Il federale è un film del 1961 diretto da Luciano Salce.
Siamo agli inizi di giugno 1944, tedeschi e anglo-americani combattono la guerra sul territorio italiano. I capi del fascio di Cremona assegnano al graduato della milizia Primo Arcovazzi una missione: prelevare il professor Erminio Bonafé, noto filosofo antifascista, e condurlo a Roma. Ligio al dovere e aspirante al grado di Federale, Arcovazzi si mette subito all'opera e con una motocarrozzetta preleva il professore nella sua abitazione in uno sperduto villaggio degli Abruzzi, mettendosi in marcia per la capitale. La missione in apparenza è semplice, ma la strada per Roma è lunga.
Giunti neanche a metà del percorso accade un incidente: per evitare una ragazzina che si trova in mezzo alla strada, Arcovazzi sbanda a lato della carreggiata danneggiando il mezzo. La giovane, che si chiama Lisa, dice di cercare aiuto, invece si dedica a piccoli furti: nasconde gli occhiali del professore e poi glieli rivende a 150 lire, poi se ne va.
Rimasti a piedi, il camerata scorge un camion di tedeschi e li ferma. I soldati scendono ma, invece di aiutarlo gli sequestrano il sidecar ed arrestano il professore. Primo, pur di non pregiudicare la sua missione, afferma davanti al caporale tedesco di pensarla allo stesso modo del professore, ottenendo così di venire arrestato insieme a Bonafè. Finiscono nella stessa cella, e riescono ad evadere fabbricando una rudimentale bomba con zolfo e salnitro.
Durante la notte gli anglo-americani attaccano e bombardano la zona. Nella confusione, i due riescono a tramortire un soldato tedesco e a rubare la sua divisa che viene indossata da Bonafè. Dopodiché il filosofo riesce a scappare da Arcovazzi che rimasto senza il prigioniero viene condotto verso un campo di aviazione come "volontario" per ricoprire i buchi di un bombadamento sul campo di volo. Il campo e successivamente preso di mira dai bombardieri Alleati, e sfruttando il caos venitosi a creare Arcovazzi riesce a scappare a bordo di una schwimmwagen tedesca. Entrambi attirati in una fattoria dal canto di un gallo, nel tentativo di rubare l'animale per placare la fame si rincontrano per caso nel fienile dove ritrovano anche Elisa. Non le chiedono i soldi indietro, a patto che la piccola ladra li aiuti a tirare il collo ad una gallina che hanno appena rubato. La ragazza accetta. Ma la mattina dopo Arcovazzi scopre di essere rimasto in mutande, e che la ragazza è scomparsa. Proseguendo il viaggio con lo schwimmwagen, si ritrovano davanti a un fiume. Contando sulla proverbiale efficienza dei mezzi tedeschi, il camerata cerca di guadarlo, ma il mezzo affonda. I due, trattisi in salvo, attraversano poi il fiume a cavalcioni di un serbatoio d'aereo vuoto (probabilmente sganciato da un bombardiere di passaggio), che hanno ritrovato vicino alla riva.
Giunti in un paesino semi-distrutto i due, con Primo ancora in mutande, si dirigono alla casa del fascio per farsi dare un mezzo di trasporto. Appena entrati, trovano due giovani avanguardisti che gli puntano contro i fucili. Applicando il regolamento, pongono ad Arcovazzi delle domande precise sulla storia del fascismo per smascherare l'intruso. Arcovazzi risponde esattamente e senza indugio finché, proprio all'ultima domanda (Quando è stata varata la Carta del Lavoro?), il camerata rimane in silenzio: solo grazie al suggerimento provvidenziale del professor Bonafé passa la prova. Requisiscono un tandem, una pistola e i pantaloni di uno dei ragazzi e si rimettono in marcia.Dopo pochi km incontrano un passaggio a livello. Sfortunatamente, il mezzo rimane intrappolato nella sbarra.
Costretti nuovamente a proseguire a piedi, il camerata decide di fare tappa nel paese di Rocca Sabina, dove dimora il poeta Arcangelo Bardacci, suo ex maestro e di cui conosce a memoria tutti i componimenti. Giunti nei pressi del paese incontrano un soldato. Credendo che sia del posto gli chiedono informazioni, ma il militare è completamente allo sbando e, chiedendo di essere abbandonato al suo destino, si allontana.
