Figlio di un ricco
mercante, Heinrich Floris, e di una
scrittrice, Johanna Henriette Trosiener, nel
1805, alla morte del padre (avvenuta probabilmente per un suicidio), si stabilì a
Weimar con la madre. Qui conobbe
Christoph Martin Wieland e
Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Con buoni studi alle spalle, dopo la morte del padre nel 1805, decise di dedicarsi alla filosofia e frequentò i corsi tenuti da
Gottlob Ernst Schulze a Gottinga e quelli di
Johann Gottlieb Fichte a Berlino. Nei confronti di questi, ma anche di Schelling e di Hegel, Schopenhauer nutrì sempre disprezzo e avversione, definendo Hegel "Il gran ciarlatano".
Nel
1809 s'iscrisse alla facoltà di medicina a
Gottinga. Due anni dopo, nel
1811, si trasferì a
Berlino per frequentare i corsi di
filosofia. Ingegno molteplice, sempre interessato ai più diversi aspetti del sapere umano (frequentò corsi di
fisica,
matematica,
chimica,
magnetismo,
anatomia,
fisiologia, e tanti altri ancora), nel
1813 si laureò a
Jena con una tesi Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente e, nel
1819, pubblicò la sua opera più importante,
Il mondo come volontà e rappresentazione che ebbe tuttavia scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e che incominciò a ricevere qualche attenzione solo vent'anni dopo. Infatti anche le successive edizioni del trattato furono accolte assai sottotono, nonostante fossero giunti, da più parti, persino riconoscimenti ufficiali, primo fra tutti la vittoria di un concorso indetto dalla Società delle Scienze
norvegese, che egli conseguì nel
1839 con un trattato Sulla libertà del volere umano.
Dopo aver girato in lungo ed in largo l'
Europa, e dopo una breve parentesi da libero docente universitario a Berlino (
1820), dal
1833 decise di fermarsi a Francoforte sul Meno dove visse da solitario borghese, celibe, misogino. La vera affermazione del pensatore si ebbe solo a partire dal
1851, data della pubblicazione del volume
Parerga e paralipomena, inizialmente pensato come un completamento della trattazione più complessa del Mondo, ma che venne accolto come un'opera a sé stante, uno scritto forse più facile per stile e approccio e che, come rovescio della medaglia, ebbe quello di far conoscere al grande pubblico anche le opere precedenti del filosofo. Fondamentalmente in pieno accordo con i dettami della sua filosofia, manifestò un sempre più acuto disagio nei confronti dei contatti umani (ciò che gli procurò, in città, la fama di irriducibile
misantropo) e uno scarso interesse, almeno in via ufficiale, per le vicende
politiche dell'epoca quali furono, ad esempio, i moti rivoluzionari del
1848; i tardi riconoscimenti di critica e pubblico servirono, suppositivamente, ad attenuare i tratti più intransigenti del carattere del filosofo, ciò che gli procurò negli ultimi anni della sua esistenza una ristretta ma interessata e fedelissima cerchia di (come egli stesso amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore
Wagner. Morì di
pleurite acuta nel
1860.
Infanzia
Nasce a Danzica il
22 febbraio Arthur, figlio di
Heinrich Floris Schopenhauer (
1747-
1805), ricco commerciante appartenente a una delle famiglie più antiche e ben in vista della città, e da
Johanna Henriette Trosiener (
1766-
1839), donna vivace e salottiera dalle evidenti velleità letterarie. Il nome è scelto dal padre, uomo colto e illuminato che intrattiene conoscenze in tutta
Europa, in quanto la sua pronuncia rimane identica in francese come in inglese, ed è dunque un buon biglietto da visita per il futuro erede di un'impresa commerciale a carattere internazionale.
La "città libera"
Danzica entra a far parte dell'orbita dello
stato prussiano, sicché Heinrich Floris, spirito eminentemente liberale, decide di trasferirsi, famiglia a seguito, ad
Amburgo, ben accolto peraltro dalla borghesia cittadina. Gli Schopenhauer intessono relazioni amichevoli con personalità di spicco tra cui il
pittore Tischbein, il
poeta Klopstock e il filosofo
Reimarus.
È l'anno della nascita della sorella minore di Arthur, Louise Adelaide (Adele). Heinrich Floris esprime il desiderio di impartire al figlioletto una
cultura quanto più cosmopolita possibile: «Mio figlio deve leggere nel libro del mondo». Arthur segue dunque il padre in un viaggio in Francia e ivi rimane, nella città di
Le Havre, per ben due anni presso la casa d'un amico di famiglia, imparando così perfettamente la
lingua francese e acquisendo i primi rudimenti di quella
latina.
