29.7.17

recuperi 2

2012-01-24

2011-10-01

2011-07-30

2010-07-07


antica intervisteria del corso (4)


Dove l’ha imparata la lap-dance?


«Per fortuna nel film sono una ballerina che lavora nello “champagne-room”, la zona riservata ai clienti più ricchi. Il mio compito è farli ubriacare e farli spendere. Niente lap-dance, quindi. Ho dovuto, però, improvvisare uno spogliarello: una novità assoluta perché nella mia vita privata ci si spoglia sempre in due. Ho inventato. Prima titubante, imbarazzata dalla troupe che finge di non esserci ma c’è, poi con più coraggio, sospinta da Abel Ferrara che mi invitava a lasciarmi andare. Il resto è venuto da sè: recitare è anche nascondersi dentro un personaggio».

Cosa le piace di Ferrara?

«Sembra irascibile: è solo diretto e sincero. Anche dolce, dietro la brutalità delle parole. E poi è un uomo che si pone delle domande. Con lui avevo già fatto Mary dove si interrogava sulla religione. Qua si pone un altro quesito: se e quanto la passione per un lavoro possa portarti a compiere atti degradanti. Nel film, per esempio, io vorrei fare l’attrice ma per arrivarci accetto di diventare spogliarellista: è giusto? Chissà».

Che ricordo ha del set?

«Molto piacevole. Ferrara lascia liberi i suoi attori di riempire a piacimento i personaggi con i loro gesti. E poi, proprio su quel set, mi sono accorta di essere incinta di mio figlio. Non l’ho detto e non l’ho voluto dire neanche al festival di Cannes dell’anno scorso dove è stato presentato il film. Un po’ per proteggermi da una pubblicità indesiderata e un po’ perché era già incinta Bianca Balti e mi sembrava stonato far sapere che due ballerine di un locale un po’ malfamato stessero entrambe per diventare madri».

Asia Argento ha detto che il film l’ha danneggiata professionalmente per la scena in cui bacia un rotweiller...

«Nessuno ha chiesto a Asia di baciare il cane. Sul set c’era un clima di totale libertà. Anche io a un certo punto mi sono tolta il reggiseno e nessuno me lo aveva chiesto».

Perché ha chiamato suo figlio Leone Ariel?

«Io volevo chiamarlo solo Ariel, in omaggio a Shakespeare. Però il bambino quando è nato invece di piangere ha ruggito: allora abbiamo deciso di chiamarlo prima Leone e poi Ariel. Solo più tardi un amico mi ha spiegato che in ebraico Ariel significa Leone di dio: è come se avessimo raddoppiato lo stesso nome».

Cosa deve alla ragazza di Nirvana che l’ha fatta conoscere?

«Ha segnato il mio destino dando una impronta precisa alla mia carriera. Ma devo qualcosa anche a Pene d’amor perdute di Branagh che mi ha insegnato cos’è la recitazione inglese, a Il talento di Mr Ripley di Minghella che mi ha fatto sperimentare il metodo dell’Actor’s studio, a Casomai di D’Alatri che non volevo fare perché non mi sentivo pronta a recitare il ruolo di una donna con un figlio. E molto devo al teatro».

Lo vuole riprendere?

«Appena mio figlio sarà cresciuto. Ho cominciato con il teatro, in piccole compagnie dove eravamo noi a scegliere il testo, sono arrivata a portare in scena personaggi come Giovanna d’Arco e Irma la dolce. Non lo abbandono. E’ una lezione che non finisce mai».

2010-06-25


antica intervisteria del corso (3)


Quanto c’è di tuo nel personaggio di Vera?

Ma chissà quanto c’è di mio? Nel senso che poi quando interpreti un personaggio è ovvio che alcune cose diventano tue, o magari pensi che siano tue e poi ti accorgi che non lo sono, insomma è comunque vero che ci metti del tuo, è una sorta di contaminazione tra il personaggio e te. Vera è un personaggio che mi piaceva molto, già solo leggendo la sceneggiatura, una donna giovane che è capace in un mondo maschilista pieno di sporcizia, di discriminazione razziale, di prostituzione, di sensibilizzare un minimo la gente. Nello stesso tempo è una persona passionale e questa passione la mette in tutte le cose che fa, dall’amore che vive nella sua vita privata alla difesa delle persone che stanno peggio di lei, diretta, senza peli sulla lingua anche perché forse in un mondo così maschilista se sei troppo delicata nessuno ti da retta.