A sera inoltrata, giunti in paese, il camerata si precipita nella casa del maestro, che però nel frattempo, gli dicono, è morto precipitando con un aereo in Albania. I familiari comunque gli offrono ospitalità per la notte. La mattina dopo Arcovazzi si accorge che il prigionero è scappato. Il camerata apprende anche che Bardacci è ancora in vita, vive nascosto ed è passato dalla parte dei partigiani. Ma non si perde d'animo: si fa dire dov'è nascosto Bonafé e, recuperatolo, prosegue per Roma. L'unico mezzo che riesce a intercettare è una corriera che va a gassogeno.
Dopo una delle numerose soste, il prigioniero scappa. L'inseguimento è lungo e i due perdono contatto con l'autobus. Ritornati sulla strada per Roma, incontrano di nuovo la giovane ladra. Arcovazzi vuole farsi dare indietro i suoi vestiti, Lisa gli offre di più: una divisa completa da federale. Il camerata accetta l'offerta, si veste e si rimette in marcia con il prigioniero. Arcovazzi pensa di aver fatto un grande affare, ma non sa ancora che quei vestiti non valgono più niente.
Una volti giunti nella capitale (all'indomani del 4 giugno 1944), Arcovazzi sente da lontano un gruppo di persone cantare in lingua straniera. Sbotta: "Devo ricominciare a ripassare il tedesco, non ci capisco nulla!" . Ma Bonafé lo corregge: quelle persone parlano in inglese. Il camerata va a vedere e si trova davanti a dei soldati in una divisa sconosciuta seduti e stravaccati. Uno di loro gli si avvicina e gli domanda: "Fascista?"; ottenuta risposta, gli scatta subito una foto. Il gruppo esplode in una sonora risata. Sono soldati americani, che hanno appena liberato la città dai fascisti.
Contrariato, va via. Ma la sua divisa dà troppo nell'occhio e, fatti pochi passi, viene notato da un gruppo di persone, che gli saltano addosso e cominciano a linciarlo. Bonafé chiede aiuto ad una pattuglia di partigiani, tra i quali riconosce Taddei, un capo partigiano, che interviene e disperde il gruppo.
Quando anche Taddei vede la divisa di Arcovazzi, dà subito l'ordine di formare il plotone d'esecuzione: per i gerarchi fascisti c'è la pena di morte. Ma il professore chiede che il prigioniero venga consegnato a lui. Si fa dare una pistola e lo porta via. Ma una volta fuori dalla vista del gruppo, butta la pistola nel Tevere, lo aiuta a togliersi la divisa fascista e gli dà la libertà, permettendogli di fuggire travestito in borghese.
Siamo agli inizi di giugno 1944, tedeschi e anglo-americani combattono la guerra sul territorio italiano. I capi del fascio di Cremona assegnano al graduato della milizia Primo Arcovazzi una missione: prelevare il professor Erminio Bonafé, noto filosofo antifascista, e condurlo a Roma. Ligio al dovere e aspirante al grado di Federale, Arcovazzi si mette subito all'opera e con una motocarrozzetta preleva il professore nella sua abitazione in uno sperduto villaggio degli Abruzzi, mettendosi in marcia per la capitale. La missione in apparenza è semplice, ma la strada per Roma è lunga.
Giunti neanche a metà del percorso accade un incidente: per evitare una ragazzina che si trova in mezzo alla strada, Arcovazzi sbanda a lato della carreggiata danneggiando il mezzo. La giovane, che si chiama Lisa, dice di cercare aiuto, invece si dedica a piccoli furti: nasconde gli occhiali del professore e poi glieli rivende a 150 lire, poi se ne va.
Rimasti a piedi, il camerata scorge un camion di tedeschi e li ferma. I soldati scendono ma, invece di aiutarlo gli sequestrano il sidecar ed arrestano il professore. Primo, pur di non pregiudicare la sua missione, afferma davanti al caporale tedesco di pensarla allo stesso modo del professore, ottenendo così di venire arrestato insieme a Bonafè. Finiscono nella stessa cella, e riescono ad evadere fabbricando una rudimentale bomba con zolfo e salnitro.
Durante la notte gli anglo-americani attaccano e bombardano la zona. Nella confusione, i due riescono a tramortire un soldato tedesco e a rubare la sua divisa che viene indossata da Bonafè. Dopodiché il filosofo riesce a scappare da Arcovazzi che rimasto senza il prigioniero viene condotto verso un campo di aviazione come "volontario" per ricoprire i buchi di un bombadamento sul campo di volo. Il campo e successivamente preso di mira dai bombardieri Alleati, e sfruttando il caos venitosi a creare Arcovazzi riesce a scappare a bordo di una schwimmwagen tedesca. Entrambi attirati in una fattoria dal canto di un gallo, nel tentativo di rubare l'animale per placare la fame si rincontrano per caso nel fienile dove ritrovano anche Elisa. Non le chiedono i soldi indietro, a patto che la piccola ladra li aiuti a tirare il collo ad una gallina che hanno appena rubato. La ragazza accetta. Ma la mattina dopo Arcovazzi scopre di essere rimasto in mutande, e che la ragazza è scomparsa. Proseguendo il viaggio con lo schwimmwagen, si ritrovano davanti a un fiume. Contando sulla proverbiale efficienza dei mezzi tedeschi, il camerata cerca di guadarlo, ma il mezzo affonda. I due, trattisi in salvo, attraversano poi il fiume a cavalcioni di un serbatoio d'aereo vuoto (probabilmente sganciato da un bombardiere di passaggio), che hanno ritrovato vicino alla riva.
