27.1.11

I quattrocento colpi



I quattrocento colpi (Les Quatre Cents Coups) è un film del 1959 diretto da François Truffaut, al suo primo lungometraggio. Il titolo, in italiano, è la traduzione letterale del titolo del film in lingua francese, ma fa perdere il senso che, in francese, si riferisce all'espressione "faire les quatre cents coups", che vuol dire "fare il diavolo a quattro".
Il film fu girato dal 10 novembre 1958 al 3 gennaio 1959 a Parigi e fu proiettato in pubblico la prima volta il 3 giugno 1959 al 12º Festival di Cannes, dove vinse il Premio per la migliore regia.
È il primo di una serie di film che hanno tutti per protagonista Antoine Doinel, alter ego del regista, sempre interpretato dallo stesso attore, Jean-Pierre Léaud, ripreso in fasi diverse della sua vita, dall'adolescenza alla maturità. I film successivi di questa "serie" sono: Antoine e Colette (1962, episodio del film collettivo L'amore a vent'anni) , Baci rubati (1968), Non drammatizziamo... è solo questione di corna (1970), L'amore fugge (1978)
L'azione si svolge a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Antoine Doinel è un ragazzino di 12 anni, vive con i genitori che mal ne interpretano i bisogni affettivi e le inquietudini tipiche dell'adolescenza, la madre un poco civetta e poco disponibile alle effusioni del ragazzo, il padre (che in realtà è tale solo sotto il profilo legale), abbastanza bonario ma superficiale e solo interessato alle gare automobilistiche. La famiglia vive in un piccolo appartamento, dove Antoine non possiede una propria camera da letto, infatti dorme nell'ingresso, vicino alla porta di casa. Anche a scuola Antoine si fa notare per la sua irrequietezza, lo scarso rendimento e per gli scherzi che combina, tanto che finisce in molte occasioni per diventare il capro espiatorio di marachelle altrui. Tutte le azioni di Antoine sono un mezzo, non sempre consapevole, per attirare l'attenzione degli adulti su di sé e per protestare contro la loro insensibilità e la loro ostilità. Il solo conforto alla sua solitudine è l'amicizia col coetaneo René, solidale con lui anche per la difficile situazione famigliare, con cui marina frequentemente la scuola andando al cinema, nei parchi parigini o al Luna Park.
Dopo aver scoperto per la strada la madre baciare uno sconosciuto, il comportamento di Antoine peggiora: per giustificare l'ennesima assenza a scuola si inventa la morte della madre. Umiliato davanti a tutti fugge da casa e si rifugia nella stamperia dello zio di René, vagando poi di notte per le strade di Parigi. Rientrato a scuola, viene perdonato dalla madre che gli promette un regalo se saprà migliorare i suoi voti. Antoine svolge così un tema a casa riproducendo una pagina dal romanzo La ricerca dell'assoluto di Balzac che descrive la morte del nonno. Il professore lo accusa di plagio e lo punisce per l'ennesima volta.
Deluso e disperato Antoine fugge un'altra volta e va a vivere in casa di René, con cui intende rubare una macchina per scrivere nell'ufficio del padre. Una volta realizzato il furto, i due ragazzi cercano di venderla, ma senza successo, a un ricettatore, e Antoine viene scoperto dal custode all'atto di restituirla. Il padre lo denuncia al commissariato di polizia, sperando che questa riesca in qualche modo a mettere in riga il figlio e così il ragazzo passa una notte in cella assieme a un delinquente e ad alcune prostitute. La madre, per liberarsene, acconsente con durezza, "per dargli una lezione", che venga rinchiuso in un riformatorio lontano da Parigi, vicino al mare. Qui la disciplina è molto rigida, tanto che Antoine viene punito fisicamente con un sonoro ceffone per aver consumato anzitempo un po' della razione del suo pane. Viene poi interrogato da una psichiatra che gli pone domande sulla sua vita intima e sui difficili rapporti con i genitori, cui Antoine risponde con sconcertante franchezza.
René viene a trovarlo ma non può parlargli a causa delle regole dell'istituto. La madre gli comunica in modo brusco la decisione di abbandonarlo a sé stesso. Durante una partita di pallone Antoine approfitta della disattenzione dei sorveglianti e fugge. Con una lunga corsa arriva sino al mare (che non aveva mai visto prima), si spinge sino alla battigia, si volta dopo essere entrato con tutte le scarpe nell'acqua e il film finisce con un fermo immagine che ne inquadra lo sguardo giovane ma già intimamente dolorante, senza alcun cedimento alla retorica e al sentimentalismo di maniera.

