29.3.12

carnage




Carnage è un film del 2011 diretto da Roman Polański, basato sull'opera teatrale Il dio del massacro di Yasmina Reza.

In una lite al parco, un ragazzino di 11 anni colpisce un coetaneo al volto con un bastone. I genitori, due coppie di Brooklyn, decidono di incontrarsi per discutere del fatto e risolvere la cosa da persone civili. Gli iniziali convenevoli si trasformano in battibecchi velenosi e il comportamento delle due coppie degenera in situazioni assurde e ridicole.

Distribuzione

Il film è stato presentato il 1º settembre 2011 in concorso alla 68ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Nelle sale cinematografiche italiane è uscito il 16 settembre, in quelle tedesche il 24 novembre, in quelle francesi il 7 dicembre. Negli Stati Uniti è uscito il 16 dicembre, inizialmente solo a New York e Los Angeles e poi nel resto del Paese.

Produzione

Sebbene il film sia ambientato a New York, le riprese sono state effettuate interamente negli studi Euro Media France a Bry-sur-Marne, vicino Parigi, dato che Roman Polański non può accedere negli Stati Uniti a causa di un mandato di cattura risalente agli anni settanta.

Il film ha avuto un budget di 25 milioni di dollari.

Accoglienza

Incassi

Il film ha incassato globalmente circa 24 milioni di dollari

Critiche

Il film ha ricevuto per lo più critiche positive, 72% dal sito Rotten Tomatoes, e un 61/100 dal sito Metacritic

Roberto Herlitzka



Di origine ceca, è stato allievo di Orazio Costa all'Accademia d'Arte Drammatica Silvio d'Amico.
Nel 2003 e nel 2004 ha vinto il Premio Ubu come miglior attore italiano. Nel 2004 si è aggiudicato anche un Nastro d'Argento come migliore attore e un David di Donatello come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione di Aldo Moro nel film di Marco Bellocchio Buongiorno, notte (che gli è valso anche il Premio Horcynus Orca quattro anni dopo), e ha ricevuto un Premio Gassman come miglior attore per gli spettacoli teatrali Lasciami andare madre e Lighea.

Renato Carpentieri



Formatosi artisticamente a Napoli, dove si trasferisce dalla natia Savignano Irpino, provincia di Avellino, per studiare architettura, si occupa di teatro dal 1975, anno in cui è socio fondatore, insieme con R. Ferrante, M. Lanzetta, L. Serao, O. Costa, A. Fiore, A. Forte, P. Stravato del Teatro dei Mutamenti di Napoli, di cui fa parte fino al 1980. Il primo spettacolo da lui diretto ed interpretato con O. Costa, A. Neiwiller, M. Lanzetta, P. Stravato, L. Serao è "Maestri cercando" tratto dal racconto di Elio Vittorini "Le schiavitù dell'uomo", 1977. Seguono, testi di Karl Valentin, Elio Vittorini, Bertolt Brecht ed altri.
Nel 1995 diviene direttore artistico del Libera Scena Ensemble, compagnia con la quale offre i testi della drammaturgia "alta" in una versione fruibile alla maggior parte del pubblico, nei quali la trasposizione in dialetto napoletano diviene la lingua di comunicazione principale. Nello stesso anno e nel seguente fu chiamato da Aldo Vella allora sindaco di San Giorgio a Cremano, a dirigere due laboratori teatrali: "Il Giardino del teatro" e "Il teatro del fuoco" che anticiparono il Premio Massimo Troisi.
Carpentieri si è prodotto anche come attore in serie tv e al cinema: interprete di numerose pellicole ha vinto nel 1990 un Premio Sacher per Porte aperte di Gianni Amelio e un Nastro d'Argento al migliore attore non protagonista nel 1993 per la partecipazione a Puerto Escondido di Gabriele Salvatores. Da ricordare le partecipazioni nell’episodio “Isole” in Caro diario di Nanni Moretti, nel segmento “Diavolo in bottiglia” de I vesuviani di Pappi Corsicato ed in Teatro di guerra di Mario Martone, nonché il ruolo del giornalista Amato Lamberti in Fortapasc di Marco Risi.
Per quanto riguarda le fiction televisive, Renato Carpentieri ha recitato ne La Squadra e in Don Matteo 3. In Don Matteo ha interpretato il Vescovo nella terza stagione, mentre per quanto riguarda La squadra, Carpentieri è tra i veterani di questo telefilm, poiché ha interpretato il vicequestore Valerio Cafasso in tutte le otto stagioni della fiction. In più ha interpretato il Marchese Monaldo Granieri Solaro nella fiction La figlia di Elisa - Ritorno a Rivombrosa.
Nell'estate del 2008 è stato protagonista di una serie di spot della trasmissione televisiva Ballarò, in onda su Rai 3.

28.3.12

l'angelo sterminatore



El ángel exterminador è un film del 1962 diretto da Luis Buñuel, tratto dall'opera teatrale Los naufragos di José Bergamin.

Dopo una serata a teatro, una famiglia dell'alta borghesia invita nel proprio palazzo alcuni ospiti per una cena. La servitù, nonostante la cena con così tanti invitati, se ne va, a parte il maggiordomo.

Iniziano ad accadere fatti insoliti: il maggiordomo inciampa con la prima portata, anche se tutti pensano a uno scherzo, un posacenere viene, improvvisamente e senza motivo apparente, lanciato contro una finestra, un orso e un gregge di pecore passeggiano indisturbati nel palazzo, dalla borsetta di una signora spuntano due zampe di gallina.

