15.10.10

Ivan l'impossibile


Beato lui che ha i bioritmi da creativo perfetto, gli bastano quattro o cinque ore di sonno per ricaricarsi. Ivan Cotroneo, anno di nascita rivoluzionario, il 1968, occhi mielosi verdi più da moderato che da contestatore, va a letto alle 2 di notte e alle 7 è già in piedi, accende il computer, guarda le prime pagine dei quotidiani su internet, dà un’occhiata alla posta, poi scende a comprarsi i giornali. Entro le 8 ingolla qualche milione di parole, oltre al canonico caffè. Poi si mette a scrivere lui. Di tutto: romanzi, soggetti per film, sceneggiature, fiction per la tv, traduzioni, adattamenti teatrali, dialoghi per trasmissioni e articoli.
In pochi anni si è accreditato come il nome dop della creatività, alla stregua (e con le dovute proporzioni) di Age-Scarpelli o Garinei-Giovannini dei tempi che furono. È il parmigiano reggiano della parola, un marchio di garanzia e pure da esportazione. È il traduttore di Michael Cunningham (Le ore, Carne e sangue) e Hanif Kureishi (Il Buddha delle periferie, Intimacy); ha firmato l’adattamento teatrale di Closer di Patrick Marber e Le regole dell’attrazione di Bret Easton Ellis, altro suo autore culto; ha scritto tre romanzi (Il re del mondo, Cronaca di un disamore, La kryptonite nella borsa) e la Bompiani pubblica a giorni Un bacio, storia di due liceali fra violenza e amore; ha sceneggiato con Ferzan Ozpetek il pluripremiato Mine vaganti e sta scrivendo il prossimo film col regista italoturco; ha firmato decine di sceneggiature, fra le quali Io sono l’amore di Luca Guadagnino e L’uomo che ama di Maria Sole Tognazzi (con la figlia del grande attore sta scrivendo il nuovo film).
Soprattutto, più di 5 milioni di italiani sono grati a questo napoletano trapiantato a Roma per avere inventato (e poi scritto) Tutti pazzi per amore, fiction di Raiuno, questa sì rivoluzionaria nell’anima perché giocata su diversi piani, il mélo, il surreale, il musical.
Ivan Cotroneo è anche l’unico ad avere creato una «factory», un’industria della parola di cui è socio di maggioranza e operaio semplice.
Come funziona la Cotroneo factory
Mi fa ridere l’idea. Nessuno lavora per me, molti amici invece con me. Ridiamo molto e non ci facciamo sconti.
«Ho letto la tua scena. Era una schifezza »: questa è una delle frasi ricorrenti. Ci critichiamo ma ci divertiamo anche molto. È un gruppo di professionisti… Monica Rametta, Stefano Bises (sceneggiatore del «Capo dei capi», ndr), Elena Bucaccio, Ludovica Rampoldi («La ragazza del lago», ndr)… Tanti, a seconda dei progetti.
Sì, però la star è lei
È proprio impossibile per me prendermi sul serio. Questione di famiglia.
Cioè
Sono cresciuto in una famiglia allargata, con giovani zii. Non c’era speranza che qualcuno desse retta a una tua magagna. Può essere devastante, ma ti obbliga a mettere una certa distanza ironica a qualunque tua tristezza. «E che sarà mai? Allora cosa dovrei dire io che ho il frigo rotto e una multa da pagare?»: con una frase del genere ti liquidavano.
Ha studiato legge, ma è finito scrittore. Come è successo?
Ero uno di quei patetici ragazzini che scrivevano piccoli romanzi gialli. E che andava al cinema fin da bambino: mio padre faceva finta che io dormissi in braccio a lui per farmi entrare; così mi sono visto da Malizia a Franzie di Alfred Hitchcock. Poi è venuto il liceo classico, con la mia passione per i lirici greci. E per il latino.
Un secchione
No, un secchionissimo. Leggevo, studiavo, leggevo. Con uno zio avvocato, però, sembrava la cosa più ragionevole iscrivermi a giurisprudenza.
Ma poi..
Stavo per laurearmi, seppi che stavano facendo le selezioni al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Chiedevano di mandare due racconti e le motivazioni. Scrissi: «Sto preparando la tesi in legge. Ma non è la mia vita».
La presero?
Ammettevano solo 18 ragazzi allo scritto e solo in 12 passavano all’orale. Sei venivano presi.
Come li convinse?
I miei racconti finivano entrambi con un suicidio. Suso Cecchi d’Amico, che esaminava, mi disse: «Di solito i napoletani sono simpatici. Non vorremmo prendere nella scuola un ragazzo triste. Saresti in grado di scrivere una commedia, qualcosa in chiave comica?». Naturalmente risposi di sì.
