nome d'arte di Anna Maria Cecilia Sophia Kalogheròpoulos, è stata un soprano statunitense di origini greche. Nata a New York da genitori greci, la Callas studiò ad Atene, dove cantò dal 1939 al 1945, intraprendendo la carriera internazionale dai tardi anni quaranta agli anni sessanta.
Dotata di una voce particolare, che coniugava un timbro unico a volume, estensione e agilità notevoli, la Callas contribuì alla riscoperta del repertorio italiano della prima metà dell'Ottocento (la cosiddetta «belcanto renaissance»), in particolare Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti, di cui seppe dare una lettura personale, in chiave tragica e drammatica, oltre che puramente lirico-elegiaca. Sempre a lei si deve la riscoperta del termine di soprano drammatico d'agilità per la restaurazione della tecnica di canto di origine primo-ottocentesca applicata a tutti i repertori.
Tra i suoi cavalli di battaglia vi furono Bellini (Norma, Puritani, Sonnambula), Donizetti (Lucia di Lammermoor), Verdi (Traviata, Trovatore, Aida), Ponchielli (La Gioconda) e Puccini (Tosca, Turandot).
Si dedicò inoltre con successo alla riscoperta di titoli usciti di repertorio a causa della mancanza di interpreti sopranili adeguate, quali Armida e Il Turco in Italia di Rossini, Il pirata di Bellini, Anna Bolena di Donizetti, Alceste e Ifigenia in Tauride di Gluck e La Vestale di Gaspare Spontini, sia pure senza quel rigore filologico per le partiture integrali o originali, ossia accettando i tagli e i molti adattamenti di tradizione imposti dai direttori dell'epoca.
I ruoli indissolubilmente legati al suo nome sono Norma di Vincenzo Bellini e Medea di Luigi Cherubini.
Dotata di una voce particolare, che coniugava un timbro unico a volume, estensione e agilità notevoli, la Callas contribuì alla riscoperta del repertorio italiano della prima metà dell'Ottocento (la cosiddetta «belcanto renaissance»), in particolare Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti, di cui seppe dare una lettura personale, in chiave tragica e drammatica, oltre che puramente lirico-elegiaca. Sempre a lei si deve la riscoperta del termine di soprano drammatico d'agilità per la restaurazione della tecnica di canto di origine primo-ottocentesca applicata a tutti i repertori.
Tra i suoi cavalli di battaglia vi furono Bellini (Norma, Puritani, Sonnambula), Donizetti (Lucia di Lammermoor), Verdi (Traviata, Trovatore, Aida), Ponchielli (La Gioconda) e Puccini (Tosca, Turandot).
Si dedicò inoltre con successo alla riscoperta di titoli usciti di repertorio a causa della mancanza di interpreti sopranili adeguate, quali Armida e Il Turco in Italia di Rossini, Il pirata di Bellini, Anna Bolena di Donizetti, Alceste e Ifigenia in Tauride di Gluck e La Vestale di Gaspare Spontini, sia pure senza quel rigore filologico per le partiture integrali o originali, ossia accettando i tagli e i molti adattamenti di tradizione imposti dai direttori dell'epoca.
I ruoli indissolubilmente legati al suo nome sono Norma di Vincenzo Bellini e Medea di Luigi Cherubini.
