21.2.11

Francesca Bertini






pseudonimo di Elena Seracini Vitiello, è stata un'attrice cinematografica italiana dell'epoca del cinema muto.
Figlia adottiva del trovarobe napoletano Arturo Vitiello e dell'attrice di prosa fiorentina Adelaide Frataglioni, trascorse l'infanzia a Napoli. Iniziò giovanissima a calcare il palcoscenico interpretando commedie napoletane, e successivamente comparve in un gran numero di film muti recitando parti secondarie.
Il suo primo film fu del 1910 e si intitolò Il Trovatore. La giovane aveva una voce gutturale sgradevole, ma la sua decisione d'arrivare, unita all'insofferenza per la vita grama da commediante, le diede il coraggio di fare il salto nella capitale.
A 21 anni si trasferì a Roma e, ribattezzatasi Francesca Bertini, interpretò il primo ruolo da protagonista in Histoire d'un Pierrot (1913) sotto la regia di Baldassarre Negroni per la Film d'Arte, succursale italiana della francese Pathé.
Successivamente passò alla Caesar, che inizialmente l'aveva chiesta solo in prestito. In soli due anni Francesca Bertini raggiunse la notorietà. Il successo più eclatante arrivò nel 1915 con il ruolo della napoletanissima Assunta Spina, nell'omonimo film tratto dal dramma di Salvatore Di Giacomo, per la regìa di Gustavo Serena. Ma la Bertini non si limitò a recitare la parte di protagonista. Volle avere un ruolo primario anche nella realizzazione del film. Lo confermò lo stesso Gustavo Serena:
« E chi poteva fermarla? La Bertini era così esaltata dal fatto di interpretare la parte di Assunta Spina, che era diventata un vulcano di idee, di iniziative, di suggerimenti. In perfetto dialetto napoletano, organizzava, comandava, spostava le comparse, il punto di vista, l'angolazione della macchina da presa; e se non era convinta di una certa scena, pretendeva di rifarla secondo le sue vedute. »

Il fascino che emanava la sua figura, gracile, dai capelli corvini e con uno sguardo acceso e intenso, le fecero presto varcare i confini come tipo d'una bellezza meridionale e popolaresca.
In seguito interpretò sullo schermo grandi personaggi letterari e teatrali, come Fedora, Tosca e la Signora delle Camelie.La sua notevole bellezza e la capacità di imporre la propria presenza in scena, soprattutto in parti tragiche, fecero di lei il primo esempio di diva cinematografica.
Francesca Bertini inaugurò uno stile che, solo molto tempo dopo è stato ascritto al genere del divismo. Alcuni esempi:
Per ogni scena pretendeva di indossare un abito nuovo. Il vestito nuovo, fatto su misura dalla sarta, doveva inevitabilmente essere inaugurato il giorno successivo.
Qualsiasi film stesse girando, in qualsiasi luogo si trovasse, la Bertini alle cinque del pomeriggio si fermava e si recava in un grande albergo per prendere il tè in compagnia di alcune dame.
Francesca Bertini incarnava il personaggio di donna passionale, assoluta, straziante allora di moda. Il suo produttore ebbe l'idea di farle realizzare una serie di sette film ispirati al romanzo d'appendice I sette peccati capitali di Eugène Sue (1804-1857), ciascuno per un peccato capitale: la diva si sarebbe espressa in tutta la gamma delle passioni. Già dopo l'annuncio si ebbe un'altissima richiesta d'acquisto. La serie di film, uscita nel 1919, non ebbe però il successo commerciale sperato.
La Bertini entrò in crisi e decise di riposarsi per un po' di tempo in una clinica. Un giorno, durante questo periodo, vide in un teatro di posa della Caesar i nuovi metodi di lavorazione venuti da Torino. Decise di essere diretta da un regista torinese per il suo nuovo film. Si girò Anima allegra dei fratelli Quintero. Il film ottenne un buon successo di pubblico.
La Bertini era ancora all'apice del successo quando l'americana Fox avanzò un'allettante offerta per recitare in alcuni film, ma la diva rifiutò: aveva appena conosciuto il banchiere svizzero Alfred Cartier.Nell'agosto 1921 fece il suo ultimo film, La fanciulla di Amalfi, poi in settembre lo sposò. Nella sua pur breve carriera aveva girato un centinaio di film e guadagnato quattro milioni di lire dell'epoca.
In seguito al matrimonio le sue apparizioni si fecero molto più rare; ma è verosimile che con l'avvento del cinema sonoro, come molti altri attori, anche lei non avrebbe saputo adeguarsi alle nuove tecniche di recitazione.
Negli anni sessanta e settanta prese parte a qualche trasmissione televisiva: fu intervistata da Lelio Luttazzi a Ieri e oggi, Mike Bongiorno, Enzo Biagi e Maurizio Costanzo, sempre rievocando con una punta di nostalgia la lontana, leggendaria stagione di trionfi.Nel 1969 fece uscire la sua autobiografia dal titolo Il resto non conta per la casa editrice Giardini, di Pisa.
Nel 1976 Bernardo Bertolucci la convinse a uscire dall'isolamento e a comparire in un breve cameo, in abiti da suora, in Novecento.
Nel 1982 il regista Gianfranco Mingozzi diresse per la televisione un documentario a lei dedicato, L'ultima diva.

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