Anche a Roma si comportò da secchione?
Certo. Finiti i corsi, fotocopiavo le sceneggiature, mi vedevo vecchi film. E battagliai per seguire un corso di inglese anche se, secondo il test, non ne avevo bisogno.
Non era mai abbastanza?
Abitavo sul raccordo anulare, in piena periferia, scrivevo come un matto, cominciai a lavorare per Rulli, Petraglia…
E a tradurre uno degli scrittori più sofisticati, Cunningham
Anche in questo c’entra il Cotroneo secchione. Avevo letto la sceneggiatura di Pulp fiction di Quentin Tarantino, tradotta in italiano, e l’avevo trovata piena di errori rispetto all’originale inglese. Scrissi una lettera con le mie osservazioni. Proprio un primo della classe. Ma intanto mi chiesero la revisione della traduzione. E da lì a poco mi commissionarono schede di lettura di alcuni romanzi stranieri. Io ero basito:mi pagavano per leggere e dire la mia! Incappai in The hours («Le ore», da cui hanno tratto l’omonimo film, ndr), lo trovai meraviglioso e così l’Italia fu il primo paese a comprare i diritti del romanzo di Cunningham.
Cosa gli invidia?
La musica della sua scrittura. Era difficile da rendere in italiano, traducendola. Ho impiegato mesi e mesi a trovare il tono giusto.
E di Kureishi?
I dialoghi. E la duttilità del linguaggio che cambia a seconda del racconto.
Fernanda Pivano per lei ha usato l'espressione "bellissimo libro". Se lo merita un simile complimento?
Ai tempi mi schermii. «Non è vero, non ci casco» le dissi. E lei: «Sei str… Se lo scrivo, è perché lo penso».
A giorni il suo romanzo, "Un bacio", a marzo la sua prima regia dal suo romanzo "La kryptonite nella borsa", più "Tutti pazzi per amore", i film di Ferzan Ozpetek e di Maria Sole Tognazzi. Cosa le manca?
Mi taglierei un dito per poter scrivere Una giornata particolare o La donna che visse due volte, il mio film preferito.
Perchè?
C’è una totale libertà di scrittura, è costruito come un giallo col punto di vista di James Stewart e di colpo cambia il punto prospettico e diventa una storia d’amore. Io avrei fatto un «film che funziona», non avrei ribaltato tutto a pochi minuti dalla fine.
Primo comandamento di un buon sceneggiatore?
La pazienza. Non esistono sceneggiatori impazienti o incapaci di lavorare con gli altri. Di Mine vaganti avremo scritto 15-20 stesure, è capitato di mandarne al produttore una al mattino e un’altra al pomeriggio.
Secondo comandamento?
La tenacia. Mai mollare. E il terzo è sapere ascoltare, sapere «rubare» agli altri idee, sentimenti.
Più importante il talento o il mestiere?
Ci vogliono tutti e due. Io insegno al Dams a Roma e faccio riscrivere da capo la stessa storia più volte. L’idea non basta.
Perchè il cinema italiano è così debole?
Siamo tutti poco coraggiosi. Abituati a un certo schematismo: l’importante è che un film funzioni. Senza contare che mancano i produttori.
Scriverebbe un discorso per un politico?
Solo per Nichi Vendola.
Ha mai provato il panico da pagina bianca?
Quando scrivi un romanzo, hai più paura, sei completamente libero. E solo. Non hai ostacoli e lì il panico arriva.
Lo sa che 5 milioni di italiani stanno aspettando "Tutti pazzi per amore3"? Si sta dando da fare?Stiamo scrivendo, certo (con Monica Rametta e Stefano Bises). E mi piace farlo perché fra balletti, vecchie canzoni, storie e dialoghi alla fine raccontiamo anche un po’ l’Italia di oggi, con ironia e autoironia. È per questo che ha funzionato.
Non è un po' troppo buonista: amore dappertutto, amicizia... Essere un uomo sentimentale è il suo tallone d'Achille?
Certe volte ci starebbe bene un po’ di cattiveria, però a me non viene. Io piango guardando certi film e quando scrivo mi ritrovo a parlare di sentimenti. Buoni.
Ho dimenticato qualcosa della Cotroneo factory?
Sì, non lo poteva sapere, ma ho fondato una piccola società di produzione, la 21, e presto andrò a Mumbai per raccontare il primo anno senza la legge 377, quella che stabiliva la galera per gli omosessuali. Stavolta come produttore.
redazione

1 commento:

  1. sono d'accordo con Ivan sul fatto di guardare parecchi film, leggere molto, "rubare" da altri e avere tenacia. Di pazienza ne ho poca.
    Barbareschi mi sta sul culo

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