3.2.11

ciao Maria




Prigioniera di quell'"Ultimo tango" Addio a Maria Schneider

L'attrice, 59 anni, stroncata da una lunga malattia. Una vita difficile, segnata da problemi psicologici e sul piano artistico dal capolavoro di Bertolucci, in cui interpreta scene erotiche (celeberrima quella del burro) con Brando. "Sul set fui violentata", rivelò dopo. Ma poi cambiò idea: "Fu dura ma sono entrata nella storia" di CLAUDIA MORGOGLIONE

Maria Schneider con Brando in Ultimo tango a Parigi raramente un attore è stato tanto associato a un unico ruolo, a un unico film, quanto Maria Schneider: eternamente legata, nell'immaginario cinefilo, al personaggio di Jeanne. L'indimenticabile, intensa amante di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi, capolavoro crepuscolare ed erotico firmato Bernardo Bertolucci. E adesso il mondo del cinema piange la sua scomparsa: l'attrice francese è morta a quasi 59 anni, dopo una lunga malattia. A dare la notizia, da Parigi, sono stati i suoi familiari. Una vita difficile, complicata, drammatica, quella della Schneider. Segnata da un'infanzia difficile, da problemi psicologici e anche da quel ruolo "maledetto" accanto a Brando. Da cui non è riuscita a liberarsi, e per cui ha più volte manifestato una sorta di odio/amore. La Schneider nasce nel marzo 1952, figlia della modella tedesca Marie Marie Christine Schneider e dell'attore Daniel Gélin (che cononne solo nell'adolescenza, e che non ha mai voluto riconoscerla). Fin dalla prima giovinezza, forse per avvicinarsi indirettamente al padre, coltiva due passioni: la musica, e soprattutto il cinema. L'esordio su grande schermo avviene nel 1969, con Madly - Il piacere dell'uomo, accanto ad Alain Delon; seguono La tardona (1971) e Cari genitori (1972). L'exploit, però, avviene - sempre nel 1972 - quando Bertolucci la sceglie per il ruolo di giovane amante di un Marlon Brando di mezza età, in Ultimo tango a Parigi. Film decadente, triste, disperato, che a causa
delle sue sequenze di sesso molto realistiche - sopratutto quella, celeberrima, del burro - in Italia va incontro a una censura durissima, con interventi pesanti della magistratura. Il giorno dopo la sua uscita nelle sale, il 15 dicembre, la pellicola viene sequestrata dalle autorità per "esasperato pansessualismo fine a se stesso". La Cassazione conferma questa linea, e condanna la pellicola al rogo. Bertolucci viene privato di diritti civili per cinque anni, per offesa al comune senso del pudore. Ma tutta questa tormentata vicenda contribuisce a consolidare la fama del film, che diventa immediatamente un cult. Trasformando lei in un sex-symbol, in icona femminile perduta. Dopo il boom, nel giro di qualche anno, arriva il tracollo: l'attrice, probabilmente diventata dipendente dall'eroina, abbandona il set di un film si fa ricoverare in un ospedale psichiatrico. Negli anni successivi, la Schneider non riesce però a ottenere ruoli altrettanto incisivi, in opere importanti. Tra le poche eccezioni Professione reporter (1975), Cercasi Gesù di Luigi Comencini (1982), Jane Eyre di Franco Zeffirelli (1996). L'ultima sua apparizione su grande schermo è in Qualcosa in cui credere (1998). Nel corso degli anni Novanta, però, Maria recupera l'altro suo antico amore: la musica. Innamorata da sempre delle canzoni di Lucio Battisti, pubblica un album e un singolo (a cui seguirà un album remix) dedicato proprio al grande artista italiano, e in cui canta insieme a Cristiano Malgioglio. Ma di quella sorta di ossessione - sua, e del pubblico - per il suo ruolo maledetto in Ultimo tango, la Schneider non si è liberata mai. Ancora nel luglio 2007, in un'intervista, si scaglia contro il regista e il suo partner sullo schermo. In riferimento, soprattutto, alla sequenza di sesso più famosa del film: "La scena del burro? E' stata un'idea di Marlon Brando. E Bertolucci mi disse che cosa dovevo fare solo poco prima di girarla. Mi hanno ingannato". E ancora: "Mi hanno quasi violentata, quella scena non era prevista nella sceneggiatura. Io mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di no. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato perché non si può obbligare un attore a fare qualcosa che non è nella sceneggiatura. Ma all'epoca ero troppo giovane, non lo sapevo. Così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione." In un'altra intervista, invece, l'attrice dichiara di "perdonare" Bertolucci: "Ho sofferto, ma dopo quel film sono entrata nella storia del cinema". Cosa assolutamente vera: quel posto, nella storia del cinema, Maria se l'è conquistato davvero. Per sempre.

(03 febbraio 2011)

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