16.11.11

Majakovskij




« Non rinchiuderti, partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada »

Vladimir Vladimirovič Majakovskij (in russo: Владимир Владимирович Маяковский) fu un poeta e drammaturgo sovietico, cantore della rivoluzione d'Ottobre e di una nuova cultura politica sovietica.
Nato a Bagdadi (poi Majakovskij) in Georgia nel 1893, figlio di un guardaboschi, orfano a soli sette anni, ebbe un'infanzia difficile e ribelle. A tredici anni si trasferì a Mosca con la madre e le sorelle. Studiò al ginnasio fino al 1908, quando si dedicò all'attività rivoluzionaria. Aderì al partito rivoluzionario clandestino e venne per tre volte arrestato e poi rilasciato dalla polizia zarista. L'artista racconta del terzo arresto nel saggio autobiografico Ja sam (io da solo). In carcere cominciò anche a scrivere poesie, ma il quaderno andò perduto.
Nel 1911 si iscrisse all'Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca dove incontrò David Burljuk, che, entusiasmatosi per i suoi versi, gli propose 50 copechi al giorno per scrivere. Majakovskij aderì al cubofuturismo russo, firmando nel 1914 insieme ad altri artisti (Burljuk, Kamenskij, Kruchonych, Chlebnikov) il manifesto «Schiaffo al gusto del pubblico».
Nel maggio del 1913 fu pubblicata la sua prima raccolta di poesie Ja! (Io!) in trecento copie litografate. Tra il 2 e il 4 dicembre l'omonima opera teatrale fu rappresentata in un piccolo teatro di Pietroburgo.
Nel 1914 nel dramma Majakovskij lanciò la famosa quanto equivoca equazione "futurismo=rivoluzione". Nel 1915 pubblicò Oblako v stanach (La nuvola in calzoni), mentre l'anno successivo Flejta-pozvonočnik (Flauto di vertebre).
Iscritto sin da ragazzo al Partito Comunista, ben presto mise la sua arte, così ricca di pathos, al servizio della rivoluzione bolscevica, sostenendo la necessità d'una propaganda che attraverso la poesia divenisse espressione immediata della rivoluzione in atto, in quanto capovolgimento dei valori sentimentali ed ideologici del passato.
Fin dagli esordi della nuova avanguardia futurista, si batté contro il cosiddetto "vecchiume", ovvero l'arte e la letteratura del passato, proponendo al contrario testi letterari concepiti con un forte senso finalistico (la poesia non aveva senso per lui senza una finalità precisa ed un pubblico definito), e con rivoluzionarie scelte stilistiche esposte nel suo scritto "Come Far Versi" del 1926. Insieme ad altri fondò il giornale Iskusstvo Kommuny, organizzò discussioni e letture di versi nelle fabbriche e nelle officine, al punto che alcuni quartieri operai formarono addirittura gruppi "comunisti-futuristi". I suoi tentativi, però, trovarono opposizioni e censure da parte prima del regime zarista e poi della dittatura staliniana. In un primo periodo egli lavorò alla ROSTA, agenzia pubblica delle comunicazioni, e quindi fondò il Lef (Levyi Front Iskusstva, "fronte di sinistra delle arti") nel 1922. In un testo Majakovskij definì i termini di questa organizzazione, affermando: "Il Lef deve unificare il fronte per minare il vecchiume, per andare alla conquista di una nuova cultura. (…) Il Lef agiterà con la nostra arte le masse, attingendo da loro la loro forza organizzativa. Il Lef combatterà per un'arte che sia costruzione della vita".
Nel maggio del 1925 parte alla volta dell'America, che raggiungerà nel luglio dello stesso anno per trattenersi circa tre mesi. Annotando versi e impressioni su un taccuino di volta in volta, tornato in URSS pubblicò 22 poesie del cosiddetto Ciclo Americano su alcune riviste e giornali nel periodo compreso tra il dicembre del 1925 e il gennaio 1926, mentre la prosa venne pubblicata sempre nel 1926 con il nome di "La Mia Scoperta Dell'America". Da questi scritti l'atteggiamento di Majakovskij nei confronti degli Stati Uniti appare contraddittorio, passa infatti a momenti di entusiasmo e attrazione ad altri di rabbia, caratterizzata dal rifiuto della schiavitù della tecnica e dei problemi ad essa legati.
Un poema ed un dramma segnarono l'inserimento di Majakovskij nella rivoluzione, e della rivoluzione nella sua poesia: il poema 150.000.000 ed il dramma Mistero-Buffonata, con cui descrisse quanto di grande e di comico ci fosse nella rivoluzione ed in cui "i versi sono le parole d'ordine, i comizi, le grida della folla... l'azione è il movimento della folla, l'urto delle classi, la lotta delle idee...".
In questa luce vanno considerate tutte le opere di Majakovskij, dai poemi di propaganda proletaria come Bene! e Lenin, alle commedie come la La cimice e Il bagno, espressioni critiche del mondo piccolo-borghese.
Di grande importanza è anche tutto il complesso lirico in cui si riflessero i problemi della realtà quotidiana, realtà che Majakovskij visse lavorando alla Rosta, l'agenzia telegrafica russa.
L'ultima opera di Majakovskij, uno dei punti più alti della sua poesia, è il prologo di un poema incompiuto, A piena voce, del 1930, che potrebbe quasi dirsi il suo testamento spirituale. Sovente Majakovskij è stato considerato per antonomasia il poeta della Rivoluzione: tra le tantissime voci poetiche che la Russia seppe regalare alla cultura mondiale nei primi decenni del Novecento, quella di Majakovskij è stata spesso vista come la più allineata, la più rispondente ai dettami del regime sovietico. Eppure Majakovskij decise di interrompere violentemente la sua esistenza, con un colpo di pistola al cuore, il 14 aprile del 1930. Per amore, si disse, a causa della passione non ricambiata per la giovane attrice Lilja Brik. La sua morte, avvenuta per supposto suicidio, è ancora un capitolo ambiguo della storia sovietica. È difficile credere che il tono dimesso di queste parole, le ultime che Majakovskij vergò nel 1930 prima del suicidio, a soli trentasette anni, appartenga alla stessa persona che aveva spavaldamente dichiarato: "Vogliamo che la parola esploda nel discorso come una mina e urli come il dolore di una ferita e sghignazzi come un urrà di vittoria". Con la sua morte si chiude l'utopia civile di "una generazione che ha dissipato i suoi poeti". Nella sua lettera di commiato scrive: «A tutti. Se muoio, non incolpate nessuno. E, per favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva sopportare. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronika Vitol'dovna Polonskaja. Se farai in modo che abbiano un'esistenza decorosa, ti ringrazio.[...] Come si dice, l'incidente è chiuso. La barca dell'amore si è spezzata contro il quotidiano. La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici».

Opere

Ja sam
Ja! - poesie
Ja! - opera teatrale
La nuvola in calzoni (1915)
Flauto di vertebre (1916)
Mistero-Buffonata (1918) - dramma
"Come Far Versi" (1926)
150.000.000 - poema
Bene! - poema
Lenin - poema
La cimice (1929) - commedia
Il bagno (1930) - commedia
A piena voce (1930) - prologo di un poema incompiuto

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