1799 Arthur fa ritorno ad
Amburgo e comincia la frequenza del prestigioso Istituto Runge, compiendo studi a carattere squisitamente commerciale.
Giovinezza
Il giovane Schopenhauer prosegue i suoi studi presso l'Istituto Runge, ma non è soddisfatto: vorrebbe iscriversi al ginnasio. Il padre lo convince a proseguire i suoi studi con un piccolo raggiro: potrà seguirlo in un lungo viaggio attraverso l'Europa se deciderà di proseguire la sua pratica commerciale. Arthur accetta e, per il momento, rinuncia ad intraprendere gli studi umanistici.
Gli Schopenhauer sono in viaggio per l'Europa; li ritroviamo dapprima in
Gran Bretagna, a
Wimbledon, dove il giovane Arthur rimane a pensione presso il Rev. Lancaster e ha così modo di approfondire la sua conoscenza della lingua e soprattutto della letteratura inglese: legge
Shakespeare,
Byron,
Burns,
Sterne,
Scott e altri ancora. In una lettera alla madre deplora la bigotteria inglese, un tema che spesso si riscontrerà nelle sue opere. Da
novembre il viaggio prosegue verso
Olanda e
Belgio, quindi
Parigi e, fino all'estate successiva, nelle altre regioni della
Francia. In
estate gli Schopenhauer sono a
Vienna, a
Dresda e infine a Berlino: da qui la signora Schopenhauer e Arthur si recano a Danzica. A fine anno i due fanno ritorno ad Amburgo.
Arthur inizia il tirocinio commerciale presso la ditta Jenisch. Il
20 aprile il padre ha un grave incidente: viene ventilata l'ipotesi d'un
suicidio, ufficialmente per questioni economiche, ma molto più probabilmente a causa dell'apatia e dell'insofferenza dimostrategli da parte della moglie, cosa che il filosofo, anche in futuro, non le perdonerà mai.
L'ormai vedova signora Schopenhauer si trasferisce a Weimar con la figlia Adele dove, grazie alle sue qualità di intrattenitrice e al suo fascino, riesce ad accattivarsi l'amicizia e la frequentazione del suo salotto da parte di personaggi di assoluta eccellenza, primo fra tutti
Goethe, ma anche i due fratelli
Schlegel e
Wieland. Arthur intanto è rimasto ad Amburgo a curare gli interessi dell'attività del defunto padre; non trascura però il suo sempre vivo interesse per la cultura umanistica: legge
Wackenroder e
Sulzer.
Il giovane filosofo è tormentato da un dilemma: è legato alla promessa fatta al padre, anni prima, di proseguire l'attività di commerciante, ma brama anche d'intraprendere gli studi classici; teme però sia ormai troppo tardi per dare alla sua vita una svolta così radicale. Nel dubbio atroce un soccorso gli viene dallo storico e studioso d'arte
Carl Ludwig Fernow, il quale lo esorta a compiere il gran passo; Arthur si reca dunque a
Gotha e diviene allievo dell'umanista
Fr. Jacobs e del latinista
Fr. W. Doering, sotto la cui guida si esercita nella composizione in lingua tedesca e latina; ben presto però è costretto a lasciare la città, a causa soprattutto delle sue caustiche satire che gli inimicano l'ambiente. A fine anno si trasferisce a Weimar, ma rinuncia a stabilirsi dalla madre e preferisce prendere alloggio dal grecista
Passow.
1808/
settembre 1809 Sono, questi, i mesi di più intenso studio, sempre sotto la guida di Passow per quanto riguarda la
lingua greca, mentre
Cr. Lenz lo segue nel
latino. Intanto
Fernow (di cui Johanna Schopenhauer ha nel frattempo scritto una
biografia) lo avvicina alla
cultura italiana e, in particolare, all'opera
petrarchesca (fra quelle dei poeti italiani, la preferita dal filosofo). Gli intensissimi studi non gli precludono però la vita sociale: Arthur si reca spesso a
teatro e ai concerti, e s'innamora di Karoline Jagemann, un'attrice cui dedica una piccola poesia sentimentale. Al compimento del ventunesimo anno riceve il suo terzo dell'eredità paterna, circa 19.000
talleri.
