28.5.12

delicata




limerick



Il limerick è un breve componimento in poesia, tipico della lingua inglese, dalle ferree regole (nonostante le infinite eccezioni), di contenuto nonsense, umoristico o scapigliato, che ha generalmente il proposito di far ridere o quantomeno sorridere.

Quella che segue è una traduzione in italiano dall'originale inglese di autore anonimo:

Il limerick comprime l'anatomico
con riso in spazio economico
ma i migliori concepiti
raramente son puliti
e il pulito è raramente comico

Un limerick è sempre composto di 5 versi, di cui i primi due e l'ultimo, rimati tra loro, contengono tre piedi e dunque tre accenti ("stress"), il terzo e il quarto, a loro volta rimati tra loro, ne contengono solo due. Le rime seguono dunque lo schema AABBA.
Nel limerick più comune il primo verso deve sempre contenere il protagonista, un aggettivo per lui qualificante e il luogo geografico dove si svolge l'azione, mentre i restanti versi sintetizzeranno l'aneddoto e nell'ultimo verso (solitamente) viene richiamato il protagonista, magari definendolo meglio.

Origini

Le origini del limerick sono assolutamente ignote e per quanto vi siano numerose ipotesi nessuna ricerca ha mai scavato nelle radici di questo licenzioso componimento.
È ritenuta certa la produzione di versi nonsense anche nell'antichità, con esempi più recenti in Shakespeare ed altri.

Secondo l'Oxford English Dictionary (già nel 1898) il limerick proviene dalla tradizione di riferire versi nonsense ai matrimoni, versi che sovente terminavano con la frase "will you come up to Limerick?" ("verrai a Limerick?"), dove la Limerick in questione è una città irlandese con l'omonima contea.

Questa spiegazione è tuttavia considerata confusa e poco attendibile, mentre le altre numerose ipotesi discordanti non aiutano. Più semplicemente si può dire che il limerick era conosciuto con il suo nome già a fine ottocento.
Un grande scrittore di limericks, da taluni consideratone l'inventore, è Edward Lear, autore di diversi nonsense nella seconda metà dell'Ottocento.

27.5.12

Viola di mare






Viola di mare è un film del 2009 diretto da Donatella Maiorca, basato sul romanzo di Giacomo Pilati Minchia di Re.
Produzione

Prodotto dalla Italian Dreams Factory, con il supporto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Siciliana. Il film, girato tra Trapani e Favignana, è stato presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2009 e distribuito nella sale cinematografiche il 16 ottobre 2009.

Il titolo del film fa riferimento al nome siciliano della donzella di mare, un pesce proteroginico che nasce femmina e crescendo diventa maschio.
"La Viola è un pesce e lo ha voluto Dio. Quando è maschio si chiama Minchia di Re. Per amore diventa femmina e ha i colori del fiore. Torna di nuovo maschio dopo che l’acqua si è presa le sue uova". Il film, ha vinto due premi al New Italian Film Festival 2009, per la miglior pellicola e per la miglior attrice, Valeria Solarino, che di "Viola di mare" è protagonista nel ruolo di Angela. Il Nice Film Festival, giunto alla diciannovesima edizione, diretto da Viviana del Bianco, rappresenta la più importante rassegna del cinema italiano in America, con le sue proiezioni a New York, Seattle e San Francisco.

Trama

Il film racconta la storia d'amore tra Angela e Sara, interpretate da Valeria Solarino e Isabella Ragonese, nella Sicilia dell'Ottocento. Per sopravvivere allo scandalo, Angela arriverà a fingersi un ragazzo, portando i capelli corti e occultando la propria femminilità, come sfida alle mentalità del luogo.

23.5.12

la casa dalle finestre che ridono




La casa dalle finestre che ridono è un film del 1976 diretto da Pupi Avati.

La sceneggiatura fu scritta dal regista con il fratello Antonio (anche produttore), Gianni Cavina e Maurizio Costanzo. I personaggi principali sono interpretati da Lino Capolicchio, Francesca Marciano e lo stesso Cavina.

È la prima mystery story diretta da Avati, che segnala il passaggio dalla commedia all'horror: seguiranno Zeder nel 1983 e L'arcano incantatore nel 1996.

Nel 1979 ha vinto il premio della Critica al Festival du Film Fantastique di Parigi e dopo alcuni anni divenne un cult.

Stefano, un giovane restauratore, è incaricato di riportare alla luce l'affresco di una chiesa. Il quadro raffigura il martirio di San Sebastiano ed è opera di tale Buono Legnani, un folle pittore naïf, morto suicida quarant'anni prima. Appena arrivato, Stefano fa conoscenza con Solmi, il subdolo sindaco del paese, e con il parroco della chiesa, e incontra il suo amico Antonio; durante il pranzo in una trattoria egli racconta a Stefano di aver fatto una sconvolgente scoperta. Il giorno dopo gli racconta qualcosa riguardo ad una misteriosa "casa dalle finestre che ridono".

Arrivata la sera, Stefano si trova a pranzare in una trattoria, dove incontra l'unico personaggio apparentemente disposto a rompere la morbosa tranquillità della cittadina: Coppola, il tassista del posto, un alcolizzato iracondo e violento, che durante le sue escandescenze aveva aggredito i maggiorenti del luogo, per poi minacciarli di "dire tutto". Poche ore dopo, Stefano viene chiamato da Antonio, che dice di aver "scoperto tutto". Arrivato, Stefano, vede precipitare Antonio dalla finestra del suo appartamento, morendo, e l'accaduto viene liquidato dal sindaco Solmi come un suicidio.