Finita la cena, gli invitati si riuniscono in salotto per conversare e ascoltare la musica suonata da un'invitata al pianoforte. Nonostante arrivino le 4 del mattino, nessuno sembra volersi congedare e, senza che nessuno ne parli, gli ospiti trascorrono la notte nel salotto.

Il mattino dopo, quando ormai gli invitati si decidono ad andarsene, si rendono conto che non riescono ad attraversare la porta, nonostante sia aperta. Il nervosismo e la tensione aumentano. Uno degli ospiti muore e si nasconde il cadavere in un armadio. Il tempo trascorre e anche dall'esterno della casa i tentativi per entrare falliscono uno dopo l'altro. Gli ospiti, sorpresi dai bisogni primari tra cui la fame e la sete, iniziano a sentirsi addosso il peso dei giorni e della frustrazione: iniziano così i litigi e le accuse.

L'atmosfera è talmente assurda che anche se un gregge di pecore attraversa la sala, nessuno ci trova niente di anormale. Sarà Letitia a trovare il modo per uscire, cioè rimettersi nella posizione in cui si trovavano all'inizio della serata.
Usciti dal palazzo si riuniscono tutti in chiesa, ma quando fanno per uscire, non ci riescono. Un altro gregge di pecore entra in chiesa mentre la polizia, all'esterno, disperde una folla di manifestanti.

Riferimenti culturali

Nel film Midnight in Paris, il protagonista, Gil (Owen Wilson), suggerisce una storia a un perplesso Buñuel (Adrien de Van) su degli invitati che arrivano a una cena e non riescono ad andarsene, il quale chiede "Ma perché non riescono ad andarsene? Non capisco.".

L'opera e la censura

Le tematiche sociologiche espresse da Buñuel, ispirato da Bergamin, sono in stile onirico e surreale, ad indicare le assurdità eccentriche di classi aristocratiche e clericali (in questo caso in Messico) e pertanto proprio ad indicare la perdizione di tutto il genere umano, bloccato e paralizzato nell'anima, prigioniero soprattutto delle sue stesse istituzioni.

Da 30 anni di esilio in Messico e dopo aver appena realizzato un film (Viridiana) censurato dal regime franchista, il sessantenne Buñuel regala al suo Paese un'altra opera di decisa e alta critica nei confronti dell'ordine costituito, sbeffeggiando i riti e le usanze della borghesia. Ma il surrealista Buñuel colora il bianco e nero del suo famoso operatore Gabriel Figueroa con i toni della suggestione e della drammaticità.

21.3.12

Antonio Guerra







« Non è vero che uno più uno fa sempre due; una goccia più una goccia fa una goccia più grande. »
(Tonino Guerra)

detto Tonino è stato un poeta, scrittore e sceneggiatore italiano.
Maestro elementare, nel 1943, durante la seconda guerra mondiale viene deportato in Germania e internato in un campo di concentramento a Troisdorf.
« Mi ritrovai con alcuni romagnoli che ogni sera mi chiedevano di recitare qualcosa nel nostro dialetto. Allora scrissi per loro tutta una serie di poesie in romagnolo. »
Dopo la Liberazione si laurea in pedagogia presso l'Università di Urbino (1946), con una tesi orale sulla poesia dialettale. Fa leggere i suoi componimenti a Carlo Bo. Ottenuti riscontri positivi, decide di pubblicarli, a sue spese. La raccolta s'intitola I scarabocc (Gli scarabocchi); Bo ne firma la prefazione.
Diventa membro di un gruppo di poeti, «E circal de giudeizi» (Il circolo della saggezza), di cui fanno parte anche Raffaello Baldini e Nino Pedretti.Al 1952 risale l'esordio come prosatore con un breve romanzo, La storia di Fortunato. Nel 1953 si trasferisce a Roma, dove avvia una fortunata attività di sceneggiatore. Nella sua lunga carriera ha collaborato con alcuni fra i più importanti registi italiani del tempo (Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi, i fratelli Taviani, ecc.). Dalla collaborazione con il regista ferrarese Antonioni, gli giungerà anche la nomination al premio Oscar nel 1967, per il film Blow-Up.
Negli anni ottanta torna in Romagna. Dal 1989 vive e lavora a Pennabilli, centro del Montefeltro, che gli ha conferito la cittadinanza onoraria in riconoscenza dell'amore dimostrato nei confronti di questo territorio.
Qui ha dato vita a numerose installazioni artistiche. Si tratta di mostre permanenti che prendono il nome de I Luoghi dell'anima tra cui: L'Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle meridiane, Il Santuario dei pensieri, L'Angelo coi baffi, Il Giardino pietrificato.
Una sua installazione artistica, "L'albero della memoria", è presente anche a Forlì, presso i Giardini Orselli.
Guerra divenne famoso presso il grande pubblico nel 2001, come testimone della catena di negozi di elettronica UniEuro, creando il tormentone dell'ottimismo, ripreso tra gli altri dal suo compaesano, e pronipote, Fabio De Luigi in un suo personaggio comico, l'Ingegner Cane.
Nel 2006 appare nel documentario Mattotti di Renato Chiocca, leggendo un estratto dalla sua raccolta di racconti Cenere illustrata da Lorenzo Mattotti.
Nel 2010, in occasione dei suoi 90 anni, riceve il David di Donatello alla carriera.
Il 10 novembre 2010 è stato insignito dall'Università di Bologna del Sigillum Magnum.
È il padre del noto compositore di musiche per film e sceneggiati Andrea Guerra.
È morto il 21 marzo 2012 all'età di 92 anni nella sua amata Santarcangelo.