Si iscrive alla facoltà di medicina della prestigiosa
Università di
Gottinga: segue lezioni di fisiologia,
anatomia,
matematica; s'interessa di
fisica,
chimica e
botanica; segue anche
storia,
psicologia e
metafisica, ed è soprattutto la passione per quest'ultima che lo spinge ad abbandonare definitivamente gli studi medici e a dedicarsi completamente alla filosofia. Sotto la guida di
Schulze studia
Leibniz,
Wolff,
Hume,
Jacobi e, infine,
Platone e
Kant, che possono a tutti gli effetti essere considerati come suoi veri e propri maestri.
Trascorre le vacanze a
Weimar, dove incontra Wieland che gli pronostica un futuro di sicuro successo. In autunno è a Berlino per ascoltare le lezioni di
Fichte, fino ad allora venerato alla stregua d'un grande pensatore. Dallo studio dell'opera di Fichte emerge però un certo disappunto, che presto si tramuta in ostilità. Il filosofo prova allora a consolarsi con le scienze, una materia di studio che sarà sempre tra le sue preferite: si interessa di
elettromagnetismo, di
astronomia, fisiologia,
anatomia e
zoologia; segue con grande interesse persino i corsi di
archeologia e di
letteratura greca, nonché quelli di poesia nordica. Ha l'occasione di ascoltare le lezioni di
Schleiermacher, che però non apprezza e, anzi, contesta nei riguardi della teoria della coincidenza fra
religione e filosofia, sostenendo che un uomo religioso non ha bisogno di filosofia, mentre il vero filosofo non cerca sostegni (Schopenhauer paragonerà le religioni ad una sorta di "stampella" per spiriti inetti) ma procede libero da imposture dottrinali, affrontando ogni pericolo.
In seguito alla ripresa delle
guerre napoleoniche (
Napoleone sarà in seguito aspramente criticato dal filosofo), Schopenhauer abbandona Berlino e si reca nuovamente a Weimar, dove approfondisce lo studio di
Spinoza; si trasferisce poi a
Rudolstadt, dove lavora al suo trattato
Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, che spedisce poi all'
Università di Jena ottenendo con ciò la laurea in
filosofia in absentia. A fine anno ritorna a Weimar dove ha l'opportunità di rivedere l'ormai maturo
Goethe, sicuramente il personaggio a cui il filosofo sarà più legato nel corso della sua esistenza (le sue opere saranno sempre abbondantemente arricchite di citazioni e appunti presi dalle opere del grandissimo poeta). Assieme all'"eletto dagli Dei" Schopenhauer approfondisce la teoria dei colori in accesa critica antinewtoniana. Nel contempo s'avvicina alle culture d'oriente: legge con crescente entusiasmo, su suggerimento dell'orientalista
Fr. Majer, le
Upaniṣad indiane.
Nel maggio si trasferisce a
Dresda. È un periodo di intensissimo lavoro, interrotto per alcuni sporadici viaggi estivi. Frequenta la galleria d'arte e la biblioteca; legge moltissimo, specie i grandi classici latini (
Virgilio,
Orazio e
Seneca), i classici del
Rinascimento italiano (
Machiavelli), della
letteratura tedesca contemporanea (
Jean Paul) e, in generale, della filosofia d'ogni tempo (
Aristotele,
Bruno,
Bacone,
Hobbes,
Locke, Hume e, ovviamente, Platone e Kant). Il suo interesse per l'ottica lo spinge a pubblicare, nel
1816, un trattato Sulla vista e sui colori. Inizia la stesura della sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, che porta a termine all'inizio del 1818 e che fa pubblicare, per i tipi della casa editrice Brockhaus di Lipsia, nel dicembre dello stesso anno. Questa prima edizione sarà un totale fiasco economico, e buona parte di essa andrà al macero.
