1.5.11

Cinecittà, viaggio nella fabbrica dei sogni






Benigni benedice l'apertura al pubblico di Cinecittà: "Un ministero di ricordi"

di FULVIA CAPRARA
Roma

Dalle parole alle immagini, lungo quel percorso magico e misterioso che trasforma un’idea in un fotogramma, una storia in un film. Da oggi le porte degli studi di Cinecittà, numero 1055 di via Tuscolana, zona sud della capitale, sono aperte alla curiosità del pubblico. E quel segreto, che perfino Federico Fellini non riuscì mai a svelare del tutto, è alla portata di tutti: «A volte mi sembra di non conoscerla affatto, Cinecittà. Per me, si riduce a pochi elementi scenografici, a pochi luoghi. Il primo è il cancello d’ingresso che in parte conserva una suggestione, la sensazione d’oltrepassare una soglia fatata e particolare...». Oltre quel confine tutto diventa possibile e, siccome ogni film comincia da un copione, la prima cosa da rileggere sono le battute celebri, pronunciate dai protagonisti di Ludwig, di C’era una volta in America, della Tigre e la neve, della Finestra di fronte. I costumi sono il trampolino per lanciarsi a capofitto in un’epoca, e così ecco la fibbia del piviale del Nome della rosa, le babbucce cinesi dell’Ultimo imperatore, il pesante collare di Medea, la borsa gioiello della Contessa di Castiglione, la tunica di Caifa nella Passione. I corpi delle dive rifulgono nelle preziose creazioni della sartoria, punto dopo punto, strass dopo strass, merletto dopo merletto, riappaiono Silvana Mangano nel completo bianco di Morte a Venezia, Anna Magnani nel costume Arlecchino della Carrozza d’oro, Sofia Loren vestita da Madonna in Questi fantasmi, Monica Vitti nel trionfo di lustrini di Polvere di stelle.Sul set, tra le scenografie curate fin nel minimo dettaglio, finalmente si gira, da una parte gli attori che cercano di infondere verità alle battute, dall’altra la macchina da presa, le luci, i carrelli, le suggestione create dai rumoristi, la pioggia, gli zoccoli di un cavallo al galoppo, il cigolare sinistro di una porta. Il documentario di Marco Danieli intitolato Post (si parla di post-produzione) rivela tutto usando la tecnica dello «split screen»: «La Mostra - spiega la curatrice Elisabetta Bruscolini - segue un itinerario nella creatività degli autori e dei professionisti». Ma c’è anche l’omaggio alla «storia e al presente di Cinecittà», a tutti coloro che hanno dato vita, ieri e oggi, «al mito di Hollywood sul Tevere». In attesa di ospitare, nella prossima estate, Woody Allen con The wrong picture, tutto ambientato nella capitale, e Bernardo Bertolucci che torna sul set per dirigere Io e te, in 3D, i visitatori potranno percorrere il viale della vecchia Broadway di Gangs of New York, ritrovare le atmosfere della Firenze rinascimentale del prequel di Amici miei, rivivere il fascino della Roma antica della serie tv Rome. Ma prima di assaporare l’emozione del recitare, il silenzio del set, il brivido del ciak, bisogna, da che cinema è cinema, vincere l’ansia e suoperare il primo esame. Nella «sala del produttore» scorrono i provini delle star, da Stefania Sandrelli e Catherine Spaak che pronunciano una frase chiave del capolavoro Io la conoscevo bene («Ma...questa Milena sono io, una specie di idiota?») a Valentina Lodovini che si esibisce in una versione femminile di Padre Pio mostrando mani candide su cui sarebbero comparse le stimmate. Da Stefania Rocca che spiega «mi piace scoprirmi, essere quella che non sono nella vita di tutti i giorni» a Riccardo Scamarcio che, dopo aver proposto un monologo in cui fa «il pubblico ministero che accusa Riccardo Scamarcio», si blocca e chiede «ci possiamo fermare un attimo, mi sono perso».Promossa per celebrare la vitalità del luogo, il suo essere un’azienda in crescita che, fa sapere il presidente di Cinecittà Studios Luigi Abete, «in 13 anni, da quando è stata privatizzata, ha versato allo Stato 90 milioni di euro tra affitti e investimenti», la mostra, costo complessivo 700mila euro, è stata inaugurata ieri sera con una grande festa. Il primo ad arrivare è Roberto Benigni: «Un ricordo? Un ministero di ricordi», esclama entrando: «Più che parlare, siccome il cinema è immagine, vorrei che mi riprendeste mentre faccio saltelli di gioia. Cinecittà è tutto e tutto si avviluppa in me pensando a questo posto». Poi arrivano Carlo Verdone («È stato il luogo preferito della mia infanzia»), Micaela Ramazzotti, Silvana Pampanini, la costumista Milena Canonero, il sindaco Gianni Alemanno: «Abbiamo in tutto oltre trenta teatri di posa - fa sapere il vicedirettore generale di Cinecittà Studios Giuseppe Basso -, siamo, in questo settore, la più grande azienda dell’europa mediterranea». Dopo la mostra, che resterà aperta fino a novembre, dovrebbe prendere corpo, nell’arco di un anno e mezzo, il progetto di un Museo del cinema permanente per cui dovrebbero essere complessivamente stanziati circa 15 milioni di euro.

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