L'incontro con Onassis
Nel 1957, ad un ricevimento a Venezia organizzato in suo onore da Elsa Maxwell, per il quale rinunciò a cantare una recita supplementare de La sonnambula al Festival di Edimburgo nonostante le richieste della Scala, incontrò per la prima volta Aristotele Onassis. Per quella volta, il greco fu solo uno dei tanti miliardari con cui la nuova vita sociale internazionale la faceva venire a contatto, complice l'ambigua e adorante amicizia della Maxwell. L'anno seguente, probabilmente impressionato dal Gala in onore della Callas organizzato dal Teatro dell'Opéra di Parigi, Onassis non volle essere da meno, e organizzò una cena in suo onore al Dorchester Hotel di Londra, in occasione della prima della Medea al Covent Garden (giugno 1959). Caso mai non fosse stato chiaro il messaggio, Onassis si fece anche fotografare mentre, al momento dei saluti, cercava di trattenere a sé la Callas, ormai in pelliccia portata via dal marito (una foto sembra studiata per aumentare la sua pubblicità). Un mese dopo, l'invito a trascorrere le vacanze estive sullo yacht Christina per una crociera insieme a Winston Churchill e consorte e ad altre personalità del Gotha internazionale colse una Callas stanchissima per una massacrante tournée di concerti, con la voce sensibilmente ridotta, in uno stato psicologico complesso, dove la dipendenza sempre più forte dalla mondanità si univa al desiderio di porre fine a una carriera ormai giunta allo zenit. Dopo nemmeno due settimane, al rientro a Montecarlo dello yacht, Maria Callas aveva deciso di essere perdutamente innamorata del greco e di lasciare per sempre Meneghini. Stranamente il fatto era troppo clamoroso quasi per essere notato, e ci volle la provocazione di Meneghini, esasperato da chi, nel torrido ferragosto, cercava sua moglie per vari motivi professionali e personali, per far esplodere sulla stampa di tutto il mondo la notizia. Da quel momento, ogni uscita pubblica della Callas diventò preda dei giornalisti, in pratica fino al giorno della sua morte. Secondo alcuni amici, la separazione era nell'aria, per diverse cause dovute proprio a Meneghini (esasperante, tirchio, sempre in cattivi rapporti coi dirigenti dei teatri, e infine troppo poco mondano rispetto ala vertiginosa ascesa della moglie di quegli ultimi tre anni). Dopo un'operazione, resasi necessaria per un'anomalia consistente nell'inclinazione dell'utero (utero retroverso), riuscì a concepire un bambino con Onassis, Omero, nato e morto pochi istanti dopo a causa di un'insufficienza respiratoria. Omero fu sepolto nel cimitero di Bruzzano, alla periferia nord di Milano. Durante il parto la Callas fu assistita da una suora e dalla fidata cameriera Bruna Lupoli (tuttora vivente a Feltre); Onassis non c'era, come non c'era il giorno della tumulazione, in quanto si trovava in crociera a Porto Rico sul Christina con Sir Winston Churchill. A testimonianza della gravidanza della Callas ci sono delle fotografie (una delle quali è documentata sul romanzo-adattamento della vita della Callas scritto da Alfonso Signorini "Troppo fiera, troppo fragile").
Il declino (1958-1965)
Le condizioni vocali, un tempo fenomenali, già a partire dal 1957, con Anna Bolena, mostrano alcuni segni di logoramento dovuti essenzialmente al superlavoro. L'estate dello stesso anno registrò alcuni primi parziali fallimenti: uno splendido programma di concerto al Teatro Erode Attico di d Atene, dove non si era più recata dal 1944, eseguito con tensione e freddezza; una serie discontinua di Sonnambule al Festival di Edinburgo, conclusa con una parziale defezione per voler partecipare a un ballo in maschera organizzato in suo onore a Venezia dalla giornalista americana Elsa Maxwell. Durante il mese di settembre, si negò all'Opera di San Francisco adducendo ragioni di salute, quando si diffuse inopinatamente la voce che stava registrando per la Ricordi l'opera Medea di Luigi Cherubini, che peraltro si rivelò parzialmente mancata sul piano vocale e interpretativo. L'anno successivo segnò l'inizio di una vera e propria fase critica di carriera: il 2 gennaio a Roma, ad una serata di gala alla presenza di alte autorità quali il presidente della repubblica Giovanni Gronchi, durante il primo atto di Norma, diretta da Gabriele Santini, la Callas accusò afonia su certe note centrali. Presa dal panico, irritata da voci che avrebbe sentito provenire dal loggione ("Torna a Milano, ce costi un mijone!"), e forse mal consigliata, fu irremovibile nel non proseguire la recita. Anche sobillata dall'ormai onnipresente Elsa Maxwell, ritenne di non abbassare il suo livello artistico con una recita scadente (la registrazione fa udire ancora oggi delle condizioni vocali non perfettamente avviate ma forse recuperabili nel corso della recita, come del resto molto spesso accadeva alla Callas), creando tuttavia uno scandalo senza precedenti.