Per il film della Comencini ho letto che ti sei preparata andando in un centro di non vedenti, per questa parte invece come ti sei preparata, in generale, qual è il tuo metodo?

In realtà io ho studiato al centro sperimentale che comunque è il metodo, diciamo, più italiano, ho studiato un anno all’Actor Studio e ho studiato per un po’ di tempo con un insegnate russo quindo ho diversi metodi. Poi io sono dell’idea che non esista un metodo per tutti, ogni attore ha il suo e il tuo diventa tuo anche a seconda del personaggio che interpreti o del regista con cui stai lavorando. Nel film di Cristina Comencini dovevo interpretare una non vedente omossessuale, un salto triplo mortale all’indietro!Quindi mi sono fermata un attimo a pensare: prima di tutto sono andata in un centro per non vedenti, ho rispolverato il metodo dell’Actor Studio perché mi sembrava giusto partire da una psicologia, ma anche da un cambio fisico perché quando non ci vedi per forza di cose il tuo corpo cambia, ti muovi in maniera diversa. Quindi ho cominciato a fare la volontaria in questo centro per non vedenti francese, sono entrata in contatto con questa realtà e man mano mi sono costruita il personaggio e grazie a questa preparazione, sono rimasta tre giorni ad occhi chiusi cercando di fare le cose che faccio normalmente nella vita, ho vissuto un’esperienza incredibile. Quindi sono molto contenta che questo film vada agli Oscar! Perché, pensandoci bene, tutti i film italiani che sono andati agli Oscar raccontavano storie del passato, come La vita è bella Mediterraneo, invece la Bestia nel cuore è un film moderno, un film di oggi con un cast giovane, un film che racconta tematiche difficili ma mai in modo patetico, Crisitina Comencini non strizza mai gli occhi al pianto.

Dopo tutti questi grandi film con grandi registi, non ti piacerebbe lavorare in televisione, hai qualche progetto?

Non lo so, non posso dire che non farei mai un reality show o cose del genere, ma per me ora la televisione è fiction, infatti tra un po’ uscirà Mafalda di Savoia, che tra l’altro è un personaggio incredibile, molto tosto, sia la donna in sé che la sua interpretazione. Lei infatti è una principessa un po’ atipica, senza pregiudizi, molto interessante come personaggio femminile, una molto moderna, sfortunata nella vita ma forte. Tra l’altro abbiamo girato tutto il film a Bucarest, in Romania, quest’estate dove c’erano alluvioni, con il fango fino alle ginocchia e la pioggia in testa tutto il giorno, in un campo di concentramento ricostruito alla perfezione, quindi è stato un po’ stressante sia dal punto di vista fisico che psicologico.