Opere letterarie

Poeta e narratore, Guerra ha pubblicato diverse opere:
In romagnolo

I scarabócc, copertina, Lega, Faenza, 1946; prefazione di Carlo Bo ("Gli scarabocchi", scritti tra il 1944 e il 1945 nel campo di concentramento per "imbrogliare la dura vita")
La s-ciuptèda, Faenza, Lega, 1950 ("La schioppettata")
Lunario, Faenza, Benedetti, 1954
I bu (raccolta), Milano, Rizzoli, 1972 ("I buoi", con la prefazione di Gianfranco Contini)
Il miele (1981) Premio Biella.
Voci Tre grandi poeti in musica, Rimini, NdA Press, 2009 con Raffaello Baldini e Nino Pedretti,

In italiano

La storia di Fortunato, Einaudi (1952)
Dopo i leoni, Einaudi (1956)
L'equilibrio, Bompiani (1967)
L'uomo parallelo, Bompiani (1969)
Storie dell'Anno Mille, (con Luigi Malerba), Bompiani (1972)
I cento uccelli, Bompiani (1974)
Il polverone, Bompiani (1978)
L'aquilone. Una favola senza tempo (con Michelangelo Antonioni), Maggioli (1982)
La capanna (1985)
Il viaggio (1986)
Il libro delle chiese abbandonate (1988)
L'orto d'Eliseo (1989)
Il vecchio con un piede in Oriente (1990)
Cenere (1990)
AA.VV, Dal grande fiume al mare, Pendragon, 2003, pp. 320;
La valle del Kamasutra (2010)
Polvere di sole (2012)

Pietro Aretino






« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco.
che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo,scusandosi col dir: "Non lo conosco"! »
(Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio)

è stato un poeta, scrittore e drammaturgo italiano.
È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso tese a renderlo benvoluto nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.
Figura di letterato amato quanto discusso, se non odiato (e per molti fu semplicemente un arrivista ed uno spregiudicato cortigiano).
Per questa che oggi potrebbe apparire incoerenza fu, per molti versi, un modello dell'intellettuale rinascimentale, autore anche di apprezzati Ragionamenti.
La figura di Pietro Aretino ha segnato in un certo qual modo il XVI secolo contribuendo in maniera determinante al definitivo superamento della visione teologica ed etica propria dell'età di mezzo.
Della sua infanzia si sa ben poco. L'unica cosa di cui si avrebbe certezza è che sia nato nella notte tra il 19 ed il 20 aprile del 1492, frutto di una relazione fra un povero calzolaio di nome Luca Del Buta ed una cortigiana, Margherita dei Bonci detta Tita, modella scolpita e dipinta da parecchi artisti.

Figlio di cortigiana, anima di re

È stato detto che non volle mai far conoscere il proprio vero nome e le sue vere origini in segno di disconoscimento dei suoi natali. Tuttavia gli piacque definirsi figlio di cortigiana, con anima di re.
Scrisse nelle Lettere:
« Mi dicono ch'io sia figlio di cortigiana; ciò non mi torna male; ma tuttavia ho l'anima di un re. Io vivo libero, mi diverto, e perciò posso chiamarmi felice. - Le mie medaglie sono composte d'ogni metallo e di ogni composizione. La mia effigie è posta in fronte a' palagi. Si scolpisce la mia testa sopra i pettini, sopra i tondi, sulle cornici degli specchi, come quella di Alessandro, di Cesare, di Scipione. Alcuni vetri di cristallo si chiamano vasi aretini. Una razza di cavalli ha preso questo nome, perché papa Clemente me ne ha donato uno di quella specie. Il ruscello che bagna una parte della mia casa è denominato l'Aretino. Le mie donne vogliono esser chiamate Aretine. Infine si dice stile aretino. I pedanti possono morir di rabbia prima di giungere a tanto onore.»
Mentre della sua infanzia non si sa praticamente nulla, i suoi biografi riferiscono che quattordicenne o poco più visse a Perugia, dove studiò pittura, frequentando in seguito la locale università.
Trasferitosi nel 1517 a Roma, grazie ai buoni uffici di Agostino Chigi (che tenne alla sua corte anche il pittore Raffaello), si mise al servizio del cardinale Giulio de' Medici e riuscì ad approdare anche alla corte di Papa Leone X. Si trovava nella città eterna quando si svolse il conclave del 1522: e fu probabilmente in quel periodo che scrisse uno dei suoi primi lavori, le cosiddette Pasquinate, cioè poemetti satirici scritti sulla base delle anonime proteste contro la Curia affisse sul busto in marmo del Pasquino, a piazza Navona. A causa di questi componimenti fu esiliato dal nuovo pontefice, un cardinale fiammingo che prenderà il nome di papa Adriano VI (da Pietro soprannominato la tedesca tigna). Poté far ritorno nel 1523 a Roma solo con l'avvento di Papa Clemente VII: cominciò a nutrire però una pesante insofferenza nei confronti delle corti e degli ambienti ecclesiastici. Ebbe in dono in quegli anni il famoso Autoritratto del Parmigianino nello specchio convesso e rimase impressionato dall'"invenzione" del giovane artista cosa che il Vasari così commenta :"....mi ricordo, io essendo giovinetto, aver veduto in Arezzo nelle case di esso Messer Pietro Aretino, dove era veduto dai forestieri, che per quella città passavano, come cosa rara. Questo capitò poi, non so come, alle mani di Valerio Vicentino intagliatore di cristallo, et oggi è appresso Alessandro Vittoria, scultore in Vinezia....".
Nel 1525 decise di lasciare definitivamente Roma e trascorse due anni a Mantova al servizio di Giovanni dalle Bande Nere con cui strinse una sincera amicizia.
Infine nel 1527, contemporaneamente allo stampatore Francesco Marcolini da Forlì, con cui ebbe rapporti di amicizia e che gli pubblicò molte opere, si trasferì a Venezia, dove morì nel 1556.
Dai suoi adulatori fu chiamato divino, appellativo che gli piacque e di cui si fregiò; mentre per le sue satire e i suoi motteggi fu chiamato flagello dei principi, così come ricorda anche Ariosto nell'Orlando furioso:
« ... ecco il flagellode' principi, il divin Pietro Aretino. »
(Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, 46, 14, 3-4)

