« Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi » | |
(Motivazione del Premio Nobel) |
I primi anni
Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in provincia di Ragusa,il 20 agosto del 1901 da Gaetano Quasimodo e Clotilde Ragusa. In seguito all'inondazione di Modica del 25-26 settembre 1902, partì per Roccalumera dal nonno Vincenzo, il quale condusse al sicuro nella casa familiare roccalumerese,la madre Clotilde,il poeta e gli altri fratelli di poco più grandi. Il padre Gaetano dopo due mesi dalla nascita di Salvatore era stato trasferito in un'altra stazione. Salvatore già da bambino fu costretto a spostarsi frequentemente con la propria famiglia al seguito del padre nelle varie stazioni ferroviarie siciliane dove egli era inviato a prestare servizio. Il padre andò in pensione nel 1907 e dopo una breve permanenza a Firenze,durante la quale perse la moglie,si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera,dove visse con due sorelle che non si erano sposate. Salvatore, seguendo il padre di stazione in stazione, frequentò le prime classi a Gela e poi negli altri luoghi. Subito dopo il terremoto di Messina del 1908 andò a vivere lì, dove il padre era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione. Si trasferì in seguito in un'abitazione sita in via Crocerossa, dove trascorse gli anni delle scuole tecniche, frequentate presso l’Istituto "Jaci" dove conseguì il diploma di geometra. Trascorreva le estati ed il tempo libero a Roccalumera.
Gli studi
A Messina frequentò l'istituto tecnico "Jaci" che dava la possibilità di accedere alle facoltà di Ingegneria e Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, e nel 1919 conseguì il diploma. Durante la permanenza in questa città conobbe il noto giurista Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira, futuro sindaco di Firenze, con i quali strinse amicizia.
Nel 1917 fondò il "Nuovo giornale letterario", un mensile che ebbe breve vita e sul quale pubblicò le sue prime poesie. Nel 1919 si trasferì a Roma dove pensava di terminare gli studi di ingegneria ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli per impiegarsi come disegnatore tecnico presso un'impresa edile, e in seguito presso un grande magazzino a Bergamo, città dei Mille. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Rampolla del Tindaro dedicandosi ai classici, destinati anch'essi a divenire per lui fonte di ispirazione.
A Reggio Calabria
Nel 1930, assunto come "geometra straordinario" dal Ministero dei Lavori Pubblici, venne assegnato al Genio Civile di Reggio Calabria. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere.
Così maturò e affinò il suo gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre, che pubblicò quello stesso anno per le edizioni di Solaria. Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti.
A Imperia e a Genova
Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia e in seguito presso quello di Genova.
In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1930 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all'ermetismo.
A Milano
Ottenuto il trasferimento a Milano nel 1934, venne però destinato da un capo-ufficio alla sede di Sondrio. Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura, iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in una impresa di editoria e soprattutto si dedicò alla collaborazione con Letteratura, una rivista vicina all'Ermetismo.
Nel 1938 pubblicò a Milano una raccolta antologica intitolata Poesie, e nel 1939 iniziò la traduzione dei lirici greci. Nel 1941 venne nominato professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che mantenne fino alla fine del 1968.
Nel 1942 entrerà nella collezione Lo specchio della Arnoldo Mondadori Editore l'opera Ed è subito sera, che inglobava anche le Nuove poesie scritte tra il 1936 e il 1942.
Pur professando chiare idee antifasciste, non partecipò attivamente alla Resistenza; in quegli anni si diede alla traduzione del Vangelo secondo Giovanni, di alcuni Canti di Catullo e di episodi dell'Odissea che verranno pubblicati solamente dopo la Liberazione.
Nel 1945 si iscrisse al Partito comunista e l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo Con il piede straniero sopra il cuore — ristampata nel 1947 con il nuovo titolo Giorno dopo giorno —, testimonianza dell'impegno morale e sociale dell'autore che continuerà, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte, composte fra il 1949 e il 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile, che si pongono, con il loro tono epico, come esempio di limpida poesia civile.
Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi con passione all’opera di traduttore sia di autori classici che moderni, e svolse una continua attività giornalistica per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale.
Nel 1950 il poeta ottenne il Premio San Babila, nel 1953 il premio Etna-Taormina, nel 1958 il premio Viareggio e nel 1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura, che gli fece raggiungere una definitiva fama e a cui seguirono le lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel 1967.
Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in America per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che nel frattempo erano state tradotte in diverse lingue.
Del 1966 è la pubblicazione di Dare e avere, sua ultima opera.
Nel giugno del 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, venne colpito da un ictus (aveva avuto già un infarto mentre visitava la Russia), che lo condusse alla morte dopo pochi giorni all'ospedale di Napoli. Il suo corpo fu trasportato a Milano e seppellito nel Cimitero Monumentale.