2010-06-15


l'occasione di Stefania





Sundance 2005 di Miriam Tola
Lila dice e Unconscious sono le coproduzioni italiane selezionate in concorso dal Sundance 2005 (20/30 gennaio), l'edizione che inaugura la competizione internazionale per lungometraggi e trasforma il festival da vetrina del cinema indipendente americano a kermesse di interesse mondiale.Lila dice, film tratto dal romanzo di Chimo datato 1997, un piccolo caso in Francia per l'incerta identità dell'autore, è firmato dal libanese Ziad Doueiri, ex operatore di Quentin Tarantino e regista di West Beirut. Ambientato in una banlieu marsigliese inasprita dagli eventi post 11 settembre, racconta la storia d'amore e iniziazione al sesso tra Lila (Vahina Giocante), 19enne bionda e sinuosa e il maghrebino Chimo (Mohammed Khouas).
Il titolo suona familiare agli addetti ai lavori italiani perché qualche anno fa se ne parlava come film d'esordio alla regia di Stefania Rocca. Dietro l'operazione c'erano Bernadette Carranza e Patrizia Biancamano della società Intesa, oggi produttrici per l'Italia con Luigi Ferrara. "Nel 1997 ho letto il libro e insieme a Patrizia ho acquistato i diritti - ricorda Carranza - Attorno al romanzo c'era grande attenzione, anche Bernardo Bertolucci si disse interessato, poi l'ipotesi di lavorare con lui sfumò ed entrò in gioco Stefania. Lei era entusiasta della nostra proposta, non altrettanto i finanziatori forse poco abituati a confrontarsi con una storia dall'ambientazione multietnica".
A sbloccare l'impasse fu l'incontro con la produttrice Marina Gefter: "Ci ha convinte a realizzare il progetto in Francia in coproduzione con la Gran Bretagna. L'idea di affidare la regia a Ziad è stata sua. Abbiamo girato dal 6 ottobre 2003 per 8 settimane con un budget di 3 milioni 400 mila euro. Rispetto al libro mancano gli aspetti più crudeli, lo spostamento della storia da Parigi a Marsiglia ha reso il tutto più solare. Ziad ha curato molto la colonna sonora e il linguaggio, dolce e sensuale, erotico ma mai volgare. Credo che i selezionatori del Sundance sia piaciuto il mix tra storia d'amore vellutata e contesto sociale dai colori multietnici" afferma Carranza.
Lila dice ha vinto i premi per la sceneggiatura e l'interpretazione maschile al festival di Gijon. Uscirà in Francia il 25 gennaio con il marchio Pyramyde ed è stato venduto in 12 paesi, ultimo tra i quali gli Stati Uniti dove sarà distribuito da Samuel Goldwyn Film. E in Italia? "Siamo in contatto con diversi distributori. Vorremmo farlo uscire in aprile" dice Carranza.In cerca di distribuzione è anche Uncoscious, pellicola che coinvolge Spagna, Germania, Portogallo e l'Italia attraverso la Classic di Amedeo Pagani, produttore dalla vocazione internazionale. Diretto da Joaquín Oristrell, sceneggiatore e regista di Barcellona, vincitore del Goya nel 1995 per lo script di Todos los hombres sois iguales, Unconscious è una commedia ambientata nella Spagna di inizio Novecento, mentre le freudiane sono in piena ascesa. Al centro della storia c'è un triangolo tra una moglie incinta, un marito in fuga e un cognato innamorato che lo insegue. "E' una commedia buffa, un vaudeville che prende in giro la psicoanalisi, scienza sopravalutata - racconta Pagani - Alma, la protagonista, è una donna anticonformista e in anticipo coi tempi. La interpreta Leonor Watling, l'attrice almodovariana di Parla con lei. Il galiziano Luis Tosar è il cognato. Il punto forte di Oristrell è la ricostruzione impeccabile, una messa in scena di grande eleganza, il tocco lieve e la critica intelligente".
Girato a Barcellona in 8 settimane la scorsa estate, il film ha debuttato fuori concorso al festival di San Sebastian ed è passato a Toronto nella sezione Contemporary World Cinema, la stessa di Lila dice. In Spagna è uscito il 27 agosto incontrando il consenso del pubblico.

2010-06-09


antica intervisteria del corso (2)


Partendo dalla distinzione tra attrici di talento e attrici di razza, Stefania Rocca appartiene senz’altro alla seconda categoria. Se avevate qualche dubbio, guardatela nel film dei fratelli Taviani, “Resurrezione”, in onda su Raiuno il 14 e 15 gennaio in prima serata. Già dalle prime inquadrature, riconoscerete un’interprete di grande spessore: soltanto lei poteva essere Katiuscia, una prostituta sedotta in gioventù e condannata ai lavori forzati in Siberia. E non fatevi ingannare dal trucco di scena: il dolore, lo sguardo e la discesa negli abissi dell’anima di questa donna non sono il frutto del make-up, ma della straordinaria mobilità espressiva di Stefania Rocca, straordinaria e perfetta. Capace di scavare nel personaggio fino a farsi male, l’attrice torinese non è affatto algida o dura come suggerisce la sua immagine di diva digitale, tutt’altro.

Crede che Katiuscia possa essere considerato un personaggio moderno?

S.R.: "In “Resurrezione” la modernità è nella storia d’amore, nel confronto tra un uomo e una donna. Non tutte le storie d’amore sono fantastiche, anzi ci sono sempre dei momenti di disequilibrio. La contemporaneità di Katiuscia è nel sentimento: la sua è una storia d’amore travagliata che le permette di crescere, di riportare i fantasmi fuori dagli armadi e di risolverli".

Qual è stata la difficoltà maggiore nell’interpretare Katiuscia?

S.R.: "Per me è stata la scena della seduzione. Ero molto preoccupata perché è difficile riuscire a ritrovare la stessa ingenuità di una ragazza vergine. Ecco, restituire questo tipo di fragilità, questo suo sentirsi completamente diversa, non ancora donna, è stata la scena più difficile. Devo dire che nel momento in cui mi sono staccata, proprio mentre giravamo, mi sono messa a piangere e lì mi è ritornato indietro tutto: la mia paura della prima volta, il timore di non piacere, tutto quello che poi succede nella vita. E’ stata un’emozione talmente forte….. Così è nata la scena in cui, inseguita da Dimitri, corro a rannicchiarmi in un angolo".