Sonetti lussuriosi

È di questi anni la composizione dei Sonetti lussuriosi, che gli erano stati ispirati dalle incisioni erotiche, ritenute ai limiti della pornografia e realizzate dal pittore Marcantonio Raimondi su disegni di Giulio Romano, pubblicate una prima volta nel 1524 sotto il titolo I Modi o Le 16 posizioni e successivamente, insieme ai dipinti ed ai Sonetti, nel 1527; nello stesso periodo scrisse anche il testo teatrale La Cortigiana, commedia ambientata in data antecedente al sacco di Roma e parodia de Il cortegiano di Baldassarre Castiglione.
In rotta di collisione con l'ambiente del Vaticano, Pietro Aretino nel marzo del 1527 lasciò Roma per trasferirsi a Venezia. Nella città lagunare - luogo, a suo dire e a quel tempo, anticortigiana per eccellenza e sede di ogni vizio possibile - trascorse il resto della vita scrivendo e pubblicando la maggior parte delle sue opere, spesso coi tipi di Francesco Marcolini da Forlì.
Divenne amico del condottiero Cesare Fregoso e nel 1536 fu ospite a Castel Goffredo del marchese Aloisio Gonzaga. Morì a Venezia il 21 ottobre 1556 presumibilmente a causa di un colpo apoplettico (secondo alcuni, a causa di eccesso di risa).
Il compositore Michael Nyman (famoso soprattutto per la colonna sonora di Lezioni di piano) ha recentemente musicato gli otto sonetti in un CD intitolato 8 Lust Songs: I sonetti lussuriosi, interpretati dalla soprano Marie Angel. L'album è pubblicato a novembre 2008 dalla MN Records.

Opere principali


Lettere

Commedie:

Tragedie:

18.3.12

Plutarco





(in greco antico Πλούταρχος) è stato uno scrittore e filosofo greco antico, vissuto sotto l'Impero Romano.
Studiò ad Atene e fu fortemente influenzato dalla filosofia di Platone.

Origini familiari

Plutarco nacque attorno al 46 d.C. a Cheronea in Beozia, si suppone da una famiglia ricca.
Il padre secondo alcuni è identificabile con uno degli interlocutori del De sollertia animalium, un certo Autobulo, secondo altri con un tale Nicarco; tuttavia il filologo Wilamowitz, e con lui la maggior parte degli studiosi, ritengono che ogni ipotesi sia completamente indimostrabile. Si suppone comunque che non avesse un buon rapporto con il figlio, il quale però più volte ne cita i consigli, e che non fosse molto colto.
Plutarco ricordava con stima invece il fratello, un certo Lampria, e il bisnonno Nicarco.

Ad Atene

Nel 60 d.C si stabilì ad Atene dove conobbe e frequentò filosofo platonico Ammonio, di cui divenne il più brillante discepolo. Studiò retorica, matematica e la filosofia platonica.
Nel 66 d.C. conobbe Nerone, verso il quale fu sostanzialmene benevolo, probabilmente poiché l'imperatore aveva esentato la Grecia dai tributi. Nello stesso periodo, si pensa abbia acquisito la cittadinanza ateniese e che sia entrato a far parte della tribù Leontide.
Visitò poi Sparta, Tespie, Tanagra, Patrie e Delfi.
Tornato ad Atene, fu nominato arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia e ambasciatore presso Acaia. Istituì inoltre nella sua casa una specie di Accademia impostata sul modello ateniese.

A Roma

Plutarco visitò poi l'Asia, tenne conferenze a Sardi e ad Efeso, fece frequenti viaggi in Italia e soggiornò anche a Roma, presso la corte imperiale.
Eduard von Hartmann ritiene che visse a Roma tra il 72 e il 92. Certo è che non imparò mai bene il latino e che conobbe l'imperatore Vespasiano, come racconta nel De solertia animalium.
Tenne a Roma molte lezioni ed ebbe il sostegno delle autorità in quanto divenne presto un convinto sostenitore della politica estera romana.
Durante questo soggiorno, gli venne concessa la cittadinanza romana e assunse quindi il nomen di Mestrio, in onore del suo amico Mestrio Floro. Successivamente, ebbe da Traiano la dignità consolare.
A Roma conobbe il filosofo e retore Favorino di Arelate.

Il ritorno in Grecia e la morte

Terminata l'esperienza romana, tornò a Cheronea, dove fu arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia pubblica e telearco.
Intorno al 90 d.C. fu eletto sacerdote nel santuario di Apollo a Delfi e nel 117 d.C. l'imperatore Adriano gli conferì la carica di procuratore.
Eusebio racconta che morì forse nel 119, ma molti oggi indicano date che vanno oltre il 120-125.

