni per soli 13 secondi) e nella Parigi-Roubaix, e coglie la sua ultima affermazione in una corsa in linea, al Giro dell'Appennino. Nel 1957, con la maglia della Carpano-Coppi, l'ultimo trionfo in assoluto, al Trofeo Baracchi, a cronometro in coppia con Ercole Baldini. Nel 1959 nasce il progetto della "San Pellegrino": una nuova formazione diretta da Gino Bartali, che dovrebbe avere come capitano proprio Fausto. I due grandi rivali sotto la stessa bandiera, come vent'anni prima. Coppi vinse complessivamente 122 corse in carriera. Indossò per 31 giorni la maglia rosa e per 19 giorni la maglia gialla.
Nel dicembre del 1959, subito dopo essere stato ingaggiato dalla squadra appena costituita dall'amico ed ex-rivale Gino Bartali, Coppi partecipa con alcuni amici ciclisti francesi - fra cui Raphaël Géminiani e Jacques Anquetil - a una corsa nell'Alto Volta, attuale Burkina Faso, in occasione dei festeggiamenti per l'indipendenza del Paese. Nei giorni successivi prende parte a una battuta di caccia nella boscaglia attorno a Ouagadougou, dove contrae la malaria. Al ritorno in Italia, pochi giorni prima di Natale, è febbricitante. Il 29 dicembre è assalito da febbre altissima, nausea e brividi. Nel pomeriggio del 1º gennaio le condizioni del campione si aggravano ulteriormente; il medico curante, dott. Allegri, chiama a consulto il primario dell'ospedale di Tortona, professor Astaldi, il quale decide per un immediato ricovero in ospedale. A Tortona giunge per un altro consulto il professor Fieschi, dell'Università di Genova. All'ammalato è praticata una cura intensa a base di antibiotici e cortisonici, ma Coppi non reagisce ed entra in coma. Non riprende più conoscenza e muore alle 8.45 del 2 gennaio 1960, a poco più di quarant'anni. I medici avevano sbagliato diagnosi, ritenendo Coppi affetto da un'influenza più grave del consueto (nonostante la moglie e il fratello di Géminiani avessero telefonato dalla Francia per avvertire che a Raphaël era stata diagnosticata la malaria). Coppi viene sepolto nel cimitero del suo paese natale. Al funerale partecipano decine di migliaia di persone e tutto il mondo del ciclismo. All'inizio del 2002 sono state pubblicate alcune illazioni, mai confermate, secondo le quali Coppi sarebbe stato avvelenato in Africa per vendicare la morte di un ciclista locale. La realtà dei fatti è però dimostrata sia dalla provetta del sangue prelevato a Coppi (dove fu trovato il plasmodium falciparum, l'agente della malaria terzana maligna, la forma più violenta della malattia) sia dalla diversa sorte di Géminiani, che divise in Burkina Faso l'alloggio con Coppi, fu colpito anche lui dalla malaria, ma curato in tempo con il chinino poté sopravvivere e guarire.
Coppi era un grande appassionato di calcio, e oltre a tifare per l'Alessandria aveva simpatia per la compagine genovese della Sampdoria, avendo vissuto per quasi dieci anni a Genova Sestri Ponente, dove si era sposato con Bruna Ciampolini nel 1945. Spesso era ospite in tribuna allo Stadio Luigi Ferraris. Diverse volte si cimentò in derby calcistici di beneficenza a Genova e Milano. Secondo uno dei suoi biografi, Giancarlo Governi, era però tifoso del Torino. Alla Milano-Sanremo del 1946, Coppi scollina in solitudine sul Passo del Turchino e arriva con 14 minuti sul secondo. Niccolò Carosio annuncia: "Primo Fausto Coppi. In attesa degli altri corridori, trasmettiamo musica da ballo". Dopo la prigionia in Africa durante la seconda guerra mondiale, sin dall'arrivo a Napoli il suo pensiero è capire come può riprendere con il ciclismo. Si presenta a sorpresa a Gino Palumbo, che lavora alla redazione sportiva della Voce e gli dice: «Sono Coppi e vorrei tornare a correre, ma ho soltanto una bici militare con le gomme piene che mi procurano dolori continui. Il suo giornale mi può aiutare?» Palumbo lancia subito un appello: «Date una bicicletta a Fausto Coppi». Rispondono in tre. Racconterà Palumbo: «Scegliemmo la bici di un falegname di Grumo Nevano. Si chiamava Davino. Venne al giornale, consegnò la bici a Fausto, che non dimenticò mai il gesto. Due mesi dopo andò a Grumo per una gara di ciclocross». Alla Parigi-Roubaix del 1950, vinta da Coppi, il secondo classificato Maurice Diot alzò le braccia al cielo all'arrivo come se avesse vinto, quindi disse: "Ho vinto la Roubaix. Coppi era fuori concorso".
Coppi fu al centro anche delle cronache scandalistiche del tempo per la relazione extraconiugale avuta con Giulia Occhini, moglie del dottor Enrico Locatelli - medico condotto di Varano Borghi e appassionato tifoso coppiano - conosciuta durante la Tre Valli Varesine del 1948 e divenuta famosa con il soprannome di "Dama Bianca". Il soprannome le venne dato nel 1953 da Pierre Chany, giornalista de L'Équipe, in occasione della vittoria di Coppi al Campionato del mondo, per il colore del montgomery che la Occhini indossava. Tra Fausto e Giulia Occhini iniziò una storia d'amore, resa pubblica nel giugno del '53. Essendo entrambi già sposati, la relazione suscitò all'epoca grande scandalo e fu fortemente avversata da una parte dell'opinione pubblica; persino il Papa Pio XII giunse a condannarla apertamente. Coppi e la moglie Bruna Ciampolini (da cui aveva avuto la figlia Marina, nata l'11 novembre 1947) si separarono consensualmente nel 1954, mentre Locatelli arrivò a denunciare la moglie per adulterio. La Occhini, in attesa del processo, fu trattenuta in carcere per quattro giorni e dovette successivamente recarsi in domicilio coatto ad Ancona, mentre a Coppi fu ritirato il passaporto. Il processo, celebrato nel marzo del 1955, si concluse con la condanna di Coppi a due mesi e della Occhini a tre mesi di carcere (entrambi usufruirono della sospensione condizionale della pena). Tra mille difficoltà Coppi e Giulia Occhini si sposarono in Messico (matrimonio mai riconosciuto in Italia) e misero alla luce un figlio, Angelo Fausto detto Faustino, nato a Buenos Aires il 13 maggio 1955. Angelo Fausto Coppi, che attualmente possiede il doppio passaporto italiano e argentino, fu fatto nascere in Argentina per poter ricevere il cognome "Coppi", poiché Locatelli si rifiutava di disconoscerne la paternità.
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