L'unico che non crede a questa ipotesi è Stefano, che ha visto una figura misteriosa allontanarsi dalla finestra di Antonio dopo la sua caduta. Stefano riceve poi una minacciosa telefonata che gli intima di andarsene dal paese; a metà tra lo spaventato e l'incuriosito, il ragazzo indaga scoprendo alcuni fatti agghiaccianti del passato del pittore, che aveva instaurato un rapporto incestuoso con le sue due sorelle, mentre in paese tutti sembrano voler allontanare il giovane "intruso", come se temessero quel che potrebbe scoprire.

A tal fine la proprietaria della pensione lo informa che la sua stanza deve essere liberata a causa dell'arrivo di una comitiva di stranieri venuti "per la cura giù alle terme", ma Stefano scopre dalla cameriera che quello è un semplice pretesto. Lidio, un giovane con la mente di bambino che serve come chierichetto e viene usato come factotum dagli abitanti del circondario, si offre di trovare a Stefano una sistemazione e lo accompagna in una villa patrizia semidiroccata, perduta nella campagna. Qui abita una vecchia paralitica, Laura, che apparentemente dipende da Lidio per la sua sopravvivenza e una seconda figura a cui il giovane (di nascosto dagli occhi del restauratore) consegna una tanica di fluido.

Nella polverosa magione Stefano trova un vecchissimo registratore a filo d'acciaio, sul quale sono incisi i deliri del pittore Legnani. Sospettando che qualcuno lo abbia lasciato lì apposta per farglielo trovare va in cerca dell'insegnante del paese ma trova solo la sua sostituta, Francesca, con la quale presto inizia una relazione.

Stefano è ormai a un punto morto, ma si ricorda di Coppola, l'ubriacone, che insinuava di saper tutto. Il restauratore ha buon gioco a convincerlo a confidarsi, comprando per lui del vino (i negozianti ed esercenti del paese hanno infatti il divieto di vendergliene, forse per evitare di stimolarne la loquacità) ma ne ottiene solo un monologo confuso durante il quale l'uomo inveisce ripetutamente contro le sorelle di Legnani.

Il restauro è ormai completo e Stefano va a raccogliere gli oggetti lasciati all'albergo dal suo amico Antonio, ma trova nascosto un ingiallito faldone contenente gli appunti di qualcuno che, in passato, ha condotto una sistematica indagine sul pittore Legnani e sui misteri del circondario; istigato da criptici riferimenti a "riti" praticati dai fratelli Legnani durante la giovinezza trascorsa in Brasile e da una foto del 1925 che dovrebbe ritrarre le due sorelle dell'artista a Rio de Janeiro, egli corre alla chiesa e nota la loro assoluta somiglianza con le due figure di 'erinni' che torturano il martire nell'affresco.

Proseguendo nell'indagine, Stefano scopre che Legnani intratteneva un rapporto incestuoso con le sorelle e, portato da esse alla follia, si era suicidato dandosi fuoco, ma il suo corpo non venne mai ritrovato. Tornato alla chiesa, scopre con orrore che l'affresco è stato sfigurato con dell'acido e delle due figure femminili non rimane più nulla. Cedendo ai desideri di Francesca, decide di lasciare per sempre l'inquietante borgo il mattino seguente.

Un nuovo incontro con Coppola si dimostra questa volta foriero di rivelazioni: l'alcolizzato, astioso nei confronti dei signori del paese che gli hanno ritirato la licenza del tassì, porta Stefano presso un casale abbandonato in campagna, in cui un tempo abitavano i Legnani, le cui finestre sono decorate con grottesche labbra sorridenti dipinte dall'artista e, scavando nel cortile, mostra al giovane una gran quantità di resti umani, confessando, in preda al delirio, che a causa di "quelle iene", anche lui stava per finire lì sotto, ma riuscì a fuggire e salvarsi.

Lidio intanto, introdottosi nella villa, cerca di violentare Francesca mentre qualcuno li spia da dietro una porta socchiusa. Stefano decide di andare subito a prendere Francesca, ma il suo indugiare le è stato fatale, la trova nella soffitta della villa legata e pugnalata nella stessa posizione mortale che raffigura l'affresco, inoltre non trova più nella sua stanza la vecchia paralitica e anche Coppola (che lo attendeva in giardino su di un sidecar) è scomparso.

Stefano avverte i carabinieri, ma quando tornano nella soffitta il cadavere è scomparso e persino l'ossario presso il casale è stato rimosso. Il cadavere di Coppola viene trovato annegato presso la chiusa, ma il maresciallo dei carabinieri rimane incuriosito dalle vecchie ferite che nota sul suo corpo e non crede alla frettolosa giustificazione trovata dai paesani, che le descrivono come risultate da un vecchio mitragliamento.

Stefano viene invitato a dormire in paese e partire la mattina dopo ma durante la notte riceve una telefonata: è la voce rotta di Francesca che lo implora di tornare alla villa per salvarla. Accecato dalle emozioni e dimenticando che alla villa era presente un registratore magnetico (e che quindi la voce della fanciulla era stata certamente registrata prima della sua morte) Stefano si precipita, corre in soffitta e vede con orrore le sorelle Legnani di spalle vestite di bianco mentre pugnalano ripetutamente il giovane Lidio, in una macabra messa in scena che ricorda l'affresco della chiesa.

Una delle due assassine si volta verso il pittore rivelandosi: è l'anziana allettata che quindi fingeva soltanto di essere paralizzata!