Vita privata

Nel 70 sposò Timossena, una donna di Cheronea colta e di buona famiglia, il cui nome è stato ricavato da una nota occasionale di Plutarco stesso nella quale sostenne di aver chiamato la figlia come la madre.
Da lei ebbe cinque figli, che sostenne di aver allevato personalmente: Soclaro e Cherone (che morirono in tenera età), Autobulo, Plutarco e Timossena, l'unica femmina (anche lei morta giovanissima, a due anni: si legga la bellissima lettera che Plutarco indirizzò alla moglie, per consolarla della perdita, contenuta nei Moralia).
Si dice che Timossena fosse una donna forte e di grande virtù, molto legata al marito (lo affiancò, per esempio, nelle pratiche liturgiche che il suo ruolo di sacerdote del tempio di Delfi gli imponeva). Pare che abbia scritto un breve trattato sull'amore per il lusso, indirizzandolo all'amica Aristilla.

Pensiero

Contro la superstizione

Nel trattato Sulla superstizione, Plutarco scrive che essa produce un timore distruttivo perché consiste nel credere che Dio esista, ma che sia ostile e dannoso. La superstizione è una malattia piena di errori e di suggestioni, per evitare la quale non bisogna però fare come coloro che, correndo alla cieca, rischiano di cadere in un precipizio. È così infatti che alcuni, per emanciparsi dalla superstizione, si volgono ad un ateismo rigido e ostinato, varcando d'un balzo la vera religiosità, che sta nel mezzo.

Contro il mangiar carne

Plutarco scrisse numerose pagine contro l'uso del mangiar carne e contro le crudeltà sugli animali. Nel dialogo Sull'intelligenza degli animali afferma che essi, essendo esseri animati, sono dotati di sensibilità e di intelligenza come gli umani. Nel trattato Del mangiar carne critica aspramente e con un linguaggio crudo quella che considera l'efferatezza di chi imbastisce banchetti con animali morti e fatti a pezzi (a quest'opera è ispirata la canzone Sarcofagia di Franco Battiato, contenuta nell'album Ferro Battuto).

Opere

Plutarco di Cheronea fu uno degli scrittori più prolifici di tutta la Grecia antica.
Con l'avanzare del Medioevo cristiano e lo scisma d'Oriente che nel 1054 separò la chiesa greca da quella romana, l'opera di Plutarco, che scriveva in greco di etica, fu quasi dimenticata nell'occidente cristiano. I suoi scritti cominciarono a riaffiorare nel XIV secolo, con la ripresa dei contatti tra intellettuali latini e orientali e furono tradotti in latino o in volgare tra il Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, periodo di straordinaria avidità e vivacità intellettuale che fu chiamato umanesimo. Molte delle sue opere sono integre, di altre si hanno solo alcuni frammenti, e di molte si conosce solo il titolo.
Le opere di Plutarco vengono, per convenzione secolare, divise in due grandi blocchi:
Vite Parallele (Βίοι Παράλληλοι)
Moralia (Ἠθικά)

15.3.12

Arthur Schopenhauer





Figlio di un ricco mercante, Heinrich Floris, e di una scrittrice, Johanna Henriette Trosiener, nel 1805, alla morte del padre (avvenuta probabilmente per un suicidio), si stabilì a Weimar con la madre. Qui conobbe Christoph Martin Wieland e Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Con buoni studi alle spalle, dopo la morte del padre nel 1805, decise di dedicarsi alla filosofia e frequentò i corsi tenuti da Gottlob Ernst Schulze a Gottinga e quelli di Johann Gottlieb Fichte a Berlino. Nei confronti di questi, ma anche di Schelling e di Hegel, Schopenhauer nutrì sempre disprezzo e avversione, definendo Hegel "Il gran ciarlatano".
Nel 1809 s'iscrisse alla facoltà di medicina a Gottinga. Due anni dopo, nel 1811, si trasferì a Berlino per frequentare i corsi di filosofia. Ingegno molteplice, sempre interessato ai più diversi aspetti del sapere umano (frequentò corsi di fisica, matematica, chimica, magnetismo, anatomia, fisiologia, e tanti altri ancora), nel 1813 si laureò a Jena con una tesi Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente e, nel 1819, pubblicò la sua opera più importante, Il mondo come volontà e rappresentazione che ebbe tuttavia scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e che incominciò a ricevere qualche attenzione solo vent'anni dopo. Infatti anche le successive edizioni del trattato furono accolte assai sottotono, nonostante fossero giunti, da più parti, persino riconoscimenti ufficiali, primo fra tutti la vittoria di un concorso indetto dalla Società delle Scienze norvegese, che egli conseguì nel 1839 con un trattato Sulla libertà del volere umano.
Dopo aver girato in lungo ed in largo l'Europa, e dopo una breve parentesi da libero docente universitario a Berlino (1820), dal 1833 decise di fermarsi a Francoforte sul Meno dove visse da solitario borghese, celibe, misogino. La vera affermazione del pensatore si ebbe solo a partire dal 1851, data della pubblicazione del volume Parerga e paralipomena, inizialmente pensato come un completamento della trattazione più complessa del Mondo, ma che venne accolto come un'opera a sé stante, uno scritto forse più facile per stile e approccio e che, come rovescio della medaglia, ebbe quello di far conoscere al grande pubblico anche le opere precedenti del filosofo. Fondamentalmente in pieno accordo con i dettami della sua filosofia, manifestò un sempre più acuto disagio nei confronti dei contatti umani (ciò che gli procurò, in città, la fama di irriducibile misantropo) e uno scarso interesse, almeno in via ufficiale, per le vicende politiche dell'epoca quali furono, ad esempio, i moti rivoluzionari del 1848; i tardi riconoscimenti di critica e pubblico servirono, suppositivamente, ad attenuare i tratti più intransigenti del carattere del filosofo, ciò che gli procurò negli ultimi anni della sua esistenza una ristretta ma interessata e fedelissima cerchia di (come egli stesso amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore Wagner. Morì di pleurite acuta nel 1860.