Giunti in un paesino semi-distrutto i due, con Primo ancora in mutande, si dirigono alla casa del fascio per farsi dare un mezzo di trasporto. Appena entrati, trovano due giovani avanguardisti che gli puntano contro i fucili. Applicando il regolamento, pongono ad Arcovazzi delle domande precise sulla storia del fascismo per smascherare l'intruso. Arcovazzi risponde esattamente e senza indugio finché, proprio all'ultima domanda (Quando è stata varata la Carta del Lavoro?), il camerata rimane in silenzio: solo grazie al suggerimento provvidenziale del professor Bonafé passa la prova. Requisiscono un tandem, una pistola e i pantaloni di uno dei ragazzi e si rimettono in marcia.Dopo pochi km incontrano un passaggio a livello. Sfortunatamente, il mezzo rimane intrappolato nella sbarra.
Costretti nuovamente a proseguire a piedi, il camerata decide di fare tappa nel paese di Rocca Sabina, dove dimora il poeta Arcangelo Bardacci, suo ex maestro e di cui conosce a memoria tutti i componimenti. Giunti nei pressi del paese incontrano un soldato. Credendo che sia del posto gli chiedono informazioni, ma il militare è completamente allo sbando e, chiedendo di essere abbandonato al suo destino, si allontana.
A sera inoltrata, giunti in paese, il camerata si precipita nella casa del maestro, che però nel frattempo, gli dicono, è morto precipitando con un aereo in Albania. I familiari comunque gli offrono ospitalità per la notte. La mattina dopo Arcovazzi si accorge che il prigionero è scappato. Il camerata apprende anche che Bardacci è ancora in vita, vive nascosto ed è passato dalla parte dei partigiani. Ma non si perde d'animo: si fa dire dov'è nascosto Bonafé e, recuperatolo, prosegue per Roma. L'unico mezzo che riesce a intercettare è una corriera che va a gassogeno.
Dopo una delle numerose soste, il prigioniero scappa. L'inseguimento è lungo e i due perdono contatto con l'autobus. Ritornati sulla strada per Roma, incontrano di nuovo la giovane ladra. Arcovazzi vuole farsi dare indietro i suoi vestiti, Lisa gli offre di più: una divisa completa da federale. Il camerata accetta l'offerta, si veste e si rimette in marcia con il prigioniero. Arcovazzi pensa di aver fatto un grande affare, ma non sa ancora che quei vestiti non valgono più niente.
Una volti giunti nella capitale (all'indomani del 4 giugno 1944), Arcovazzi sente da lontano un gruppo di persone cantare in lingua straniera. Sbotta: "Devo ricominciare a ripassare il tedesco, non ci capisco nulla!" . Ma Bonafé lo corregge: quelle persone parlano in inglese. Il camerata va a vedere e si trova davanti a dei soldati in una divisa sconosciuta seduti e stravaccati. Uno di loro gli si avvicina e gli domanda: "Fascista?"; ottenuta risposta, gli scatta subito una foto. Il gruppo esplode in una sonora risata. Sono soldati americani, che hanno appena liberato la città dai fascisti.
Contrariato, va via. Ma la sua divisa dà troppo nell'occhio e, fatti pochi passi, viene notato da un gruppo di persone, che gli saltano addosso e cominciano a linciarlo. Bonafé chiede aiuto ad una pattuglia di partigiani, tra i quali riconosce Taddei, un capo partigiano, che interviene e disperde il gruppo.
Quando anche Taddei vede la divisa di Arcovazzi, dà subito l'ordine di formare il plotone d'esecuzione: per i gerarchi fascisti c'è la pena di morte. Ma il professore chiede che il prigioniero venga consegnato a lui. Si fa dare una pistola e lo porta via. Ma una volta fuori dalla vista del gruppo, butta la pistola nel Tevere, lo aiuta a togliersi la divisa fascista e gli dà la libertà, permettendogli di fuggire travestito in borghese.
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