Istericamente eccitata dal sangue, la donna rivela a Stefano come esse fossero solite torturare e uccidere davanti al fratello, che dall'agonia delle vittime traeva "ispirazione" e, aprendo un vecchio armadio, rivela una enorme tanica di formalina, dove le due folli hanno conservato i suoi resti a cui continuano a "dedicare" i loro omicidi. Oramai tutto viene a galla: Lidio aiutava le due diaboliche sorelle negli omicidi, eliminando tutti i testimoni scomodi (Antonio e Coppola). Ora queste, non avendo più bisogno di lui, l'hanno ucciso. Improvvisamente la seconda sorella pugnala Stefano a tradimento senza che egli riesca a vederla in volto; questi, pur ferito gravemente, riesce a scappare, facendo perdere le sue tracce nell'intrico del giardino prima di cadere svenuto. La mattina dopo egli, anche se intontito dall'emorragia e sconvolto dall'orrore, riesce comunque a raggiungere la moto di Coppola e tornare in paese. Questo pare deserto, gli abitanti rinserrati in casa odono le sue grida e i suoi appelli ma non si azzardano ad aprire gli scuri delle finestre. Solo il sindaco Solmi, alla fine, prende la cornetta e chiama la polizia di Ferrara. Disperato Stefano corre in chiesa e rivela tutto al parroco che, sorridendo affabilmente, inizia i preparativi per la messa. All'improvviso però, la sua voce da maschile si tramuta in femminile lamentandosi che "senza Lidio" dovrà servire messa "da sola". Sbottonandosi la tonaca il "parroco" rivela il grembiule bianco insanguinato della seconda sorella Legnani, da un taglio del quale pende una mammella avvizzita. Sghignazzando malignamente, il/la finto prete si rivolge all'altra sorella che subito sguscia fuori da un paravento anche lei ridendo diabolicamente mentre in sottofondo si odono avvicinarsi le sirene della polizia.

Critica

Il film ebbe una critica generalmente positiva al suo ingresso nelle sale, soprattutto agli occhi del pubblico. Mereghetti scrive: L'idea vincente di Avati (...) è trasformare la bassa padana, assolata, sonnacchiosa e con tanti scheletri nascosti negli armadi, nel teatro ideale per un horror. All'epoca venne notato dalla critica, ma solo in seguito è diventato un cult. Bellissimi il colpo di scena conclusivo (...) e il finale sospeso

19.5.12

Elisa



Elisa Toffoli, conosciuta con il nome d'arte di Elisa, è una cantautrice, polistrumentista e produttrice discografica italiana.

Nata a Trieste ma originaria di Monfalcone, Elisa è una delle poche cantautrici italiane a scrivere la quasi totalità dei suoi testi in inglese; ha cantato anche in spagnolo (nei brani Háblame e Sentir Sin Embargo), francese (Pour Que l'Amour Me Quitte) e curdo (il brano Kuminist, Nostalgia), oltre che in italiano (otto brani).

Venne scoperta dal grande pubblico a 19 anni con l'album d'esordio Pipes & Flowers, ma la notorietà giunse grazie alla vittoriosa partecipazione al Festival di Sanremo 2001 con la canzone Luce (tramonti a nord est).

La cantautrice ha venduto circa due milioni e mezzo di dischi, prevalentemente in Italia in 14 anni di carriera.

Discografia





17.5.12

unica donna nella squadra di rugby


ROMA - Chiara è il prototipo della milanese bene. Marito ricco, due figli, bella casa, donna di servizio, autista. Niente colazione o cena da preparare, nessun bambino da accompagnare a scuola, e lo shopping come unico lavoro.

Ma quando il marito muore lasciandola senza un centesimo, e nemmeno un grande amore da ricordare, lei è costretta a convivere con i genitori del marito. E tutto si sgretola. Chiara è sola, senza progetti né aspettative. Finché non ritrova la passione e una ragione di vita nel fratello del marito, amato tanti anni prima... Chiara è l’ultimo personaggio interpretato da Stefania Rocca in Una grande famiglia, la serie di Ivan Cotroneo diretta da Riccardo Milani conclusasi ieri sera su Raiuno e campione d’ascolti della stagione.

«Riccardo Milani è la mia famiglia creativa», racconta Stefania, scrocchiazzeppi ma decolleté morbido e seducente, sguardo febbrile, profondo, spiazzante. Una ragazzina di quarant’anni ossuta e sexy, irrequieta, anticonformista, che non è cambiata nemmeno dopo la maternità, «mi sento più responsabile, ma nel profondo sono la stessa impulsiva di sempre. Mi annoia quello che facevo a diciott’anni, ma credo che diversi nel tempo diventino i ritmi, le cose, non noi». Una torinese ribelle e determinata che da quando è mamma vive a Milano («mi è preso un colpo quando ci ho messo piede, capirai, una città borghese per me che ero una zingara»), che ha conquistato il cinema italiano (Salvatores, Negri, Verdone, Comencini), francese (Aknine, Provost), americano (Minghella, Abel Ferrara, Young) e la tv di qualità (Zaccaro, Diana, Von Trotta, Milani).

Che cosa significa oggi la famiglia?

«E’ il punto di riferimento di sempre, nonostante, o forse proprio a causa della crisi, e la serie di Milani la ha rivalutata. La famiglia è quella cosa che non si cerca quando si ha e viceversa. Io me ne sono costruita una, diversa da quella d’origine nella quale rifiutavo quelle regole che invece sono fondamentali, ma te ne rendi conto sempre dopo».

Come ha vissuto Chiara?