Rapporti con il fascismo
«Ha collaborato per vent'anni alle riviste fasciste di più stretta osservanza, alle quali nessun poeta collaborava […] Scriveva poesie sulla Resistenza perch´era di moda» (lettera del 4 novembre 1959 all'amico Jean Lescure in Giuseppe Ungaretti, - Jean Lescure. Carteggio (1951-1966)' Olschki editore Firenze 2010);
Nel 1940, a guerra iniziata e patto d’acciaio consolidato, collaborò con la rivista “Primato fascista” del ministro fascista Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980); Sostenne l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicembre 1939 (Giuseppe Iannaccone, Il fascismo sintetico: letteratura e ideologia negli anni trenta, Greco & greco editori Milano 1999);
Implorò il duce del fascismo perché gli venisse assegnato un contributo per potere proseguire l’attività di scrittore. (Michele Ainis, Mario Fiorillo, L’ordinamento della cultura. Manuale di legislazione dei beni culturali, Giuffrè editore, Milano 2008)
Il poeta e lo scrittore
« Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. » | |
(Salvatore Quasimodo, da Uomo del mio tempo) |
La prima raccolta di Quasimodo, Acque e terre (1930), è incentrata sul tema della sua terra natale, la Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l'isola diviene l'emblema di una felicità perduta cui si contrappone l’asprezza della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere (così in una delle liriche più celebri del libro, Vento a Tindari). Dalla rievocazione del tempo passato emerge spesso un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella poesia Antico inverno. Se in questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili (soprattutto D'Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all’identificazione con la natura), in Oboe sommerso (1932) ed Erato e Apollion (1936) il poeta raggiunge la piena e personale maturità espressiva.
La ricerca della pace interiore è affidata ad un rapporto col divino che è, e resterà successivamente, tormentato, mentre la Sicilia si configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non a caso Quasimodo pubblicherà, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci. In particolare, nel libro del 1936 vengono celebrati Apollo - il dio del sole ma anche il dio cui sono legate le Muse, e quindi la stessa creazione poetica che è resa dolorosa dalla distanza fisica dell’isola - ed Ulisse, l’esule per eccellenza. È in queste raccolte che si può cogliere appieno la suggestione dell’ermetismo, di un linguaggio che ricorre spesso all’analogia e tende ad abolire i nessi logici tra le parole: importante è in questo senso l’uso frequente dell’articolo indeterminativo e degli spazi bianchi, che, all’interno della lirica, sembrano rimandare continuamente a una serie di significati nascosti che non possono trovare una piena espressione.
Nelle Nuove poesie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936), il ritmo diventa più disteso grazie anche all’uso più frequente dell’endecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta un'inquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale. In alcune liriche compare infatti il paesaggio lombardo, esemplificato dalla «dolce collina d’Ardenno» che porta all'orecchio del poeta «un fremere di passi umani» (La dolce collina). Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto ad un linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in Giorno dopo giorno (1947) dove le vicende belliche costituiscono il tema dominante. La voce del poeta, annichilita di fronte alla barbarie («anche le nostre cetre erano appese», afferma in Alle fronde dei salici), non può che contemplare la miseria della città bombardata, o soffermarsi sul dolore dei soldati impegnati al fronte, mentre affiorano alla memoria delicate figure femminili, simboli di un'armonia ormai perduta (S'ode ancora il mare). L'unica speranza di riscatto è allora costituita dalla pietà umana (Forse il cuore). In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di sofferenza, dove il sangue continua a macchiare le strade (Lamento per il Sud); il rapporto con Dio si configura come un dialogo serrato sul tema del dolore e della solitudine umana. Il poeta sente l'esigenza di confrontarsi con i propri affetti, con la madre che ha lasciato quand’era ancora un ragazzo (e che continua a vivere la sua vita semplice ed ignara dell'angoscia del figlio ormai adulto), o col ricordo della prima moglie Bice Donetti. Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di un’estrema incertezza esistenziale, un’intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma nel volume trova posto anche una sofferta meditazione sui campi di concentramento che esprime «un no alla morte, morta ad Auschwitz» (Auschwitz).
La terra impareggiabile (1958) mostra un linguaggio più vicino alla cronaca, legato alla rappresentazione della Milano simbolo di quella «civiltà dell'atomo» che porta ad una condizione di devastante solitudine e conferma nel poeta la voglia di dialogare con gli altri uomini, fratelli di dolore. L'isola natìa è luogo mitizzato, «terra impareggiabile» appunto, ma è anche memoria di eventi tragici come il terremoto di Messina del 1908 (Al padre).
