Stefania Rocca e i ruoli impossibili in Italia
Intervista all’attrice che presenta a Venezia 68 il drammatico “The Invader” e che ci parla della difficoltà di avere ruoli di donne misteriose nel cinema nostrano
06/09/2011 - Pierpaolo Festa, nostro inviato al Festival di Venezia
Chi scrive la ricorda ancora con i capelli blu pronta ad aiutare Christopher Lambert a combattere spietate multinazionali in un futuro alla “Blade Runner”. Quella era Naima, protagonista di “Nirvana” di Salvatores, il personaggio che ha lanciato la carriera di Stefania Rocca quattordici anni fa: “Un personaggio a cui sono rimasta legatissima. Mi sono fatta un tatuaggio per portarla con me sempre, un qualcosa che rappresenta la rinascita, e cioè la stessa sensazione che avevo quando ho interpretato quel ruolo”.
A Venezia l’attrice presenta il drammatico “The Invader”, diretto dal video artist Nicolas Provost e presentato nella sezione Orizzonti:
“Ho scelto Stefania perché avevo bisogno di una donna vera – afferma il regista – Una donna bellissima e carismatica. È molto difficile trovare una donna di questa generazione che possa incarnare tutte queste qualità. Quando l’ho vista in “Le candidat”, ho capito che lei porta con sé questa tradizione dei film di Antonioni. Quando la guardo mi ricorda molto Monica Vitti”.
Stefania raccontaci la tua esperienza sul set di questo film belga…
Per me ogni film è un mondo nuovo. Quando inizi le riprese ci sono sempre delle persone nuove da conoscere. Ogni film in qualche maniera è un corpo estraneo, questo è anche il tema di “The Invader”, e cioè sentirsi estraneo in mezzo a persone che cercano insieme di conoscersi. Ecco dunque culture diverse che si incontrano e che hanno il piacere di incrociarsi. Un tema con cui io stessa mi identifico molto: ho vissuto all’estero e ho avuto momenti in cui mi sono sentita sola ed estranea.
Kenneth Branagh, Abel Ferrara, Provost e tanti altri.
Come ti trovi a lavorare con talenti internazionali?
Mi diverte lavorare all’estero: c’è una prospettiva diversa di te, di come ti vedi e di come di vedono gli altri. Questo mi permette di cambiare i ruoli. Nel cinema italiano un personaggio come quello di Agnès non lo avrei mai fatto, forse non mi vedono così. Mi piace variare.
Perché, come ti vedono in Italia?
Non è che mi vedono in un determinato ruolo. Ma le donne del nostro cinema non hanno niente a che vedere con questo genere di femme fatale. È difficile trovare un personaggio seducente in Italia. Vengono subito visti in negativo, e spesso sono personaggi cattivi. In “The Invader” interpreto una donna della upper class come quelle che c’erano nei film di Antonioni. Le donne del cinema italiano degli anni Sessanta non ci sono più. Oggi abbiamo donne frustrate, donne isteriche, vittime.
Continuerai comunque a recitare soprattutto in Italia…
Beh, io sono italiana e desidero ancora lavorare nel nostro paese e trovare nuovi ruoli interessanti. Sono un’amante del cinema ed è ovvio che avere la possibilità di lavorare in lingue diverse con persone che hanno un background diverso artistico è interessante. Ma mi fanno ridere quando mi dicono che è il periodo sbagliato per il cinema italiano: è una cosa che mi sento dire da quando ho finito gli studi al centro sperimentale.
Qual è dunque il problema del nostro cinema?
Che non abbiamo libertà nello scrivere sceneggiature. Bisogna sempre scendere a patti e non rischiare mai. Siamo pieni di registi e siamo pieni di attori. Ma se gli sceneggiatori fossero più liberi, sarebbe decisamente una grande cosa.
Dove ti vedremo prossimamente?
Il 14 ottobre sarò nei cinema con la commedia “L’amore fa male” (M2 Pictures), dove interpreto un’attrice sopra le righe che ha una figlia e continua a inseguire questo suo sogno, ma lei è un po’ sfigata. Ho recitato insieme a Paolo Briguglia e Nicole Grimaudo. Adesso sto girando con Riccardo Milani “Una grande famiglia” per la TV: per l'occasione abbiamo ricomposto il team di “Tutti pazzi per amore”.
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