«Come tutti gli altri personaggi. Nel momento in cui li scelgo entro dentro di loro, non li giudico. E mentre li vivo li scopro fino ad avere lo stesso sguardo. Quando ho interpretato la cieca della Bestia nel cuore, ho lavorato giorni e giorni come assistente volontaria in un centro per non vedenti. Mi sono bendata gli occhi, ho mangiato al buio, ho imparato a riconoscere i luoghi dal suono dell’acqua di una fontana, dal traffico, dai silenzi. I primi giorni avevo la nausea, è come fluttuare in una bolla d’aria, poi i sensi si acuiscono e riesci a trovare l’equilibrio. Ma l’impatto è stato forte anche con Mafalda di Savoia, in un campo di concentramento che faceva stare male anche da lontano, con i topi che mi passeggiavano addosso, mi uscivano dalle tasche. Quando esco da ruoli di questo genere, mi ci vuole tempo per riprendermi, in fondo ogni volta è come tornare da un viaggio estenuante».

Si ritiene ancora un’incosciente?

«Continuo a buttarmi. Se sto più un secondo sul bordo di una piscina, non resisto, mi tuffo. Non aspetto che accada qualcosa, la provoco. E’ come se camminassi su un filo, ho paura di cadere, ma mi piace il rischio, l’adrenalina. Succede anche nel mio lavoro».

Ossia?

«Quando mi presento al provino per Nirvana, Salvatores mi assegna un personaggio che non riesco a percepire. Lui capisce che qualcosa non va, mi chiede che cosa sia, io rispondo: non lo so fare. Gli dico anche quanto invece sento un altro ruolo, quello di Amina. Penso: ora mi manda a quel paese, invece mi dice. va bene, fai Amina. Un’altra volta, reduce da una tournée in cui avevo interpretato Giovanna d’Arco in teatro, con i capelli a zero, mi presento per una parte nel film di Minghella. Lui mi guarda quasi con schifo e grida: voglio un’attrice mediterranea. Io me ne vado, ma dopo qualche giorno, lenti a contatto scure e parrucca nera, torno. Lui non mi riconosce, mi prende e quando capisce chi sono scoppia a ridere divertito».

Com’è lavorare con gli americani?

«Mi sono sempre trovata bene, hanno un grande rispetto per gli attori, specie per quelli italiani. Anche con i francesi mi piace lavorare. Forse mi piace soprattutto il mio mestiere...».

Il prossimo film?

«Lo inizio tra due settimane, si intitola Il terzo tempo, di Enrico Artale, una storia di rugby, tutta al maschile, tranne me».

Cosa pensa di questa Italia?

«Cerco di non drammatizzare, la crisi si sente anche nell’aria, la gente è rabbiosa quando demoralizzata, ma è inutile piangersi addosso, continuare a ripetere che è un disastro. Dobbiamo reagire. Tornare indietro, risalire la china con coraggio. Recuperare la cultura. E la famiglia...».

Micaela Urbano








12.5.12

caldo primaverile




Veronica Pivetti



è un'attrice, doppiatrice e conduttrice televisiva italiana. È la sorella minore della politica Irene Pivetti e figlia dell'attrice e doppiatrice Grazia Gabrielli e del regista Paolo.

È stata sposata dal 1996 al 2000 con l'attore e doppiatore Giorgio Ginex.

Veronica Pivetti debutta come doppiatrice a soli sette anni. Negli anni ottanta lavora come doppiatrice per alcuni dei più popolari cartoni animati del periodo, perlopiù trasmessi all'interno del programma di Italia 1 Bim Bum Bam. Tra questi, presta la voce a Crilin in Dragon Ball e canta la sigla di Danguard. Lavora come doppiatrice anche per alcune serie televisive e soap opera (Sentieri).

Nel 1994 partecipa alla trasmissione televisiva Quelli che... il calcio, accanto a Fabio Fazio. Qui viene notata da Carlo Verdone che le affida il ruolo della remissiva e sottomessa Fosca nel film Viaggi di nozze uscito nei cinema l'anno successivo. In quello stesso periodo la sorella Irene, militante della Lega Nord, è eletta Presidente della Camera.

Gli anni novanta: Sanremo e le fiction

La carriera della Pivetti nel cinema prosegue, nel 1996 con il film Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica di Lina Wertmuller, nel quale interpreta il ruolo di una parrucchiera leghista. Nel 1997 presta la voce a Megara, protagonista del film Hercules della Disney.

Nel 1998 conduce accanto a Raimondo Vianello ed Eva Herzigova il Festival di Sanremo. Nel 1999 è una delle protagoniste della fiction televisiva Commesse, trasmessa su Rai Uno. È una delle serie più seguite dell'anno, tanto che nel 2002 sarà rinnovata per una seconda stagione. Nel 2000, accanto ad un'altra "commessa", Sabrina Ferilli, è una delle protagoniste del film Le giraffe di Claudio Bonivento.

Gli anni duemila

La sua attività artistica s'intensifica all'inizio del nuovo millennio con la partecipazione a diverse miniserie televisive della Rai: Qualcuno da amare nel 2000, L'attentatuni - Il grande attentato nel 2001 e la commedia L'amore non basta del 2005. Tra il 2003 e il 2005, succede a Stefania Sandrelli nel ruolo di compagna di Gigi Proietti nella quarta e nella quinta stagione de Il maresciallo Rocca. L'interpretazione della Pivetti ottiene un positivo riscontro da parte della critica televisiva.