Oggi è arrivata ad un livello della carriera in cui si può permettere di scegliere o di rifiutare certi film...

S.R.: "Io non penso che sia il livello a darti la libertà di scelta. Fin dagli inizi della mia carriera ho sempre cercato di scegliere perché nel momento in cui scegli vuol dire che a monte c’è un’energia, un entusiasmo nel creare i tuoi personaggi indipendentemente da quanto ti pagheranno e da tutto il resto".

Sul piccolo schermo non la si vede molto. Le ha creato dei dubbi il fatto che “Resurrezione” fosse un progetto televisivo?

S.R.: "Non mi sono mai posta questo problema e anche in questo caso non ho mai pensato alla distinzione tra cinema e Tv. Non mi interessa lavorare in fiction a lunga serialità, perché già in partenza so che la qualità è minore, ma quando mi arrivano dei progetti e leggo la sceneggiatura, se mi va bene e mi piace, non ho nulla in contrario anche se si tratta di televisione".

Pochi mesi fa ha finito di girare “Casomai”, il nuovo film di Alessandro D’Alatri. Qual è il suo ruolo?

S.R.: "Finalmente lavoro in una commedia italiana, non si possono fare solo film d’autore! E’ la mia prima commedia e il mio è un personaggio diversissimo da quelli che ho interpretato fino adesso: sarò una mamma e una moglie, ma anche una donna moderna e dolce. Il film ruota storia d’amore tra me e Fabio Volo, l’altro protagonista, ma è anche su come gli altri interferiscono nella tua relazione, qual è il tuo rapporto quando fai parte di una coppia e vieni visto come coppia, come si rapportano gli altri a te e viceversa te con loro. Ecco, è soprattutto un film sulle interferenze nell’amore degli altri".

Ultimamente aveva parlato di un progetto che coltiva da diverso tempo: dirigere un lungometraggio.

S.R.: "E’ vero, ma se il progetto andrà avanti non sarò da sola ma sarò alla regia con il mio compagno, Bernardo Barilli Vorrei raccontare una storia d’amore di due ragazzini, tratta dal libro “Lila dice” e abbiamo deciso di girarlo insieme per mantenere i due aspetti, quello dell’uomo e della donna, anche nel film. Ovviamente la protagonista non sarò io, sono troppo grande per il ruolo di una ragazzina".

Quali sono i registi italiani con cui ti piacerebbe lavorare?

S.R.: "Mi piace molto Marco Tullio Giordana. I suoi film, da “Pasolini” a “I cento passi”, hanno una bella visione senza essere troppo marcata e gli attori che sceglie sono molto bravi. E poi, parlando di vecchia generazione, chiaramente Bernardo Bertolucci. Ecco, non credo che andrei d’accordo con un regista come Muccino. Io sono una che va giù, in profondità, lui è uno che sale, resta in superficie. Tra l’altro abbiamo anche lavorato insieme tanti anni fa in un cortometraggio, quello che gli ha permesso da fare il suo primo film “Ecco fatto”, ma non mi è piaciuto come si è comportato con me".

Amori letterari: oltre Katiuscia di Tolstoj, ci sono altri personaggi che ti piacerebbe portare sullo schermo, sia al cinema che in Tv?

S.R.: "Mi piacerebbe molto poter fare la principessa Sissi, una figura affascinante".

2010-05-29


stralcio


... quando mi innamoro, mi innamoro all'istante e vivo tutto intensamente da subito. Pensa che una volta mi è capitato di inseguire una persona in giro per il mondo, prendendo aerei, spostandomi di continuo, Miami, Jamaica. E tutto all'insaputa dell'interessato. E' finita che è andata bene. Siamo stati insieme due anni, dopo un anno e mezzo di inseguimento! La realtà è che ero molto giovane e avevo paura di ricevere un rifiuto, sicchè lo seguivo per studiarlo bene, capire che persona era, se poteva funzionare tra noi. Poi quando se n'è accorto, mi sono dichiarata e zacchete! Ci siamo messi insieme.

... la realtà è che sono una che si annoia tantissimo e deve cambiare di continuo. Se devo fare la stessa cosa impazzisco, perchè non c'è più ricerca, entusiasmo. Mi devo sempre sorprendere. E questo lavoro è bello anche per questo. Facendo l'attrice posso sempre trasformarmi. Come quando sei bambino e ti trasformi da rospo a principe o viceversa in due minuti. Senza paura, senza timore di essere giudicato o di restare ingabbiato.