L'ultima raccolta di Quasimodo, Dare e avere, risale al 1966 e costituisce una sorta di bilancio della propria esperienza poetica ed umana: accanto ad impressioni di viaggio e riflessioni esistenziali molti testi affrontano, in modo più o meno esplicito, il tema della morte, con accenti di notevole intensità lirica.
Opere
- Acque e terre, Edizioni di "Solaria", Firenze 1930
- Oboe sommerso, Edizioni di "Circoli", Genova 1932
- Erato e Apòllìon, pref. di S.Solmi, Scheiwiller, Milano 1938
- Poesie, Edizioni "Primi Piani", Milano 1938
- Lirici Greci, pref. di L. Anceschi, Edizioni di Corrente, Milano 1940
- Ed è subito sera, Arnoldo Mondadori Editore, "Lo Specchio", Milano 1942
- Giorno dopo giorno, Mondadori, Milano 1947
- Alle fronde dei salici
- Lettera
- 19 gennaio 1944
- Neve
- Specchio
- Giorno dopo giorno
- Forse il cuore
- La notte d’inverno
- Milano, agosto 1943
- La muraglia
- Uomo del mio tempo
- O miei dolci animali
- A me pellegrino
- Presso l'Adda
- S’ode ancora il mare
- Elegia
- Il traghetto
- Il tuo piede silenzioso
- La vita non è sogno, Mondadori, Milano 1949
- Il falso e vero verde, Schwarz, Milano 1954
- Il fiore delle "Georgiche", Mondadori 1957
- La terra impareggiabile, 1958
- Il poeta e il politico e altri saggi, Schwarz, Milano 1960
- Dare e avere, Schwarz, Milano 1966
- Leonida di Taranto, Edizioni Apollinaire, Milano 1967 (edizione speciale in collaborazione a cura di) Guido Le Noci
- Leonida di Taranto in edizione normale in collaborazione, Rita Bartolini, Manduria (Taranto) 1967
Parco Letterario di Roccalumera
A Roccalumera, la sua cittadina, al Poeta viene dedicato un parco letterario, al quale collabora stabilmente Alessandro Quasimodo, attore e regista, figlio del Poeta. A Roccalumera i Quasimodo, sono nati e sono sepolti, con eccezione del Poeta, che giace, nel Famedio, cuore del Cimitero Monumentale di Milano, accanto ad Alessandro Manzoni, ed altre grandi personalità culturali.
Il Parco Letterario, che ha visto quali fondatori gli avvocati Carlo e Sergio Mastroeni. In tale contesto gli organizzatori sono stati invitati a portare la loro testimonianza in vari convegni, e nell'azione comunitaria Socrates, Progetto Virtual Museum al quale hanno partecipato le Università di Riga, Malta, Copenaghen oltre prestigiose istituzioni Italiane ed Europee, che, per diverse settimane, soggiornando a Roccalumera hanno approfondito lo studio della tecnica museale del Parco roccalumerese.
Il Parco Letterario di Roccalumera è gestito dal Club Amici di Salvatore Quasimodo, organizzazione sorta per diffondere l'opera e la figura del Poeta, che ha la sua sede generale a Roccalumera, presso la Torre Saracena, con sedi istituite a Modica, a Patti-Tindari, Messina, Siracusa, Firenze e Milano. Inoltre, è stata costituita la sezione internazionale del Club, che ha la sede presso il prestigioso Istituto Italiano di Cultura di Vienna. È presieduta da Alessandro Quasimodo, con vice presidenti, Dante Arnaldo Marianacci, poeta e scrittore insignito del titolo di Amico Onorario di Salvatore Quasimodo, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Vienna, e Joseph Farrell, docente all'Università di Glasgow. Il Direttivo della Sezione Internazionale, oltre che dal Presidente Alessandro Quasimodo e dai vice presidenti, Arnaldo Dante Marianacci, quale primo vice presidente, e Joseph Farrell, quale secondo vice Presidente, è costituito da di diritto Sergio Mastroeni, quale Presidente del Consorzio per la promozione della Terra Impareggiabile di Quasimodo, che ha sede in Roccalumera; ed ancora Franco Cajani, László Cserép e Béla Szomaraky. Tra gli obiettivi, anche quello di promuovere il gemellaggio di Balatonfüred e Roccalumera in nome di Salvatore Quasimodo, la fondazione di un Premio Letterario in Italia e una scuola di lingua italiana.
A Messina, presso la Provincia Regionale, esiste una galleria culturale dedicata al poeta dove è presente una serie di immagini sia del Poeta che della famiglia e la medaglia del Nobel in oro.
Curiosità
- A Quasimodo, il poeta leccese Carlo Infante, ha dedicato nel 2011 l'Ode a Salvatore Quasimodo, pubblicata nella settima edizione dell'antologia poetica nazionale La Poesia nel Cassetto, Pubbligrafica Romana, Roma, 2011
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