23.5.12

la casa dalle finestre che ridono




La casa dalle finestre che ridono è un film del 1976 diretto da Pupi Avati.

La sceneggiatura fu scritta dal regista con il fratello Antonio (anche produttore), Gianni Cavina e Maurizio Costanzo. I personaggi principali sono interpretati da Lino Capolicchio, Francesca Marciano e lo stesso Cavina.

È la prima mystery story diretta da Avati, che segnala il passaggio dalla commedia all'horror: seguiranno Zeder nel 1983 e L'arcano incantatore nel 1996.

Nel 1979 ha vinto il premio della Critica al Festival du Film Fantastique di Parigi e dopo alcuni anni divenne un cult.

Stefano, un giovane restauratore, è incaricato di riportare alla luce l'affresco di una chiesa. Il quadro raffigura il martirio di San Sebastiano ed è opera di tale Buono Legnani, un folle pittore naïf, morto suicida quarant'anni prima. Appena arrivato, Stefano fa conoscenza con Solmi, il subdolo sindaco del paese, e con il parroco della chiesa, e incontra il suo amico Antonio; durante il pranzo in una trattoria egli racconta a Stefano di aver fatto una sconvolgente scoperta. Il giorno dopo gli racconta qualcosa riguardo ad una misteriosa "casa dalle finestre che ridono".

Arrivata la sera, Stefano si trova a pranzare in una trattoria, dove incontra l'unico personaggio apparentemente disposto a rompere la morbosa tranquillità della cittadina: Coppola, il tassista del posto, un alcolizzato iracondo e violento, che durante le sue escandescenze aveva aggredito i maggiorenti del luogo, per poi minacciarli di "dire tutto". Poche ore dopo, Stefano viene chiamato da Antonio, che dice di aver "scoperto tutto". Arrivato, Stefano, vede precipitare Antonio dalla finestra del suo appartamento, morendo, e l'accaduto viene liquidato dal sindaco Solmi come un suicidio.

L'unico che non crede a questa ipotesi è Stefano, che ha visto una figura misteriosa allontanarsi dalla finestra di Antonio dopo la sua caduta. Stefano riceve poi una minacciosa telefonata che gli intima di andarsene dal paese; a metà tra lo spaventato e l'incuriosito, il ragazzo indaga scoprendo alcuni fatti agghiaccianti del passato del pittore, che aveva instaurato un rapporto incestuoso con le sue due sorelle, mentre in paese tutti sembrano voler allontanare il giovane "intruso", come se temessero quel che potrebbe scoprire.

A tal fine la proprietaria della pensione lo informa che la sua stanza deve essere liberata a causa dell'arrivo di una comitiva di stranieri venuti "per la cura giù alle terme", ma Stefano scopre dalla cameriera che quello è un semplice pretesto. Lidio, un giovane con la mente di bambino che serve come chierichetto e viene usato come factotum dagli abitanti del circondario, si offre di trovare a Stefano una sistemazione e lo accompagna in una villa patrizia semidiroccata, perduta nella campagna. Qui abita una vecchia paralitica, Laura, che apparentemente dipende da Lidio per la sua sopravvivenza e una seconda figura a cui il giovane (di nascosto dagli occhi del restauratore) consegna una tanica di fluido.

Nella polverosa magione Stefano trova un vecchissimo registratore a filo d'acciaio, sul quale sono incisi i deliri del pittore Legnani. Sospettando che qualcuno lo abbia lasciato lì apposta per farglielo trovare va in cerca dell'insegnante del paese ma trova solo la sua sostituta, Francesca, con la quale presto inizia una relazione.

Stefano è ormai a un punto morto, ma si ricorda di Coppola, l'ubriacone, che insinuava di saper tutto. Il restauratore ha buon gioco a convincerlo a confidarsi, comprando per lui del vino (i negozianti ed esercenti del paese hanno infatti il divieto di vendergliene, forse per evitare di stimolarne la loquacità) ma ne ottiene solo un monologo confuso durante il quale l'uomo inveisce ripetutamente contro le sorelle di Legnani.

Il restauro è ormai completo e Stefano va a raccogliere gli oggetti lasciati all'albergo dal suo amico Antonio, ma trova nascosto un ingiallito faldone contenente gli appunti di qualcuno che, in passato, ha condotto una sistematica indagine sul pittore Legnani e sui misteri del circondario; istigato da criptici riferimenti a "riti" praticati dai fratelli Legnani durante la giovinezza trascorsa in Brasile e da una foto del 1925 che dovrebbe ritrarre le due sorelle dell'artista a Rio de Janeiro, egli corre alla chiesa e nota la loro assoluta somiglianza con le due figure di 'erinni' che torturano il martire nell'affresco.

