7.11.10

intervista a Elisabetta Cavallotti



Mercoledì 23 marzo 2005


Il caso della Quadrifoglio Produzioni è piuttosto insolito per l'Italia. So che sei abituata alle produzioni 'indipendenti', ma in questo caso, hai riscontrato delle particolarità?

Tecnicamente poche. Sul piano 'emotivo' - oltre che del divertimento - è stato estremamente piacevole lavorare con attori che si conoscono così bene, condividendo una simile avventura; ma soprattutto è stato l'amore, la passione, l'impegno che Massimiliano ed Alberto - in qualità di produttori - hanno comunicato a tutti noi a fare la differenza. Tra l'altro questo ha garantito al film una lunga serie di cameo, da Di Carlo alla Rinaldi, da Insinna a Honorato fino a Bud Spencer.

E' stato divertente?

Era un continuo via vai, giacché si trattava di apparizioni davvero fugaci... e di rado li ho incrociati. Ma come ho detto prima, il bello era quel clima rilassato, di inusuale piacevolezza.

Come hai lavorato con il regista, Luigi Di Fiore, che è stato in passato il tuo compagno?

Io e Luigi non abbiamo mai lavorato insieme prima d'ora. Ma con lui ho 'lavorato' in altro senso, giacché abbiamo una bellissima figlia. E' un attore, e quindi - già solo per questo - molto abile nel dirigere; e poi, conoscendoci bene, tutto il lavoro ci è venuto in modo molto naturale, quasi giocando...

E con il resto del cast come ti sei trovata?

Il piacere davvero grande - da questo punto di vista - è stato ritrovare Edoardo Leo, con cui sono già al terzo film: e puntualmente, sullo schermo, siamo fidanzati! Ormai siamo una coppia ideale, mi trovo davvero da Dio con lui: senza esserci alcun trasporto emotivo, lo considero il mio fidanzato di celluloide. Credo di poter dire con tranquillità che siamo una coppia che funziona, che ormai ha le sue piccole manie, le sue abitudini...

Riguardo agli altri, che dire?

Un cast notevole, dove erano davvero tutti bravi: è come giocare a tennis, non ti diverti certo a giocare contro il muro o con una schiappa, ma se ti misuri con dei campioni...

Sei una delle poche attrici italiane che ha spesso avuto a che fare con i rari ritorni del nostro cinema ai film di 'genere': dopo il thriller e il poliziesco, il film d'azione. Ti trovi a tuo agio con queste pellicole?

Dipende. In effetti ho recitato in un thriller all'italiana, ma preferirei non parlarne, giacché si tratta di un film riuscito davvero male, a mio avviso. Se parliamo di gialli, preferisco di gran lunga parlare di "Hotel" di Mike Figgis, una coproduzione Italia-Inghilterra: recitarvi è stato estremamente stimolante dal punto di vista creativo, giacché si trattava di un film senza script, praticamente improvvisato. Ancora più interessante dal punto di vista strettamente registico è stato il police-movie "Dentro la città" di Andrea Costantini. Questo di Luigi (anche se io direi più che è di Massimiliano Caroletti, vista la passione che vi ha messo) è stato più sperimentale nel senso che ci siamo messi continuamente in gioco, giorno dopo giorno, scommettendo con noi stessi, rischiando anche... Ma divertendosi, senza avere tutte queste ambizioni creative. A volte fa bene.

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