I fatti di Roma la fecero entrare in conflitto con il sovrintendente della Scala di Milano, Antonio Ghiringhelli, che dopo le recite trionfali del Pirata le fece capire di essere in quel teatro "persona non grata". Nonostante un'interpretazione somma del personaggio di Imogene (sottolineata dalle parole unanimi di tutti i critici, compreso Eugenio Montale), la sovrintendenza fu irremovibile e la costrinse a raccogliere gli ultimi veri festeggiamenti fuori dal teatro, dove l'attendeva una folla impazzita di fedelissimi; a novembre, per prese di posizione giudicate inaccettabili da Rudolf Bing in merito a scelte delle opere da eseguire, fu obbligata alla rescissione del contratto col Metropolitan. Nel 1959, in rotta con la Scala e col Metropolitan, iniziò a diradare vistosamente gli impegni, presa da una stanchezza irrecuperabile almeno a livello vocale. Nell'agosto del 1960, con una linea vocale ancora cospicua ma intaccata da un forte vibrato e dal registro acuto indebolito e accorciato, cantò Norma ad Epidauro, in settembre incise nuovamente l'opera e il 7 dicembre inaugurò la stagione lirica della Scala nella parte non protagonistica di Paolina nel Poliuto di Gaetano Donizetti.
Nel 1964, dietro forti insistenze di Franco Zeffirelli, cantò in Tosca al Covent Garden di Londra e successivamente Norma a Parigi. Ebbe maggior successo nella pur affaticata parte di Tosca, meno impegnativa vocalmente, essendo coadiuvata dal grande collega e amico Tito Gobbi. Nel 1965 decise di ritornare sulle scene e cantò Tosca a New York: il ritorno fu trionfale. Maria sembrò aver ritrovato lo splendore degli anni precedenti e ciò la indusse a cantare cinque recite di Norma a Parigi, ma sia la voce che il fisico non ressero, tanto che il 29 maggio terminò la scena dell'atto II del tutto sfinita e l'ultima scena venne annullata.
I fatti di Roma la fecero entrare in conflitto con il sovrintendente della Scala di Milano, Antonio Ghiringhelli, che dopo le recite trionfali del Pirata le fece capire di essere in quel teatro "persona non grata". Nonostante un'interpretazione somma del personaggio di Imogene (sottolineata dalle parole unanimi di tutti i critici, compreso Eugenio Montale), la sovrintendenza fu irremovibile e la costrinse a raccogliere gli ultimi veri festeggiamenti fuori dal teatro, dove l'attendeva una folla impazzita di fedelissimi; a novembre, per prese di posizione giudicate inaccettabili da Rudolf Bing in merito a scelte delle opere da eseguire, fu obbligata alla rescissione del contratto col Metropolitan. Nel 1959, in rotta con la Scala e col Metropolitan, iniziò a diradare vistosamente gli impegni, presa da una stanchezza irrecuperabile almeno a livello vocale. Nell'agosto del 1960, con una linea vocale ancora cospicua ma intaccata da un forte vibrato e dal registro acuto indebolito e accorciato, cantò Norma ad Epidauro, in settembre incise nuovamente l'opera e il 7 dicembre inaugurò la stagione lirica della Scala nella parte non protagonistica di Paolina nel Poliuto di Gaetano Donizetti.
Nel 1964, dietro forti insistenze di Franco Zeffirelli, cantò in Tosca al Covent Garden di Londra e successivamente Norma a Parigi. Ebbe maggior successo nella pur affaticata parte di Tosca, meno impegnativa vocalmente, essendo coadiuvata dal grande collega e amico Tito Gobbi. Nel 1965 decise di ritornare sulle scene e cantò Tosca a New York: il ritorno fu trionfale. Maria sembrò aver ritrovato lo splendore degli anni precedenti e ciò la indusse a cantare cinque recite di Norma a Parigi, ma sia la voce che il fisico non ressero, tanto che il 29 maggio terminò la scena dell'atto II del tutto sfinita e l'ultima scena venne annullata.