Sempre nel 2005 è la protagonista di Provaci ancora prof, serie televisiva fra il giallo e la commedia dove interpreta un'insegnante di lettere in una scuola superiore romana. La serie ottiene un notevole successo di ascolti, tanto che la Rai la ripropone nel 2007, nel 2008 e nel 2012 con ulteriori tre stagioni. Nel 2002 ha fondato la rivista "Bau Park", a favore degli animali. A partire dal 2003, cura su Radio 2 un progetto per rilanciare gli sceneggiati radiofonici, molto diffusi negli anni cinquanta. Sempre su Radio 2 conduce dal 2005 un programma tutto suo titolato Veronica In, dove commenta i fatti della settimana e i programmi televisivi.

Nel 2010 è protagonista della serie televisiva La ladra ideata da Dido Castelli, già ideatore di Provaci ancora prof, e da Giovanna Gra. Dal 10 giugno 2011 conduce su LA7 il programma televisivo Fratelli e sorelle d'Italia. Nel 2012 subentra a Neri Marcorè nella conduzione del programma di Rai 3 Per un pugno di libri ed è nuovamente protagonista nella quarta stagione di Provaci ancora prof.

8.5.12

torta Sacher




La torta Sacher (ted. Sachertorte) è una torta al cioccolato inventata da Franz Sacher per Klemens von Metternich il 9 luglio 1832 a Vienna, in Austria.
Storia

L'invenzione della Sachertorte risale al periodo della Restaurazione, quando alle dipendenze dell'allora Ministro degli esteri austriaco Klemens von Metternich vi era il giovane pasticciere Franz Sacher.

Il dolce

La torta consiste in due strati di pasta di cioccolato leggera con al centro un sottile strato di confettura di albicocche. Il tutto risulta ricoperto di uno strato di glassa di cioccolato fondente.

La ricetta originale prevedeva 18 albumi e 14 tuorli.

La torta Sacher viene servita a una temperatura di 16-18 gradi, tradizionalmente accompagnata con panna montata non dolce e una tazza di caffè o tè (molti viennesi, infatti, considerano la Sachertorte troppo "secca" per essere mangiata senza).

Ci sono due ricette ufficiali. Perciò per due volte è sorta una causa legale tra i negozi viennesi di paste Sacher e Demel per stabilire a chi dei due è permesso vendere la Sachertorte "originale".

Ancor oggi i segreti della torta Sacher sono gelosamente custoditi dalla pasticceria dell'Hotel Sacher di Vienna, che ne produce artigianalmente oltre 270.000 pezzi all'anno.

La Sachertorte originale è protetta da un marchio di fabbrica e, ad oggi, non esistono al mondo licenze per la rivendita di questo prodotto. Esistono invece centinaia, forse migliaia di imitazioni.

L'unico posto dove si può trovare la torta Sacher originale fuori dall'Austria è nel Sacher Shop di Bolzano.

Cultura

« «Cioè, lei non ha mai assaggiato la Sachertorte?»
«No.»
«Va beh. Continuiamo così. Facciamoci del male!» »
(Nanni Moretti, Bianca)

In Italia la torta Sacher è protagonista della scena del film Bianca di Nanni Moretti; in tale scena il protagonista, interpretato dallo stesso Moretti, si mostra visibilmente sorpreso del fatto che uno dei suoi interlocutori con cui si sta intrattenendo a pranzo non conosca la Sachertorte, sottolineando la gravità, a suo giudizio, di tale mancanza con la frase: «Continuiamo così. Facciamoci del male!». La scena divenne in breve tempo paradigmatica del cinema di Moretti, tanto che questi, quando nel 1987 fondò insieme ad Angelo Barbagallo la propria casa di distribuzione cinematografica, la chiamò Sacher Film, e nel 1989 istituì un riconoscimento per premiare il migliore film dell'anno, il Premio Sacher; infine, più tardi, nel 1991, acquisita la gestione del Nuovo Cinema, una vecchia sala di proiezione dei Monopoli di Stato a Roma nel rione di Trastevere, lo ribattezzò Nuovo Sacher

7.5.12

Chiara Francini



Nata a Firenze ma da sempre residente a Campi Bisenzio, si laurea in Lettere con una tesi in Italianistica e si forma professionalmente al Teatro della Limonaia, di Sesto Fiorentino, diretto da Barbara Nativi. Sotto la sua direzione recita in Noccioline, un testo di Fausto Paravidino.

Per due anni consecutivi è nello spettacolo Faccia da comico al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, con la direzione artistica di Serena Dandini.

Approda in televisione grazie a Marco Giusti, che le offre due ruoli fissi nei suoi programmi BlaBlaBla e Stracult ; vengono poi Radio Sex, di Alessandro Baracco, e Le ragazze di San Frediano, per la regia di Vittorio Sindoni; infine nel 2007 è Marzia Meniconi, una delle protagoniste di Gente di mare 2.

Tra il 2007 e il 2008 è impegnata in quattro film: Leonardo Pieraccioni la vuole nel ruolo di Giustina in Una moglie bellissima, in cui canta personalmente le due canzoni del musical Grease, facenti parte della colonna sonora del film; Francesco Patierno la sceglie per Il mattino ha l'oro in bocca; Spike Lee, dopo averla scelta personalmente, le affida il ruolo di Fabiola, una delle vittime della strage nazista di Sant'Anna di Stazzema nel film Miracolo a Sant'Anna.

Nel 2008 Stefano Tummolini le offre il ruolo di Stella, in Un altro pianeta, pellicola selezionata al Festival di Venezia 2008 nella sezione "Giornate degli autori", vincitrice del Queer Lion 2008.