Nel settembre 1818 Schopenhauer lascia Dresda e, dopo un breve soggiorno a
Vienna, varca le
Alpi e raggiunge l'
Italia. A novembre è a Venezia, nello stesso periodo in cui in città si trova il grande poeta inglese
Byron, tra l'altro molto ammirato dal filosofo. Per una serie di ragioni non ben chiare [cfr. "La vispa Teresa" di A. Verrecchia (2006)], i due non si incontrano, nonostante Schopenhauer abbia una lettera di presentazione datagli da Goethe in persona. Ha una breve ma molto intensa relazione amorosa con una gentildonna veneziana, tale Teresa Fuga, che gli rimarrà nei pensieri fino a vecchiaia inoltrata. Visita poi
Bologna,
Firenze,
Roma e
Napoli: maneggia con una certa abilità la lingua italiana, e s'interessa sempre più ad altri autori del panorama poetico della penisola, tra cui ovviamente
Dante,
Boccaccio,
Ariosto e
Tasso, nonostante il preferito rimanga comunque Petrarca. Nel
giugno del 1819 gli vien recapitata una lettera della sorella che lo informa dell'avvenuto fallimento della banca Muhl di Danzica, cui le due familiari avevano affidato la totalità dell'eredità e Arthur 8.000 talleri: Schopenhauer rientra frettolosamente in Germania nella speranza di ottenere il capitale versato, rifiuta di giungere ad un accordo con i curatori fallimentari (cosa che gli permetterebbe di rientrare subito in possesso di almeno una parte della somma perduta) e, per due anni, orbita in una situazione piuttosto complessa dal punto di vista economico: nonostante propugni l'impossibilità dell'insegnamento filosofico (così come l'assoluta inutilità dell'apprendimento delle virtù, che egli giudica innate, ovvero fornite a priori solo ad alcuni eletti), pensa d'ottenere una cattedra di filosofia e di dedicarsi alla carriera universitaria: le opzioni sono
Heidelberg, Gottinga e Berlino. Decide infine di stabilirsi in quest'ultima.
Nella primavera del 1820 è libero docente all'Università di Berlino: con inverosimile cipiglio fissa gli orari delle sue lezioni in concomitanza con quelle dell'odiato
Hegel, il che gli procura, almeno in principio, un pubblico esiguo ma relativamente fedele; in seguito le sue orazioni verranno per lo più disertate. Incontra Caroline Richter, detta Medon, corista dell'
Opera di Berlino: la loro relazione, tra alti e bassi, si concluderà definitivamente nel
1826. Nell'agosto del 1821 è protagonista di un evento increscioso: disturbato e irritato dai continui rumori che la sua vicina di casa, Caroline Louise Marquet, continua a fare davanti alla soglia della sua abitazione, il filosofo la spintona facendola rovinare a terra e causandole leggere ferite. In prima istanza Schopenhauer viene assolto, ma è poi condannato in appello e costretto a versare alla donna un'indennità di cinquanta talleri al mese, fino alla morte della stessa.
Maturità
Il
26 maggio 1822 il filosofo riparte per l'Italia: in agosto, dopo qualche tempo di svago passato sulle
Alpi svizzere, è a Milano; prosegue poi per Venezia, per Firenze, dove rimane a lungo, e per Roma. Nell'estate del
1823 fa ritorno in Germania, passando per Monaco, dove trascorre qualche tempo, e per Dresda, in cui si stabilisce: le sue condizioni di salute non sono delle migliori, ma ciò non ostacola la sua sete di sapere: legge
La Rochefoucauld e
Chamfort, progetta di tradurre Hume e Bruno.
Vorrebbe lasciare definitivamente Berlino e trasferirsi, come docente, ad
Heidelberg; i contatti col decano dei filosofi di quell'università, di posizione spiccatamente hegeliana, sono scoraggianti. Si dedica dunque agli studi scientifici e alle traduzioni: completa la versione tedesca dell'Oràculo manual y arte de prudencia di Graciàn e lo propone all'editore Brockhaus, che lo rifiuta; l'opera apparirà postuma.
Nell'agosto del 1831 fugge da Berlino, colpita dal
colera, e si rifugia a
Francoforte sul Meno, dove resta fino al luglio dell'anno successivo. Trascorre quindi un anno a
Mannheim e, dal
giugno 1833, è nuovamente e definitivamente a Francoforte, città che non abbandonerà più fino alla morte. In questo periodo la sua titanica curiosità lo porta ad occuparsi di
filosofia cinese,
magnetismo e letteratura mistica.
Lavora al trattato Sulla volontà nella natura, opera che rappresenta una summa dei suoi precedenti studi di anatomia, fisiologia,
patologia,
astronomia,
linguistica, magnetismo animale e
sinologia. Secondo la formulazione del sottotitolo, l'opera vuol essere «un'esposizione delle conferme che la filosofia dell'Autore ha ricevuto da parte delle scienze empiriche, dal tempo in cui è comparsa».