Proseguendo nell'indagine, Stefano scopre che Legnani intratteneva un rapporto incestuoso con le sorelle e, portato da esse alla follia, si era suicidato dandosi fuoco, ma il suo corpo non venne mai ritrovato. Tornato alla chiesa, scopre con orrore che l'affresco è stato sfigurato con dell'acido e delle due figure femminili non rimane più nulla. Cedendo ai desideri di Francesca, decide di lasciare per sempre l'inquietante borgo il mattino seguente.

Un nuovo incontro con Coppola si dimostra questa volta foriero di rivelazioni: l'alcolizzato, astioso nei confronti dei signori del paese che gli hanno ritirato la licenza del tassì, porta Stefano presso un casale abbandonato in campagna, in cui un tempo abitavano i Legnani, le cui finestre sono decorate con grottesche labbra sorridenti dipinte dall'artista e, scavando nel cortile, mostra al giovane una gran quantità di resti umani, confessando, in preda al delirio, che a causa di "quelle iene", anche lui stava per finire lì sotto, ma riuscì a fuggire e salvarsi.

Lidio intanto, introdottosi nella villa, cerca di violentare Francesca mentre qualcuno li spia da dietro una porta socchiusa. Stefano decide di andare subito a prendere Francesca, ma il suo indugiare le è stato fatale, la trova nella soffitta della villa legata e pugnalata nella stessa posizione mortale che raffigura l'affresco, inoltre non trova più nella sua stanza la vecchia paralitica e anche Coppola (che lo attendeva in giardino su di un sidecar) è scomparso.

Stefano avverte i carabinieri, ma quando tornano nella soffitta il cadavere è scomparso e persino l'ossario presso il casale è stato rimosso. Il cadavere di Coppola viene trovato annegato presso la chiusa, ma il maresciallo dei carabinieri rimane incuriosito dalle vecchie ferite che nota sul suo corpo e non crede alla frettolosa giustificazione trovata dai paesani, che le descrivono come risultate da un vecchio mitragliamento.

Stefano viene invitato a dormire in paese e partire la mattina dopo ma durante la notte riceve una telefonata: è la voce rotta di Francesca che lo implora di tornare alla villa per salvarla. Accecato dalle emozioni e dimenticando che alla villa era presente un registratore magnetico (e che quindi la voce della fanciulla era stata certamente registrata prima della sua morte) Stefano si precipita, corre in soffitta e vede con orrore le sorelle Legnani di spalle vestite di bianco mentre pugnalano ripetutamente il giovane Lidio, in una macabra messa in scena che ricorda l'affresco della chiesa.

Una delle due assassine si volta verso il pittore rivelandosi: è l'anziana allettata che quindi fingeva soltanto di essere paralizzata!

Istericamente eccitata dal sangue, la donna rivela a Stefano come esse fossero solite torturare e uccidere davanti al fratello, che dall'agonia delle vittime traeva "ispirazione" e, aprendo un vecchio armadio, rivela una enorme tanica di formalina, dove le due folli hanno conservato i suoi resti a cui continuano a "dedicare" i loro omicidi. Oramai tutto viene a galla: Lidio aiutava le due diaboliche sorelle negli omicidi, eliminando tutti i testimoni scomodi (Antonio e Coppola). Ora queste, non avendo più bisogno di lui, l'hanno ucciso. Improvvisamente la seconda sorella pugnala Stefano a tradimento senza che egli riesca a vederla in volto; questi, pur ferito gravemente, riesce a scappare, facendo perdere le sue tracce nell'intrico del giardino prima di cadere svenuto. La mattina dopo egli, anche se intontito dall'emorragia e sconvolto dall'orrore, riesce comunque a raggiungere la moto di Coppola e tornare in paese. Questo pare deserto, gli abitanti rinserrati in casa odono le sue grida e i suoi appelli ma non si azzardano ad aprire gli scuri delle finestre. Solo il sindaco Solmi, alla fine, prende la cornetta e chiama la polizia di Ferrara. Disperato Stefano corre in chiesa e rivela tutto al parroco che, sorridendo affabilmente, inizia i preparativi per la messa. All'improvviso però, la sua voce da maschile si tramuta in femminile lamentandosi che "senza Lidio" dovrà servire messa "da sola". Sbottonandosi la tonaca il "parroco" rivela il grembiule bianco insanguinato della seconda sorella Legnani, da un taglio del quale pende una mammella avvizzita. Sghignazzando malignamente, il/la finto prete si rivolge all'altra sorella che subito sguscia fuori da un paravento anche lei ridendo diabolicamente mentre in sottofondo si odono avvicinarsi le sirene della polizia.

Critica

Il film ebbe una critica generalmente positiva al suo ingresso nelle sale, soprattutto agli occhi del pubblico. Mereghetti scrive: L'idea vincente di Avati (...) è trasformare la bassa padana, assolata, sonnacchiosa e con tanti scheletri nascosti negli armadi, nel teatro ideale per un horror. All'epoca venne notato dalla critica, ma solo in seguito è diventato un cult. Bellissimi il colpo di scena conclusivo (...) e il finale sospeso

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