2010-04-30


il tradimento? Che vuoi che sia


L’attrice in sala a natale con il film commediasexi affronta con quelli di grazia lo spinoso argomento del tradimento.
Nel film di Natale è la moglie di Paolo Bonolis, un deputato che la tradisce con una giovane Elena Santarelli e cerca di evitare lo scandalo facendola passare per l’amante del suo autista. Nel film che sta girando è la moglie di Giorgio Pasotti, con cui è sposata da dieci anni, con due figli. La storia racconta la separazione di questa coppia e quanto è difficile lasciarsi. Dividersi, allontanarsi, essere traditi, nella finzioni i ruoli sono questi, nella realtà come vive Stefania Rocca di questi temi che riguardano ogni storia d’amore “Il tradimento, meglio non saperlo. Ma sono ipercuriosa. E se lui me lo confessasse apprezzerei talmente tanto la sua sincerità che il nostro momento d’amore sarebbe ancora più grande. E perdonare sarebbe niente. Se faccio cose tipo leggere le e-mail o guardare i messaggi sul telefonino è per giocare alla gelosa, ma davanti a lui. Mai di nascosto. Quanto al tradimento penso che possa succedere. In fondo, diamo troppa importanza al sesso e al tradimento rispetto all’amore e alla relazione di coppia. Certo, se avesse un’amante da due anni, sarebbe diverso. Ma allora me ne accorgerei. Da parte mia non ho mai capito se il tradimento fosse vero o no. Alla fine mi sono allontanata io per prima, per paura che avvenisse, il tradimento. Avevo vent’anni. Da allora ho avuto relazioni così forti dal punto di vista della complicità, che non mi sono mai più preoccupata di essere tradita…”.
Forse è solo una questione di sicurezza in se stessi, del resto se siamo sicuri che l’amore c’è non cambia poi così tanto essere traditi o tradire a nostra volta. “Sono diventata più sicura degli altri. Non perché avessi la certezza di non essere tradita, ma ero più sicura del rapporto. Quindi essere tradita non era poi così importante. Però per fortuna, non ho mai saputo niente. Nella relazione più importante che ho avuto (7 anni col regista Bernardo Barilli, Ndr) ci siamo detti: se capita non ce lo diciamo. Non prendo il sesso alla leggera, ma non gli do nemmeno così importanza. Prima del sesso viene l’amore, se hai un bellissimo rapporto con una persona e lui, una volta, va a letto con un’altra… e che sarà mai?

2010-04-29


una storia di sesso non è tradimento


In una recente intervista a Vanity Fair, Stefania Rocca, la quotatissima attrice italiana che al cinema sta presentanto il film “Voce del verbo amore” (con Giorgio Pasotti), ha parlato della sua vista sessuale. "Da un anno e mezzo sto con un uomo di cui sono molto innamorata," ha confidato Stefania Rocca (fidanzata con Carlo Capasa, amministratore delegato della casa di moda “Costume National”, e fratello dello stilista Ennio). "ha dieci anni più di me e con lui sto vivendo un rapporto di coppia maturo e intenso. Prima sono stata per sette anni con un coetaneo, ma era un amore ancora forse giovanile". Ma la rivelazione più scottante ha riguardato il tema della fedeltà in amore. "Se ho un’avventura con qualcuno con cui c’è solo attrazione fisica non penso di essere infedele nei confronti del mio compagno, perché non tolgo niente al sentimento," ha rivelato. "è solo sesso". E ancora: "Un po’ di perversione non guasta, sono una donna sensuale, anche se ho un aspetto che può ingannare. Di giorno preferisco vestirmi in pantaloni e scarpe basse e ora ho di nuovo i capelli cortissimi. Ma nel mio guardaroba ci sono un sacco di gonne e tacchi 12 centimetri".

2010-03-05


antica intervisteria del corso


E chi l'avrebbe detto che Stefania Rocca, bella e brava protagonista di Nirvana, vero e proprio oggetto di culto per una generazione di cinefili fosse anche una provetta navigatrice? Sarà perché in Viol@ il suo ultimo film diretto dalla regista esordiente Donatella Maiorca, la Rocca interpreta il ruolo di una ragazza che inizia una relazione sentimentale e perversa con un misterioso Mittler su una chat line erotica di Internet, ma per comunicare con Stefania è più facile farlo via Rete che per telefono, visto che è sempre così impegnata nell'interpretare i tanti diversissimi ruoli che tanto l'hanno fatta amare dal pubblico. Questa intervista in esclusiva per Delos è la prima che sia interamente frutto di uno scambio di e-mail, un vero "unicum" per il giornalismo cinematografico, non solo di fantascienza

Delos: Stefania Rocca è ormai una delle attrici cult di questa generazione. E' difficile convivere con questo tipo di successo? Si sente cambiata?