Infanzia

Nasce a Danzica il 22 febbraio Arthur, figlio di Heinrich Floris Schopenhauer (1747-1805), ricco commerciante appartenente a una delle famiglie più antiche e ben in vista della città, e da Johanna Henriette Trosiener (1766-1839), donna vivace e salottiera dalle evidenti velleità letterarie. Il nome è scelto dal padre, uomo colto e illuminato che intrattiene conoscenze in tutta Europa, in quanto la sua pronuncia rimane identica in francese come in inglese, ed è dunque un buon biglietto da visita per il futuro erede di un'impresa commerciale a carattere internazionale.

La "città libera" Danzica entra a far parte dell'orbita dello stato prussiano, sicché Heinrich Floris, spirito eminentemente liberale, decide di trasferirsi, famiglia a seguito, ad Amburgo, ben accolto peraltro dalla borghesia cittadina. Gli Schopenhauer intessono relazioni amichevoli con personalità di spicco tra cui il pittore Tischbein, il poeta Klopstock e il filosofo Reimarus.

È l'anno della nascita della sorella minore di Arthur, Louise Adelaide (Adele). Heinrich Floris esprime il desiderio di impartire al figlioletto una cultura quanto più cosmopolita possibile: «Mio figlio deve leggere nel libro del mondo». Arthur segue dunque il padre in un viaggio in Francia e ivi rimane, nella città di Le Havre, per ben due anni presso la casa d'un amico di famiglia, imparando così perfettamente la lingua francese e acquisendo i primi rudimenti di quella latina.

1799

Arthur fa ritorno ad Amburgo e comincia la frequenza del prestigioso Istituto Runge, compiendo studi a carattere squisitamente commerciale.

Durante le vacanze estive Arthur accompagna i genitori a Weimar, (dove fa la conoscenza di Schiller), Karlsbad, Praga, Berlino e Lipsia.

Giovinezza


Il giovane Schopenhauer prosegue i suoi studi presso l'Istituto Runge, ma non è soddisfatto: vorrebbe iscriversi al ginnasio. Il padre lo convince a proseguire i suoi studi con un piccolo raggiro: potrà seguirlo in un lungo viaggio attraverso l'Europa se deciderà di proseguire la sua pratica commerciale. Arthur accetta e, per il momento, rinuncia ad intraprendere gli studi umanistici.

Gli Schopenhauer sono in viaggio per l'Europa; li ritroviamo dapprima in Gran Bretagna, a Wimbledon, dove il giovane Arthur rimane a pensione presso il Rev. Lancaster e ha così modo di approfondire la sua conoscenza della lingua e soprattutto della letteratura inglese: legge Shakespeare, Byron, Burns, Sterne, Scott e altri ancora. In una lettera alla madre deplora la bigotteria inglese, un tema che spesso si riscontrerà nelle sue opere. Da novembre il viaggio prosegue verso Olanda e Belgio, quindi Parigi e, fino all'estate successiva, nelle altre regioni della Francia. In estate gli Schopenhauer sono a Vienna, a Dresda e infine a Berlino: da qui la signora Schopenhauer e Arthur si recano a Danzica. A fine anno i due fanno ritorno ad Amburgo.

Arthur inizia il tirocinio commerciale presso la ditta Jenisch. Il 20 aprile il padre ha un grave incidente: viene ventilata l'ipotesi d'un suicidio, ufficialmente per questioni economiche, ma molto più probabilmente a causa dell'apatia e dell'insofferenza dimostrategli da parte della moglie, cosa che il filosofo, anche in futuro, non le perdonerà mai.

L'ormai vedova signora Schopenhauer si trasferisce a Weimar con la figlia Adele dove, grazie alle sue qualità di intrattenitrice e al suo fascino, riesce ad accattivarsi l'amicizia e la frequentazione del suo salotto da parte di personaggi di assoluta eccellenza, primo fra tutti Goethe, ma anche i due fratelli Schlegel e Wieland. Arthur intanto è rimasto ad Amburgo a curare gli interessi dell'attività del defunto padre; non trascura però il suo sempre vivo interesse per la cultura umanistica: legge Wackenroder e Sulzer.

Il giovane filosofo è tormentato da un dilemma: è legato alla promessa fatta al padre, anni prima, di proseguire l'attività di commerciante, ma brama anche d'intraprendere gli studi classici; teme però sia ormai troppo tardi per dare alla sua vita una svolta così radicale. Nel dubbio atroce un soccorso gli viene dallo storico e studioso d'arte Carl Ludwig Fernow, il quale lo esorta a compiere il gran passo; Arthur si reca dunque a Gotha e diviene allievo dell'umanista Fr. Jacobs e del latinista Fr. W. Doering, sotto la cui guida si esercita nella composizione in lingua tedesca e latina; ben presto però è costretto a lasciare la città, a causa soprattutto delle sue caustiche satire che gli inimicano l'ambiente. A fine anno si trasferisce a Weimar, ma rinuncia a stabilirsi dalla madre e preferisce prendere alloggio dal grecista Passow.