Commento
L'idea del film nacque nel regista come un cortometraggio di 20 minuti che avrebbe dovuto intitolarsi "La fugue d'Antoine". Ambientato durante l'occupazione nazista di Parigi, che avrebbe dovuto narrare la storia di un ragazzo che, dopo aver marinato la scuola, non trova il coraggio per tornare a casa e passa la notte in giro per Parigi. Il progetto si è poi, con il tempo, modificato nella testa del regista ed è diventato quella che lui ha definito "una specie di cronaca dei tredici anni" (Gillain 56). Al tempo stesso il regista ha abbandonato l'idea di ambientarlo durante l'occupazione per motivi economici "ma anche estetici, perché si cade facilmente nel ridicolo rievocando la moda di quei tempi" (Gillan 57). Dovranno passare 21 anni prima che Truffaut riesca a girare un film, L'ultimo metrò, ambientato nella Parigi occupata.
Il film è forse l'opera più autobiografica tra tutti i film di Truffaut. Narra l'infanzia di Antoine Doinel (l'alter ego del regista), un ragazzo "difficile" e i suoi rapporti con le "istituzioni" (la famiglia, la scuola, la polizia, il riformatorio). In effetti, come riconosciuto dallo stesso Truffaut, Antoine Doinel non è il giovane Truffaut ma è un incrocio tra il regista e Jean-Pierre Léaud che interpreta il ruolo. In un'intervista del 1959 lo stesso regista, riferendosi a Léaud, afferma: "Io vedevo Antoine più fragile, più indifeso, meno aggressivo, Jean-Pierre gli ha dato la sua forza, la sua aggressività, il suo coraggio." (Gillain, 58). Robert Lachenay, in un commento al film presente nella versione distribuita su DVD, conferma che Truffaut da ragazzo era molto più timido di Léaud e che in alcune situazioni mai si sarebbe comportato con la stessa disinvoltura mostrata dal giovane attore.
Sono gli anni in cui i fermenti libertari risalgono dal basso verso la superficie e in cui l'apparente benessere economico non riesce a dare risposte soddisfacenti a chi non sia banalmente superficiale. Il regista si fa interprete di questi rivolgimenti sociali.
Il personaggio di René Bigey, l'amico intimo del giovane Doinel, è la rappresentazione cinematografica di Robert Lachenay, il miglior amico di Truffaut, conosciuto sui banchi di scuola e con cui il regista ha condiviso la passione per il cinema (e i cui nonni avevano appunto il cognome Bigey).

Curiosità
Il film è dedicato alla memoria di André Bazin, morto proprio la sera del giorno in cui iniziarono le riprese.
La pellicola si apre con le immagini della Torre Eiffel, nei pressi della quale il regista aveva abitato da ragazzo e per la quale ha sempre conservato una sorta di attrazione.
In una scena Antoine e René uscendo dal cinema passano davanti a dei poster e rubano la foto di una donna: si tratta di Harriet Andersson in Monica e il desiderio di Ingmar Bergman.
François Truffaut e Philippe de Broca appaiono in un cameo: sono due uomini nella giostra insieme ad Antoine al luna park.
Il British Film Institute lo ha inserito nella lista dei 50 film film più adatti ad un pubblico giovane.

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