Nel 1837 esprime la sua personale opinione circa la costruzione e la dedica a Goethe di una statua da parte della città di Francoforte; secondo il filosofo dovrebbe trattarsi di un busto, come si confà «ai poeti, ai filosofi e agli scienziati, che hanno servito l'umanità solo con la testa», e recare sullo zoccolo non il nome, bensì la scritta «Al poeta dei tedeschi - La sua città natale». I suoi suggerimenti non vengono accolti. Maggiore successo riscuote il suo parere sull'edizione delle Opere complete di Kant, a cura di
Karl Rosenkranz e
Wilhelm Schubert. Convinto che la prima edizione della Critica della ragion pura, ormai introvabile, sia di gran lunga superiore a tutte le successive, scrive alcune lettere a Rosenkranz per indurlo a ripubblicare lo scritto, cosa che avviene nel 1838. Medita di partecipare a due concorsi, banditi l'uno nel 1837 dalla Reale Società delle Scienze di
Norvegia e l'altro l'anno successivo dalla Reale Società delle Scienze di
Danimarca per saggi rispettivamente sui temi della libertà del volere e del fondamento della morale.
Nel 1839 viene premiato dalla Società norvegese per il suo saggio Sulla libertà del volere umano: è il primo riconoscimento ufficiale.
17 aprile: muore a
Jena la madre Johanna. L'anno successivo invia alla Società danese la sua opera sul Fondamento della morale, ma questa volta non gli viene assegnato alcun premio. Nel 1841 i due trattati vengono pubblicati assieme sotto il titolo I due problemi fondamentali dell'etica, ma l'accoglienza della critica è come sempre poco favorevole. Continua la sua attività di studio, da tempo ormai concentrata sulle civiltà orientali.
Friedrich Dorguth pubblica la sua opera La falsa radice dell'ideal-realismo, dove parla con ammirazione del filosofo di Danzica: è il primo di una lunga serie di scritti con i quali l'autore cercherà di rompere la cortina di silenzio innalzata attorno a Schopenhauer dalla "congrega dei cialtroni", come il filosofo spesso avrà modo di definire la triade Fichte,
Schelling ed Hegel.
Brockhaus pubblica una seconda edizione del Mondo, con l'aggiunta dei cinquanta capitoli di Supplementi ai quali Schopenhauer lavora già da una decina d'anni: l'opera, tuttavia non riscuote successo
Durante i moti rivoluzionari di
settembre il filosofo è profondamente turbato dall'idea che la massa possa prendere il potere, tanto che prevede di dover abbandonare Francoforte.
Muore la sorella Louise Adelaide. Schopenhauer incontra il futuro discepolo
Adam Ludwig von Doß.
Ultimi anni
Prima edizione, un giorno in cui pioveva di novembre dei
Parerga e paralipomena, opera alla quale lavora già dal
1845. Finalmente arriva il successo, e con immensa soddisfazione del filosofo i complimenti più calorosi gli giungono proprio dall'amata
Inghilterra.
Esce a Francoforte la seconda edizione de La volontà nella natura. Si fa più stretta l'amicizia con l'avvocato e romanziere
Wilhelm Gwinner, primo biografo del filosofo. Wagner gli fa avere il
libretto della sua opera L'anello del Nibelungo: Schopenhauer, che tra i musicisti predilige
Rossini,
Mozart e
Bellini, apprezza di Wagner più i versi che la musica.
Schopenhauer ha adesso settant'anni. Alla morte dell'avvocato Martin Emder, uno degli amici più cari e suo esecutore testamentario, con il quale aveva tenuto una fitta corrispondenza fino a pochi mesi prima, l'incarico passa a Gwinner, che da ora fino alla fine sarà la persona più vicina al filosofo. La schiera dei discepoli comincia ad infoltirsi: vi entrano a far parte il giornalista
Otto Lindner, lo scrittore
David Asher e il pittore
Johann Karl Bähr. La sua vita è da tempo piuttosto ritirata: lunghe passeggiate solitarie o in compagnia del suo fedele cane Atma (= anima del mondo, in
hindi) (Schopenhauer, nella sua Eudemonologia, raccomanda almeno due ore di moto continuo e vivace al giorno, per meglio ossigenare tessuti e muscoli), pasti all'"Englischer Hof", molto lavoro e tante letture: legge con regolarità il
Times, il Frankfurter Postzeitung, riviste scientifiche e letterarie tedesche, inglesi e francesi. In questo periodo scopre
Giacomo Leopardi, immergendosi «con molto diletto» nella lettura delle
Operette morali e dei
Pensieri. La seconda edizione del Mondo si esaurisce.
Terza edizione del Mondo. La giovane e bella scultrice
Elisabeth Ney modella un busto di Schopenhauer.