Stefania Rocca: Il successo non mi spaventa, fa parte del mondo di un'attrice...eppoi comunque il successo è ancora tutto da vedere. In Italia dura ben poco, quanti personaggi dopo un anno sono spariti? Quando ho deciso di essere un attrice mi sono detta vorrei poterlo fare per molto tempo, anche da vecchia!! Non mi sento cambiata affatto, i miei valori sono sempre gli stessi...cerco sempre di parlare con le persone come Stefania e non come Stefania che fa l'attrice...

Delos: Lei è un'attrice poliedrica: lavora molto in ruoli che spesso hanno poco in comune tra loro, indossando il volto e le abitudini donne differenti le une dalle altre. E' difficile essere tanto diversa?

Stefania Rocca: Come donna mi piace esplorare ruoli di donne diverse...sì, non è facile ma forse la cosa più importante, per interpretare ruoli diversi è che bisogna dimenticarsi di se stessi e - senza pregiudizi - calarsi in altri personaggi. Del resto questa è la parte divertente di essere una attrice.

Delos: Da Giovanna D'Arco alla madre del bambino di fronte al re Salomone. Che differenza c'è per lei tra l'interpretare un personaggio storico e uno che si deve inventare completamente?

Stefania Rocca: Giovanna D'Arco è un personaggio storico come la madre davanti al Re, o meglio forse era solo leggenda, ma per me in quel momento esisteva davvero. Quindi non c'era nessuna differenza.

Delos: Parliamo di Viol@: un film fatto da giovani che nasce dal premio Solinas per arrivare a Venezia. Che tipo di esperienza è stata per lei? Dopo Nirvana a Cannes è la sua seconda volta a un Festival così importante...

Stefania Rocca: Essere a un festival con un tuo film è sempre emozionante... spero che ci siano presto altre occasioni.

Delos: I suoi personaggi sono sempre molto sensuali e lei è una persona di gran fascino. E' un fatto naturale oppure ha lavorato molto su questo aspetto della sua recitazione?

Stefania Rocca: Normalmente lavoro sui personaggi e non solo sul loro fascino. Credo che ogni donna sia seducente a modo suo. Inoltre quando scegli un personaggio te ne innamori e questo di per sé è assai seducente...

Delos: Spesso compare nuda o comunque non troppo vestita nei suoi film, è mai stata imbarazzata?

Stefania Rocca: Non è vero che spesso compaio nuda...comunque lo faccio solo quando è importante per la storia, come in Viol@ non mi tiro indietro! Sono più emozionata quando sono fuori dal set ad aspettare che quando giro. E poi un attrice è sempre nuda con o senza vestiti!

Delos: In Viol@ si parla di erotismo in rete, ma che cosa è per lei veramente sensuale e erotico?

Stefania Rocca: L'erotismo secondo me è un equilibrio tra mente e corpo, forse è per questo che "by internet" è più facile, come per Viol@, perché si è più liberi e la tua fantasia può esprimersi a livelli elevati. Anche nella vita si può ma a volte e più difficile, soprattutto se vuoi farlo in due. Devi trovare qualcuno che te lo permetta. Comunque vita reale e virtuale non dovrebbero escludersi. Per Viol@ è un momento difficile e lei per scoprirsi sceglie "by internet". Forse è quello che le serve per riprovarci nella realtà...

Delos: Internet dunque può essere anche sexy: la cybersessualità è un po' noiosa?

Stefania Rocca: Non credo affatto che la cybersessualita sia noiosa! E' come ogni cosa nella vita: per alcuni è noioso e per altri no, dipende come lo vivi. Comunque credo che Internet sia solo un mezzo per proiettare le tue fantasie e conoscerle. un po' come parlare con te stesso. In Viol@ ci sono molte riflessioni sul computer e quando io giravo mi rendevo sempre più conto che in fondo lei non riesce a confessarsi coscientemente i suoi sogni, e li scopre proprio in questa relazione, perché fondamentalmente parla con se stessa a volte ad alta voce.