Nel 2009 partecipa alla miniserie televisiva in 2 puntate dal titolo Le segretarie del sesto, per la regia di Angelo Longoni, in cui interpreta il ruolo di Treccia, e al film per il grande schermo, Feisbum! Il film, episodio Gaymers, diretto da Emanuele Sana, film composto da 8 episodi, ispirato al famoso social network Facebook.

Nel 2010 compare ancora sul piccolo schermo nella serie televisiva Tutti pazzi per amore 2, per la regia di Riccardo Milani, in cui interpreta il personaggio di Bea e successivamente nel noir La donna velata, per la regia di Edoardo Margheriti.

È una delle protagoniste, accanto a Paola Cortellesi, del film per il cinema Maschi contro femmine nel 2010 e di Femmine contro maschi nel 2011, entrambi per la regia di Fausto Brizzi, in cui interpreta Marta, una ragazza omosessuale; partecipa al film C'è chi dice no, per la regia di Giambattista Avellino e all'opera prima Cacao, per la regia di Luca Rea, in cui interpreta Paola uno dei protagonisti del film insieme a Paolo Ruffini.

Vince il Premio "Guglielmo Biraghi" (2011), come Attrice Rivelazione dell'Anno, assegnatole dal sindacato giornalisti cinematografici, nell'ambito del 68º Festival Internazionale del cinema di Venezia.

A partire dal 2011 è nel cast fisso del programma televisivo Colorado.

Nello stesso, al cinema, recita nel film La peggior settimana della mia vita, per la regia di Alessandro Genovesi e in televisione ritorna su Rai Uno, col personaggio di Bea in "Tutti pazzi per amore 3" e nel film televisivo di Sky Cinema, Un Natale per due, dove interpreta anche la Carmen di Bizet.

È stata scelta come Testimonial di Dolce e Gabbana nella Campagna Mondiale Uomo P/E 2012.

2.5.12

Leopoldo Fregoli




« Fregoli!. Come dire Zakatam! O Zip,o Flash...Una parola che evoca un effetto fulminante! ...star mondiale della belle Epoque ma ancor più enfant prodige senza tempo, così mi piace immaginarlo: un bambino che si diverte a trasformarsi, fare scherzi, sparire e apparire come un folletto iperattivo. E come ogni creatura di fantasia continuerà a vivere, perché noi ne abbiamo bisogno... »
( Arturo Brachetti, Fregoli-la biografia, 2011)

è stato un attore, sceneggiatore, trasformista e regista italiano.
È ricordato per la sua abilità nel trasformismo scenico che gli consentiva di cambiare in pochi secondi la caratterizzazione del personaggio che andava a interpretare.
Considerato il trasformista per antonomasia, per lui è stato coniato il neologismo fregolismo, talvolta utilizzato per indicare un altro genere di trasformismo, il trasformismo politico.

La sindrome di Fregoli è il termine talvolta attribuito ad un disturbo mentale assimilabile alla cosiddetta sindrome di Capgras (o illusione del sosia) che induce a riconoscere in persone estranee volti familiari.

Figlio di una famiglia di modeste ma dignitose condizioni (il padre era maggiordomo del Conte Luigi Pianciani, primo sindaco di Roma), orfano di madre dall'età di cinque anni, fin dall'adolescenza, Fregoli (come veniva semplicemente chiamato) pur cambiando molti lavori, iniziò a frequentare alcune compagnie teatrali, fece diverse esibizioni come comico, illusionista e anche cantante.

Durante il servizio militare svolto in parte a Massaua in Africa diede vita ad alcuni spettacoli, esibendosi con numeri di magia e monologhi teatrali. Per via dello scarsissimo numero di attori fu costretto a coprire da solo diversi ruoli, con molti cambi d’abito e di carattere. Nacque così il genere di spettacolo su cui costruì la sua carriera artistica: il trasformismo. Negli ultimi mesi del 1890 tornò a Roma ricominciando dalla gavetta nei locali romani. Notato da un influente impresario teatrale debuttò ufficialmente nel marzo 1891 presso il Cafè-chantant "Esedra". Nel 1892 fondò una compagnia teatrale, (Compagnia di Varietà Internazionale) con la quale,nel giro di un biennio,fece spettacoli in tutta Italia sfruttando le sue doti di trasformista e l'abilità di cambiare voce, abiti e modo di muoversi con frenetica velocità.

Nel 1893 si sposò con Velia,una ragazza conosciuta un anno prima a Livorno durante una sua tournèe.
Nel 1894 debuttò all'estero presso il teatro Principal di Barcellona, dando poi vita ad una tournèe spagnola che toccò le città di Madrid, Siviglia, Cordova, Valencia e Xeres. Tra il giugno 1895 e il febbraio 1896 fece una tournée in America Latina esibendosi in Argentina, Brasile e Uruguay, poi nel maggio del 1896 debutta negli Stati Uniti dove rimarrà in tournèe per 6 mesi.
Nel Marzo 1897 Fregoli si trasferì a Londra, andando in scena al teatro "Alhambra". Nello stesso anno tornò in sudamerica per poi riprendere la via dell'Europa a Settembre.

Verso la fine del 1897, durante un suo spettacolo al teatro "Des Cèlestins" di Lione, Fregoli conobbe i Fratelli Lumière, dai quali ereditò subito la passione per il neonato cinematografo. Dopo aver acquistato un apparecchio di proiezione realizza dei corti che propone durante i suoi spettacoli per molti anni, divenendo tra i primi a portare in teatro la nuova invenzione,che lui ribattezzò Fregoligraph. Fino al 1905 interpretò e diresse molte pellicole.