1808/settembre 1809

Sono, questi, i mesi di più intenso studio, sempre sotto la guida di Passow per quanto riguarda la lingua greca, mentre Cr. Lenz lo segue nel latino. Intanto Fernow (di cui Johanna Schopenhauer ha nel frattempo scritto una biografia) lo avvicina alla cultura italiana e, in particolare, all'opera petrarchesca (fra quelle dei poeti italiani, la preferita dal filosofo). Gli intensissimi studi non gli precludono però la vita sociale: Arthur si reca spesso a teatro e ai concerti, e s'innamora di Karoline Jagemann, un'attrice cui dedica una piccola poesia sentimentale. Al compimento del ventunesimo anno riceve il suo terzo dell'eredità paterna, circa 19.000 talleri.

Si iscrive alla facoltà di medicina della prestigiosa Università di Gottinga: segue lezioni di fisiologia, anatomia, matematica; s'interessa di fisica, chimica e botanica; segue anche storia, psicologia e metafisica, ed è soprattutto la passione per quest'ultima che lo spinge ad abbandonare definitivamente gli studi medici e a dedicarsi completamente alla filosofia. Sotto la guida di Schulze studia Leibniz, Wolff, Hume, Jacobi e, infine, Platone e Kant, che possono a tutti gli effetti essere considerati come suoi veri e propri maestri.

Trascorre le vacanze a Weimar, dove incontra Wieland che gli pronostica un futuro di sicuro successo. In autunno è a Berlino per ascoltare le lezioni di Fichte, fino ad allora venerato alla stregua d'un grande pensatore. Dallo studio dell'opera di Fichte emerge però un certo disappunto, che presto si tramuta in ostilità. Il filosofo prova allora a consolarsi con le scienze, una materia di studio che sarà sempre tra le sue preferite: si interessa di elettromagnetismo, di astronomia, fisiologia, anatomia e zoologia; segue con grande interesse persino i corsi di archeologia e di letteratura greca, nonché quelli di poesia nordica. Ha l'occasione di ascoltare le lezioni di Schleiermacher, che però non apprezza e, anzi, contesta nei riguardi della teoria della coincidenza fra religione e filosofia, sostenendo che un uomo religioso non ha bisogno di filosofia, mentre il vero filosofo non cerca sostegni (Schopenhauer paragonerà le religioni ad una sorta di "stampella" per spiriti inetti) ma procede libero da imposture dottrinali, affrontando ogni pericolo.

In seguito alla ripresa delle guerre napoleoniche (Napoleone sarà in seguito aspramente criticato dal filosofo), Schopenhauer abbandona Berlino e si reca nuovamente a Weimar, dove approfondisce lo studio di Spinoza; si trasferisce poi a Rudolstadt, dove lavora al suo trattato Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, che spedisce poi all'Università di Jena ottenendo con ciò la laurea in filosofia in absentia. A fine anno ritorna a Weimar dove ha l'opportunità di rivedere l'ormai maturo Goethe, sicuramente il personaggio a cui il filosofo sarà più legato nel corso della sua esistenza (le sue opere saranno sempre abbondantemente arricchite di citazioni e appunti presi dalle opere del grandissimo poeta). Assieme all'"eletto dagli Dei" Schopenhauer approfondisce la teoria dei colori in accesa critica antinewtoniana. Nel contempo s'avvicina alle culture d'oriente: legge con crescente entusiasmo, su suggerimento dell'orientalista Fr. Majer, le Upaniṣad indiane.

Nel maggio si trasferisce a Dresda. È un periodo di intensissimo lavoro, interrotto per alcuni sporadici viaggi estivi. Frequenta la galleria d'arte e la biblioteca; legge moltissimo, specie i grandi classici latini (Virgilio, Orazio e Seneca), i classici del Rinascimento italiano (Machiavelli), della letteratura tedesca contemporanea (Jean Paul) e, in generale, della filosofia d'ogni tempo (Aristotele, Bruno, Bacone, Hobbes, Locke, Hume e, ovviamente, Platone e Kant). Il suo interesse per l'ottica lo spinge a pubblicare, nel 1816, un trattato Sulla vista e sui colori. Inizia la stesura della sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, che porta a termine all'inizio del 1818 e che fa pubblicare, per i tipi della casa editrice Brockhaus di Lipsia, nel dicembre dello stesso anno. Questa prima edizione sarà un totale fiasco economico, e buona parte di essa andrà al macero.

Nel settembre 1818 Schopenhauer lascia Dresda e, dopo un breve soggiorno a Vienna, varca le Alpi e raggiunge l'Italia. A novembre è a Venezia, nello stesso periodo in cui in città si trova il grande poeta inglese Byron, tra l'altro molto ammirato dal filosofo. Per una serie di ragioni non ben chiare [cfr. "La vispa Teresa" di A. Verrecchia (2006)], i due non si incontrano, nonostante Schopenhauer abbia una lettera di presentazione datagli da Goethe in persona. Ha una breve ma molto intensa relazione amorosa con una gentildonna veneziana, tale Teresa Fuga, che gli rimarrà nei pensieri fino a vecchiaia inoltrata. Visita poi Bologna, Firenze, Roma e Napoli: maneggia con una certa abilità la lingua italiana, e s'interessa sempre più ad altri autori del panorama poetico della penisola, tra cui ovviamente Dante, Boccaccio, Ariosto e Tasso, nonostante il preferito rimanga comunque Petrarca. Nel giugno del 1819 gli vien recapitata una lettera della sorella che lo informa dell'avvenuto fallimento della banca Muhl di Danzica, cui le due familiari avevano affidato la totalità dell'eredità e Arthur 8.000 talleri: Schopenhauer rientra frettolosamente in Germania nella speranza di ottenere il capitale versato, rifiuta di giungere ad un accordo con i curatori fallimentari (cosa che gli permetterebbe di rientrare subito in possesso di almeno una parte della somma perduta) e, per due anni, orbita in una situazione piuttosto complessa dal punto di vista economico: nonostante propugni l'impossibilità dell'insegnamento filosofico (così come l'assoluta inutilità dell'apprendimento delle virtù, che egli giudica innate, ovvero fornite a priori solo ad alcuni eletti), pensa d'ottenere una cattedra di filosofia e di dedicarsi alla carriera universitaria: le opzioni sono Heidelberg, Gottinga e Berlino. Decide infine di stabilirsi in quest'ultima.