Delos: Lei è una navigatrice provetta che è anche andata al Maurizio Costanzo Show a difendere la Rete delle reti e il suo utilizzo. Da buona conoscitrice del Web, perché secondo lei le persone sono più disinibite usando Internet?

Stefania Rocca: Secondo me le persone usando Internet sono meno inibite perché non c'è nessuno che li giudica e neanche loro hanno il tempo di giudicarsi. Il rapporto è più istintivo e meno riflessivo. Non si ha troppo tempo per pensare come rispondere, e poi esiste l'anonimato. La paura dell'abbandono è forse minore.

Delos: Forse anche alla lontana, nelle sue interpretazioni mi sembra di avere letto una vena molto spirituale...

Stefania Rocca: Sono contenta che mi dici che nelle mie interpretazioni c'è una vena spirituale perché è vero. una cosa che fino ad adesso ho voluto sempre mettere... La Naima di Nirvana rappresentava la nuova generazione senza memoria. Quando lavoravo al personaggio ho pensato che in fondo non averlo poteva anche essere un vantaggio: non hai il passato che ti lega ma solo il presente...Ho un tatuaggio che rappresenta l'acqua, la rinascita (Sii fluente come l'acqua e rinasci ogni giorno...), e questo concetto per Naima cadeva a pennello e poi anche il nome del film lo voleva intendere. Viola ha un fondo di spiritualità perché è una donna che cerca di scoprirsi e crescere e forse migliorare, anche da un punto di vista erotico, proprio per diventare più donna e meno femmina!!!

Delos: Una donna affascinante e intelligente costituisce un binomio che spesso spaventa gli uomini, è stato mai un problema per lei?

Stefania Rocca: Sì è vero una donna affascinante e intelligente fa paura, e per me è stato davvero un problema. Gli uomini si spaventavano, e io mi incazzavo. Oggi ho capito che forse è solo un segno di insicurezza: il non sentirsi alla altezza, in fondo è una reazione umana comprensibile...quindi oggi sono più comprensibile!!! Come donna non so bene perché alcuni uomini si spaventano di questo binomio ma poi continuano a cercarlo! Dimmelo tu che sei uomo! No?!?

Delos: Personalmente propenderei a pensare che gli uomini rimangono sempre affascinati da ciò che li spaventa nelle donne che incontrano e - spesso - è vero anche il viceversa ovvero che provano timore quando qualcuno li affascina troppo, ma parlando di fantascienza - piuttosto - quali sono i suoi film preferiti?

Stefania Rocca: Blade Runner, Strange Days, Brazil, Barbarella, L'uomo che cadde sulla terra, Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Delos: C'è una serie fantascientifica che preferisce e perché?

Stefania Rocca: Non mi piacciono molto le serie di fantascienza, però quando ero più piccola adoravo Star Trek e Visitors.

Delos: Parliamo del film di Anthony Minghella accanto a Gwyneth Paltrow e Matt Damon...

Stefania Rocca: Un cast internazionale che mi affascina e il titolo è The Talented Mr. Ripley tratto dal libro di Particia Highsmith. Ho un piccolo ruolo ma come si dice non esistono piccoli ruoli ma solo piccoli attori...

Delos: E sicuramente Stefania non è tra questi ultimi...

esse.erre











Viol@


Una sera, una donna entra per curiosità in una chat erotica e conosce virtualmente un uomo che le fa conoscere i piaceri del sesso elettronico. Ma questa passione inizia presto a influenzare la sua vita di tutti i giorni, cosa che la sconvolge e la intriga allo stesso tempo…
Opera prima di una messinese allora quarantenne con alle spalle solo un documentario televisivo, e che in seguito ha diretto alcune serie Tv, Viol@ è sceneggiato da Fabrizio Bettelli a partire da un soggetto di Claudio Antonini che insegue un argomento di gran moda verso la metà degli anni ‘90: il sesso via internet. Probabilmente è stato proprio il tema affrontato a permettere allo script di vincere il Premio Solinas nel 1995 così come al film di essere inserito nel programma del Festival di Venezia 1998, perché altri pregi non sembrano proprio essercene.
Le terribili musiche di Cinzia Donti e Isabella Colliva sottolineano una messinscena “minimale-quasi sciatta” che dona a tutto il film un’aria piuttosto cheap. I problemi più grossi sono però proprio in fase di sceneggiatura, perché la storia è raccontata attraverso dialoghi estremamente innaturali, affidati a personaggi grezzi, che scivolano via tra un momento ridicolo e l’altro fino ad arrivare al più prevedibile dei finali. E’ poi evidente come gli autori avessero una visione demoniaca del cyberspazio, cosa peraltro comune a molti in quel periodo come in questo, ma certo Viol@ è un perfetto esempio di come non affrontare un argomento di cui evidentemente si sa ancora troppo poco.
Il bel corpo di Stefania Rocca, mostratoci dalla regista con un insistito voyeurismo che va ben oltre le necessità drammatiche, è tutto sommato l’unica cosa che vale la pena vedere in questo filmetto pretenzioso e mal riuscito. Ma se il ruolo è comunque servito all’attrice torinese per farsi notare ancor di più dopo il buon successo personale del Nirvana di Salvatores e vincere la Grolla d’Oro come attrice rivelazione dell’anno, c’è da dubitare del fatto che oggi ne vada particolarmente fiera. E’ vero però che per la prima e finora ultima volta in carriera si è trovata a reggere tutto il film sulle proprie spalle. «E sul resto della sua pregevole anatomia», scrisse Morando Morandini.