Gli ultimi anni (1966-1977)
Impegnata con il Covent Garden di Londra per quattro rappresentazioni di Tosca, riuscì a tenere solo quella di gala, in presenza della regina Elisabetta; fu poi costretta a rinunciare a tutte le altre. Questa fu l'ultima volta che la Callas cantò in un'opera integrale. Dopo una breve pausa di serenità, anche sul piano della vita privata il momento si fece altrettanto critico: nel 1966 la Callas rinunciò alla nazionalità statunitense e a quella naturalizzata italiana per tornare alla nazionalità greca, nella speranza di chiudere la sua carriera in bellezza sigillandola con un nuovo matrimonio. Tuttavia l'armatore Aristotele Onassis non solo si rifiutò di regolarizzare la loro unione, ma nel 1968, forse a seguito di dissapori con la compagna, e per assecondare un disegno economico, decise di sposare la sorella di una vecchia amante, Jacqueline Kennedy, da poco vedova di John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti d'America assassinato a Dallas.A seguito di questa umiliazione, che provocò un'eco scandalistica enorme ma anche il rammarico sincero dei suoi amici più fedeli, il mondo della Callas crollò di schianto; si susseguirono periodi di depressione alternati a momenti di euforia. Senza darsi per vinta, scelse astutamente (nello stesso anno) una grande occasione di tornare alla ribalta, non più nell'opera ma nel cinema, come protagonista del film Medea di Pier Paolo Pasolini, anche con la speranza, poi rivelatasi giusta, di riavvicinare il vecchio amante (che subito dopo il matrimonio aveva già ripreso a farsi vivo). La proposta venne in realtà da Renzo Rossellini, produttore romano da tempo amico della cantante, che fece da garante contro ogni rischio di trivializzazione del ruolo (di Pasolini la Callas aveva visto Teorema, del quale era rimasta un po' scandalizzata). Il film, che riproponeva in chiave barbarica e vagamente autobiografica (sia per Pasolini che per la Callas) la vicenda della maga della Colchide che viene a contatto traumatico col mondo della civiltà, convinse invece la Callas che si poteva tentare una nuova trasposizione del mito, stavolta senza musica. Fu una scelta di cui però, qualche anno dopo, un po' si sarebbe pentita, stando alla testimonianza di Giulietta Simionato, confrontandola col lascito dell'interpretazione cherubiniana. Girato nei bellissimi scenari della Cappadocia intorno a Goreme (Turchia), Pisa, Aleppo e Grado, oltre che negli studi di Cinecittà, non ottenne lo stesso successo di pubblico di altre opere del regista, ma dette modo alla Callas di distrarsi e di arricchirsi culturalmente e umanamente, entrando in un mondo forse meno ingessato di quello dell'Opera, ma anche meno deprimente della high-society di Onassis, nel quale si potevano incontrare intellettuali d'alto rango, come Pasolini, insieme ad attori debuttanti, comparse, tecnici, produttori, segretarie: proprio tra queste ultime, la Callas strinse amicizia con la bulgara Nadia Stancioff, giovane e brillante figlia di diplomatici, anche organizzatrice del Festival di Spoleto, che ha lasciato in un libro di ricordi un diario preziosissimo (anche se a volte un po' enfatizzato) di quei mesi cinematografici della Callas. Altro tipo di diario è invece costituito da una serie di poesie che Pasolini scrisse in quel periodo, e che riflettono un'intesa artistica e un'amicizia profonda che poteva assumere toni amorosi, sia da parte della Callas, un po' ingenuamente presa dalla nuova speranza di trovare marito, sia da parte del poeta, colpito da una personalità grande e sincera ("mi affascina in lei questa violenza dei sentimenti", "è incapace di provare un sentimento piccolo, meschino", dirà di lei in un'intervista televisiva a Enzo Biagi). Molte di queste poesie andarono poi a far parte della raccolta Trasumanar e organizzar. La seconda significativa proposta dopo il ritiro dalle scene furono dei corsi di perfezionamento operistico da tenere a Filadelfia, nel febbraio 1971. L'iniziativa però rientrò a causa della insufficiente preparazione tecnica dei diciotto allievi. Più lungo e soddisfacente fu il ciclo di master-classes tenuto alla celebre Juillard School di New York dall'ottobre del 1971 al marzo del 1972, con ventisei allievi. Di queste master classes rimane la registrazione di ben 46 ore di lezioni (ridotte a una scelta significativa anche in un libro curato dall'amico John Ardoin), interessante per chi voglia capire la genesi di molte idee interpretative della cantante non solo sui propri ruoli ma anche su quelli di tutte le altre voci del grande repertorio. La Callas chiamava sul palco il giovane cantante, che esegiva l'intera aria una volta, dopodiché si passava alla ripetizione minuziosa di sezioni singole, di frasi, parole, cadenze. Esemplare a questo riguardo è il "Cortigiani, vil razza dannata" dal Rigoletto: la Callas canta da soprano le frasi del baritono, immedesimandosi completamente nel momento scenico-musicale voluto da Giuseppe Verdi), ma tutte le lezioni possono dirsi preziose per i consigli prodigati e gli esempi tangibili fatti ascoltare dalla cantante che, sebbene al confronto con allievi già ben istradati e freschi, fa emergere squarci di Opera monumentali.