Fregoli "donna"

Nel settembre 1898 si trasferì ad Asti dove acquistò una villa alla quale dette il nome della moglie Velia. Visse ad Asti fino al 1912.
Nel dicembre del 1898 tornò a fare tappa nella sua città, Roma, esibendosi in uno dei più bei teatri della capitale: Il "Valle". La sera del debutto il teatro era gremito in ogni ordine di posti e,tra il pubblico,sedevano importanti personalità del mondo letterario, teatrale ed istituzionale. Tra questi spiccava Eleonora Duse, che espresse il desiderio di conoscere personalmente Fregoli, che dopo lo spettacolo la raggiunse per riceverne gli elogi.

« ...Eleonora Duse, si sa, non andava mai sopra un palcoscenico, quando non recitava. Manifestò,però,il desiderio di conoscermi e di parlarmi ed io, prima della fine dello spettacolo, mi recai per pochi minuti nel suo palco di proscenio. Con una voce soavissima, indimenticabile, mi disse parole che conservo gelosamente, come un tesoro, dentro di me. In un suo "bravo Fregoli" mi parve fosse l'essenza più pura di tutti gli elogi e di tutti gli applausi che m'erano stati elargiti nelle diverse parti del mondo. »
( Leopoldo Fregoli, Fregoli raccontato da Fregoli, Rizzoli, 1936)

Una delle tante caratterizzazioni di FregoliNei primi anni del 900 intraprese spettacoli e tournèe in tutta Italia e all'estero,raggiungendo l'apice della sua carriera e della sua fama internazionale. In quegli anni furono numerose le sue tournèe italiane, che toccarono i più prestigiosi teatri dell'epoca ed ebbero sempre un enorme successo. Si esibì inoltre in alcuni importanti teatri in varie città del mondo,tra le quali:Marsiglia, Bruxelles, Lisbona, Londra, San Pietroburgo, New York, Città del Messico, Barcellona, Berlino, Vienna, Rio de Janeiro, Madrid, Tunisi, Il Cairo, Buenos Aires, Tripoli, Parigi, Algeri e Montevideo.

Fregoli nei panni di un uomo anziano in una delle sue trasformazioniNel 1906 incise un disco 78 giri presso la neonata "Società Italiana di Fonotipia" di Milano per la relativa collana "serie dei grandi cantanti comici italiani".
Il 16 giugno 1909 ,sull'onda del suo incredibile successo mondiale,venne invitato ad esibirsi nella sala pia del Vaticano. Venne poi ricevuto in udienza dal pontefice Pio X.

Nel Dicembre 1911 si separò dal suo storico impresario Giuseppe Paradossi, passando l'incarico al suo amico d'infanzia Virgilio Crescenzi. La gestione Crescenzi si rivelò disastrosa tanto che questi improvvisamente scappò, lasciando un deficit finanziario di 500.000 lire,cifra enorme per l'epoca. Nel 1913, dopo soli due anni dall'addio a Paradossi, Fregoli era sul lastrico. Dopo lo sconforto iniziale sfruttò il suo talento artistico per uscire da quella situazione; Organizzò subito una nuova tournèe in Spagna,anche in città dove non si era mai esibito. Tornò in Italia esibendosi a Trieste presso il teatro "Politeama Rossetti" , a Roma al teatro "Costanzi" e al "Politeama" di Napoli. Vendette inoltre Villa Velia, la sua casa di Asti dove abitava dal 1898. In breve tempo riuscì a risollevarsi (ma mai del tutto,a causa del periodo bellico) e riprese a pieno regime le sue tournèe internazionali, tra le quali toccò per la prima volta anche Cuba.

Nel maggio 1915 intraprese una nuova tournèe sudamericana che durò all'incirca un anno. Nel 1916 si esibì a Parigi nei teatri "Bernhardt" e "Belleville". Tra il 1918 e il 1919 Fregoli accarezzò più volte l'idea di ritirarsi dalle scene, fermando per diversi mesi le sue attività artistiche. Ritornerà invece in scena nel marzo 1919 con una serie di esibizioni a Napoli presso il teatro "Politeama Giacosa". Tra il 1920 e il 1924 si esibì in diverse tournèe italiane ed europee, per poi tornare in sudamerica nel 1925.

Nel febbraio del 1925, in Brasile,Fregoli mise in scena l'ultimo spettacolo della sua vita e nell'Aprile dello stesso anno annunciò il suo ritiro dalle scene. In breve tempo vendette tutto il suo materiale scenico e si ritirò a vita privata nel buen retiro di Viareggio, dove morì il 26 novembre 1936. Venne in un primo momento sepolto a Viareggio, ma per volontà familiari nella primavera del 1938 le spoglie vennero trasferite a Roma nel cimitero del Verano, dove Fregoli riposa tuttora.

Fregoli visto da diversi "Fregoli"

L'erede di Fregoli: Arturo Brachetti.Nel 1954 fu un istrionico artista romano ad interpretare Fregoli nella pellicola Gran Varietà: Alberto Sordi. Si trattava di un film ad episodi prodotto dalla Excelsa-Roma film,per la regia di Domenico Paolella. In uno di questi episodi,intitolato proprio "Fregoli", Sordi interpreta la parte del poliedrico trasformista.
La sua vita è poi stata narrata nel 1981 nell'omonimo sceneggiato televisivo - Fregoli diretto da Paolo Cavara e interpretato da un suo epigono e anch'egli stesso trasformista dello spettacolo: Gigi Proietti.
Ma fu lo stesso Fregoli a raccontare se stesso, la sua vita e la sua carriera,in un libro autobiografico pubblicato nel 1936 con il titolo Fregoli raccontato da Fregoli, riletto e ripubblicato nel 2007 a cura dell'allievo per antonomasia dell'attore-trasformista: Arturo Brachetti, che con la Compagnia della Rancia ha portato poi in scena un musical intitolato Fregoli.