2009-11-17


Stefania ti amo


Ci parli del ruolo che interpreta nel film…"Nel film sono una non vedente omosessuale, Emilia, una donna incredibile, che perde la vista a 20 anni e prova un amore ossessionante per Sabina (Giovanna Mezzogiorno), l'amica con cui è cresciuta, con la quale studiava fin da bambina. Sabina poi si allontana ed Emilia a quel punto si sente abbandonata. Ma nella sua vita entra Maria, interpretata da Angela Finocchiaro, che ha un carattere duro, diretto, un po' rabbioso. Tra Emilia e Maria si crea come un gioco di specchi: si riflettono l’una nell’altra e così riconoscono i loro difetti".

È stato difficile interpretare il ruolo di una non vedente?

"Perdere lo sguardo al cinema vuol dire rinunciare a uno dei veicoli espressivi principali. Per rendermi conto di come si vive senza la vista e per poter costruire meglio il personaggio ho fatto per tre mesi la volontaria in un centro per non vedenti".

‘La bestia nel cuore’ è un film che fa riflettere su certe sfaccettature dell'amore. Si può amare fino a far del male?

"Sì, si può amare fino a fare male. Credo che la bestia sia dentro ognuno di noi, l'importante è dominarla".

Il microcosmo familiare può rivelarsi, come testimonia la cronaca recente e passata, un ambiente malsano. Come mai, secondo lei, si nascondono perversioni e violenza in quello che dovrebbe essere un nido di affetti?

"Forse per vergogna, a volte non si ha il coraggio di accettare che c'è un problema e si continua a far finta di niente. Bisogna pensare anche che veniamo da un'educazione che ci ha insegnato che i panni sporchi si lavano in famiglia".

Come si è trovata con gli altri attori del cast?

"Benissimo, abbiamo creato un'alchimia e un accordo che ci hanno aiutati durante tutto il film. Il merito di questo va a Cristina (Comencini, la regista, Ndr), che ha saputo scegliere attori che potessero stare bene insieme. Ci ha diretti e ci ha uniti".

Che emozioni le ha trasmesso la regista e autrice del libro da cui è tratto il film?

"Tantissime emozioni, noi attori abbiamo letto il libro, ci siamo scambiati le nostre impressioni. Quando lavoravamo sul set Cristina cercava di non stare troppo sul libro, ma di ricreare un'altra storia. Lei cercava, insieme a noi, un'autenticità nel momento, non voleva ripetersi. Per noi, d'altra parte, che dovevamo costruire i personaggi, il libro è stato un grande aiuto".

Che rapporto ha con la critica?

"Molto positivo, credo che uno sguardo esterno possa aiutare un attore a capire gli errori. Spesso si è troppo emotivamente coinvolti nel film per guardare alla propria interpretazione in maniera lucida".

Conta più la critica o il pubblico?

"Assolutamente il pubblico".

Stefania Rocca è nata a Torino e ha intrapreso fin da giovanissima gli studi di recitazione. A Roma ha frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia, poi si è spostata a New York presso l'Actor's Studio per una serie di corsi. Tra le sue interpretazioni più note, Nirvana (1996) di Gabriele Salvatores; Viol@ (1998) di Donatella Maiorca, presentato a Venezia; Il talento di Mr.Ripley (1999) di Anthony Minghella; Casomai (2001) di Alessandro D'Alatri.

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