Dal mese di aprile si manifestano problemi di salute: difficoltà respiratorie e
tachicardia. Il
9 settembre il filosofo si ammala di
polmonite: frequenti sbocchi di
sangue. Con Gwinner, Schopenhauer si intrattiene parlando di
politica e della questione dell'
unità d'Italia. Il
21 settembre il grande filosofo muore. Viene seppellito cinque giorni dopo nel cimitero di Francoforte, alla presenza di pochi fedelissimi. Sulla pietra sepolcrale nessuna epigrafe, solo il suo nome: Arthur Schopenhauer.
Critiche alla filosofia di Schopenhauer
Il filosofo danese
Søren Kierkegaard (1813 - 1855), anche se, come ammette nel suo Diario (1834-1855): "Come ho detto A.S. mi ha interessato molto. E pertanto naturalmente anche la sua "sorte in Germania", muove due principali critiche alla sua filosofia:"Contro la sua etica ho specialmente due obiezioni da fare. In primo luogo la sua concezione si riassume così : o attraverso l'intelletto, quindi intellettualmente, o attraverso le sofferenze, l'individuo arriva a scandagliare tutta la miseria di questa esistenza, e risolve allora di uccidere ovvero di mortificare il desiderio di vivere. Di qui l'ascesi; e così si arriva ad una contemplazione, ad un quietismo a traverso la perfetta ascesi. E questo l'individuo lo fa per 'simpatia' ( qui sta il principio morale di A.S.): per simpatia, perche' egli simpatizza con tutta quella afflizione ch'e' l'esistenza, quindi simpatizza con l'afflizione di tutti gli altri, la quale consiste nell'esistere". Secondo Kierkegaard, Schophenauer con questa concezione della ascesi e della mortificazione con cui 'simpatizza', nasconde la 'furfanteria' di chi 'non vuole arrischiare per conto suo la cosa estrema'. La seconda feroce accusa ha a che fare con la 'onesta' ipocrisia del filosofo tedesco:" In secondo luogo (e questa è un'obbiezione capitale) quando si è letta da capo a fondo l'Etica di A.S., si arriva a sapere (onesto fin qui egli naturalmente lo è) che per suo conto egli non è un simile asceta. Dunque lui stesso non è la contemplazione raggiunta per via dell'ascesi, ma una contemplazione che si rapporta contemplando quell'ascesi.......Ma anche a questo modo la cosa non va, perché è sempre uno sbaglio esporre un'etica che non esercita sul maestro tale potere così che egli stesso l'esprima nella sua vita. A.S. però fa dell'Etica una specie di genialità: ma è proprio questa la considerazione amorale della morale." (Diario di Søren Kierkegaard, a cura di Cornelio Fabro, Rizzoli, Milano 1975, pagine da 227 a 233)
Le opere
Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (titolo originale: Über die vierfache Wurzel des Satzes vom zureichenden Grunde), 1813.
Sulla vista e i colori (titolo originale: Über das Sehen und die Farben), 1816.
Il mondo come volontà e rappresentazione (titolo originale: Die Welt als Wille und Vorstellung), 1818/1819, secondo volume, 1844.
Sul volere nella natura (titolo originale: Über den Willen in der Natur), 1836.
Sulla libertà del volere umano (titolo originale: Über die Freiheit des menschlichen Willens), 1839.
Sul fondamento della morale (titolo originale: Über die Grundlage der Moral), 1840.
Parerga e paralipomena (titolo originale: Parerga und Paralipomena), 1851.
Metafisica dei costumi. Lezioni filosofiche
Sulla lingua e sulle parole
Saggezza della vita
Aforismi scelti
Sulla felicità e sul dolore
Memoria sulle scienze occulte
Sulla religione
Sulla lettura e sui libri
La filosofia delle università
Sul mestiere dello scrittore e sullo stile
Consigli sulla felicità
Metafisica dell'amore sessuale. L'amore inganno della natura
Di pubblicazione postuma
L'arte di ottenere ragione.
L'arte di invecchiare, Adelphi (P.B.542), Milano 2006
L'arte di trattare le donne, Adelphi (P.B.457), Milano 2000
L'arte di insultare.
L'arte di conoscere se stessi, Adelphi (P.B.495), Milano 2003
L'arte di essere felici, Adelphi (P.B.390), Milano 1997
L'arte di farsi rispettare, Adelphi (P.B.410), Milano 1998
Il giudizio degli altri.
Il mio Oriente.
L'arte della musica, in appendice scritti inediti di Richard Wagner; traduzione, saggio introduttivo e cura di Francesca Crocetti, Firenze, Clinamen 2003.
« La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado, e la sua universalità sta all'universalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose. »