Venerdì 16 settembre 1977, intorno alle 13.30, la Callas cessò di vivere. Nonostante sia stato varie volte ripetuto, la Callas non si è suicidata; le sue condizioni fisiche erano da tempo estremamente compromesse. Il referto medico indicò l'arresto cardiaco come causa del decesso. La grave disfunzione ghiandolare della giovinezza e il drastico dimagrimento vennero citati più frequentemente come cause della sua morte. Oltre a vari disturbi, negli ultimi anni si era aggiunta anche l'insonnia cronica; la Callas aveva cominciato ad assumere dosi sempre più massicce di Mandrax (metaqualone), che si procurava sottobanco (ad esso si riferiscono gli altrimenti misteriosi riferimenti alla "droga" che costellano le ultime pagine del suo diario).
Molto meno chiaro è tutto il contorno, e quali siano state le responsabilità dell'oscura pianista greca Vasso Devetzi (sorta di "dama di compagnia" stabilitasi in casa sua negli ultimissimi anni), della sorella, Yakinthy Callas, e della madre, Evangelia Dimitriadou. Esecutore testamentario risultò alla fine, grazie ad un testamento depositato subito dopo il matrimonio presso lo studio legale dell'industriale, Giovan Battista Meneghini, che, alla sua morte, lasciò a sua volta la cospicua eredità della Callas alla propria governante Emma Brutti.
Resta inoltre irrisolto il mistero sui gioielli della Divina, i famosi collier, gli orecchini con brillanti e rubini, a quanto pare scomparsi dopo la sua morte. Le uniche due persone che potrebbero far luce su questa vicenda, Ferruccio Mezzadri, per 20 anni fedelissimo autista, e Bruna Lupoli, la cameriera storica della Callas, non ne hanno mai parlato.
Molto meno chiaro è tutto il contorno, e quali siano state le responsabilità dell'oscura pianista greca Vasso Devetzi (sorta di "dama di compagnia" stabilitasi in casa sua negli ultimissimi anni), della sorella, Yakinthy Callas, e della madre, Evangelia Dimitriadou. Esecutore testamentario risultò alla fine, grazie ad un testamento depositato subito dopo il matrimonio presso lo studio legale dell'industriale, Giovan Battista Meneghini, che, alla sua morte, lasciò a sua volta la cospicua eredità della Callas alla propria governante Emma Brutti.
Resta inoltre irrisolto il mistero sui gioielli della Divina, i famosi collier, gli orecchini con brillanti e rubini, a quanto pare scomparsi dopo la sua morte. Le uniche due persone che potrebbero far luce su questa vicenda, Ferruccio Mezzadri, per 20 anni fedelissimo autista, e Bruna Lupoli, la cameriera storica della Callas, non ne hanno mai parlato.
La cremazione
Forti divisioni creò anche la decisione della cremazione (condivisa dalla Callas da viva; "Fai spargere le mie ceneri nel mare Egeo. Abbraccerò il mio Aristo attraverso il mare...", disse a Bruna), non consigliata dalla religione cristiana ortodossa alla quale la Callas si era serbata fedele negli anni. Da notare, nella biografia di Giovanni Battista Meneghini Maria Callas mia moglie, il mistero circa la firma semi illeggibile sulla liberatoria, "un certo Jean Roire, o Jean Rouen": si tratta semplicemente del compagno della Devetzi, Jean Roire, che s'incaricò di accompagnare la salma ai forni, secondo la prassi, insieme con gli operatori necrofori. Vivo è il sospetto che le ceneri della Callas siano andate perdute o peggio ancora trafugate durante la loro permanenza al cimitero Père Lachaise di Parigi, e che le ceneri sparse in mare dal ministro della Cultura greco durante una cerimonia nel 1979 non fossero effettivamente le sue.
Bel blog!
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