Curiosità

La sua vita si intrecciò spesso con quella di altri personaggi di spicco della sua epoca,quali: Eleonora Duse, Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo, Ermete Zacconi, Ettore Petrolini, Georges Méliès, Sarah Bernhardt, Ermete Novelli, Pio X, Pietro Badoglio, Antonio Gandusio, Gabriele D'Annunzio, Trilussa, i Fratelli Lumière, Eugenio Montale.
Nel 1897 nasce in Svizzera Arthur Petronio,che viene indicato da tutte le biografie come figlio illegittimo di Fregoli, come lo stesso Petronio poi dichiarerà. In futuro Petronio diverrà apprezzato musicista,poeta e scrittore.
Nel libro "Le interviste impossibili" di Giorgio Manganelli si trova un'intervista immaginaria a Fregoli.
Sulla tomba di Fregoli campeggia l'epitaffio: Qui Fregoli compì la sua ultima trasformazione.

Ensi



« Il Beat è un attimo come la vita: lascio che sia finita solo dopo averci registrato un classico »
(Ensi, Non è un arrivederci)

Jari Ivan Vella meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ensi, è un rapper italiano, conosciuto per le notevoli doti di freestyler e fratello minore del rapper Raige e maggiore di Little Flow.
Fa parte del trio torinese OneMic insieme al fratello Raige e il rapper e beatmaker Rayden.

Di origini catanesi, la sua carriera comincia nel 1999, con varie collaborazioni in diversi progetti, ma la svolta arriva nel 2003 quando, con il fratello Raige e l'amico Rayden fonda i One Mic. In quello stesso anno partecipa alla gara di freestyle nazionale TecnichePerfette, arrivando secondo contro Mondo Marcio. È con i One Mic che esce il primo disco di Ensi, Sotto la cintura, prodotto da La Suite Records. Oltre al disco, Ensi continua con le gare di freestyle, partecipa alla convention 2theBeat sia nel 2005 che nel 2006. Nel 2005 vince l'accesso alla finale nazionale contro Kiave, e nella finale nazionale ha la meglio su Clementino. L'anno successivo guadagna nuovamente la finale contro il rapper partenopeo; questa volta ha però la meglio Clementino. Nel 2008 ritorna sulla scena con il suo primo Street album solista, Vendetta, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Mangia Flow. Il primo singolo esce il 30 marzo, il nome è omonimo dell'album. L'album vanta collaborazioni con molti artisti della scena underground italiana, ma spiccano le collaborazioni con i One Mic e quella con Little Flow, fratellino tredicenne di Ensi, alla sua seconda canzone. Lo stile del disco è molto diverso da quello riscontrato in Sotto la cintura, e risente dell'influenza di Fat Joe, rapper di spicco nella scena americana e considerato come un esempio dall'mc torinese. Nel 2009 entra a far parte dell'etichetta indipendente Doner Music, con cui esce ad inizio anno con l'EP Donercore, quattro brani prodotti da Fish (fondatore dell'etichetta) e Dj Nais, e una collaborazione da parte del fratello Raige. l'EP è in fredownload sul myspace dell'artista. Ha partecipato recentemente all'mtv spit gala.

L'artista collabora con il sito YouPush.it ed è il primo artista a pubblicare il primo singolo, cioè "Terrone", prodotta da Big Fish.

Il 18 gennaio 2010 è uscito in free-download sul sito YouPush.it il singolo "Generazione Tuning" che è il nuovo singolo di Big Fish in collaborazione con Vacca ed Ensi, seguito dal videoclip ufficiale.

Nel 2009 esce "Donercore ep" prodotto da Dj Nais e Fish per Doner Music. Composto da quattro tracce con il solo featuring del fratello Raige.

Nel 2010 esce "Equilibrio ep". Il primo singolo "Ne Vinto Ne Vincitore" (Produzione Big Fish) è in download gratuito da YouPush.it. Nell'EP ci sono tre remix di "Terrone" più altre sei canzoni.Le partecipazioni sono di Raige, Vacca, Two Fingerz, Entics, Clementino, Kiave, Zuli, Johhny Marsiglia, Ira, Op.rot, Miss fritty, Polo e Turi.

Nel Marzo del 2011 viene pubblicato da Doner Music l'attesissimo secondo album dei ONEMIC "COMMERCIALE". Il disco ottiene un gran riscontro da parte del pubblico e porta il gruppo sui palchi di tutto lo stivale fino a portare il trio torinese agli MTV DAYS 2011.

Nel Gennaio del 2012 ENSI entra ufficialmente a far parte di TANTA ROBA, etichetta indipendente fondata da Guè Pequeno dei Club Dogo e DJ Harsh. Nell'attesa del primo disco ufficiale e della partecipazione a MTV SPIT (programma dedicato alle battle di freestyle e presentato da Marracash) ENSI è impegnato nel progetto FREESTYLE ROULETTE, una serie di video dedicati all'improvvisazione. A MTV SPIT ENSI raggiunge con facilità le prime 4 posizioni vedendosela per il premio finale con Fred De Palma, Nitro e il suo grande amico Kiave.

Discografia

Con i One Mic

2004: Dynamite Soul
2005: Sotto la cintura
2011: Commerciale
2011: Cane di Paglia Ep

Solista

2008: Vendetta
2009: Donercore EP
2010: Equilibrio EP

Singoli

2009: Terrone