Nella primavera del 1820 è libero docente all'Università di Berlino: con inverosimile cipiglio fissa gli orari delle sue lezioni in concomitanza con quelle dell'odiato Hegel, il che gli procura, almeno in principio, un pubblico esiguo ma relativamente fedele; in seguito le sue orazioni verranno per lo più disertate. Incontra Caroline Richter, detta Medon, corista dell'Opera di Berlino: la loro relazione, tra alti e bassi, si concluderà definitivamente nel 1826. Nell'agosto del 1821 è protagonista di un evento increscioso: disturbato e irritato dai continui rumori che la sua vicina di casa, Caroline Louise Marquet, continua a fare davanti alla soglia della sua abitazione, il filosofo la spintona facendola rovinare a terra e causandole leggere ferite. In prima istanza Schopenhauer viene assolto, ma è poi condannato in appello e costretto a versare alla donna un'indennità di cinquanta talleri al mese, fino alla morte della stessa.

Maturità


Il 26 maggio 1822 il filosofo riparte per l'Italia: in agosto, dopo qualche tempo di svago passato sulle Alpi svizzere, è a Milano; prosegue poi per Venezia, per Firenze, dove rimane a lungo, e per Roma. Nell'estate del 1823 fa ritorno in Germania, passando per Monaco, dove trascorre qualche tempo, e per Dresda, in cui si stabilisce: le sue condizioni di salute non sono delle migliori, ma ciò non ostacola la sua sete di sapere: legge La Rochefoucauld e Chamfort, progetta di tradurre Hume e Bruno.

Ad aprile è a Berlino con la speranza di tenere nuovi, più fruttuosi corsi universitari. Conosce Alexander von Humboldt; decide di imparare lo spagnolo: legge Calderón de la Barca, Lope de Vega, Cervantes e s'appassiona per l'opera di Baltasar Gracián.

Vorrebbe lasciare definitivamente Berlino e trasferirsi, come docente, ad Heidelberg; i contatti col decano dei filosofi di quell'università, di posizione spiccatamente hegeliana, sono scoraggianti. Si dedica dunque agli studi scientifici e alle traduzioni: completa la versione tedesca dell'Oràculo manual y arte de prudencia di Graciàn e lo propone all'editore Brockhaus, che lo rifiuta; l'opera apparirà postuma.

Nell'agosto del 1831 fugge da Berlino, colpita dal colera, e si rifugia a Francoforte sul Meno, dove resta fino al luglio dell'anno successivo. Trascorre quindi un anno a Mannheim e, dal giugno 1833, è nuovamente e definitivamente a Francoforte, città che non abbandonerà più fino alla morte. In questo periodo la sua titanica curiosità lo porta ad occuparsi di filosofia cinese, magnetismo e letteratura mistica.

Lavora al trattato Sulla volontà nella natura, opera che rappresenta una summa dei suoi precedenti studi di anatomia, fisiologia, patologia, astronomia, linguistica, magnetismo animale e sinologia. Secondo la formulazione del sottotitolo, l'opera vuol essere «un'esposizione delle conferme che la filosofia dell'Autore ha ricevuto da parte delle scienze empiriche, dal tempo in cui è comparsa».

Nel 1837 esprime la sua personale opinione circa la costruzione e la dedica a Goethe di una statua da parte della città di Francoforte; secondo il filosofo dovrebbe trattarsi di un busto, come si confà «ai poeti, ai filosofi e agli scienziati, che hanno servito l'umanità solo con la testa», e recare sullo zoccolo non il nome, bensì la scritta «Al poeta dei tedeschi - La sua città natale». I suoi suggerimenti non vengono accolti. Maggiore successo riscuote il suo parere sull'edizione delle Opere complete di Kant, a cura di Karl Rosenkranz e Wilhelm Schubert. Convinto che la prima edizione della Critica della ragion pura, ormai introvabile, sia di gran lunga superiore a tutte le successive, scrive alcune lettere a Rosenkranz per indurlo a ripubblicare lo scritto, cosa che avviene nel 1838. Medita di partecipare a due concorsi, banditi l'uno nel 1837 dalla Reale Società delle Scienze di Norvegia e l'altro l'anno successivo dalla Reale Società delle Scienze di Danimarca per saggi rispettivamente sui temi della libertà del volere e del fondamento della morale.

Nel 1839 viene premiato dalla Società norvegese per il suo saggio Sulla libertà del volere umano: è il primo riconoscimento ufficiale. 17 aprile: muore a Jena la madre Johanna. L'anno successivo invia alla Società danese la sua opera sul Fondamento della morale, ma questa volta non gli viene assegnato alcun premio. Nel 1841 i due trattati vengono pubblicati assieme sotto il titolo I due problemi fondamentali dell'etica, ma l'accoglienza della critica è come sempre poco favorevole. Continua la sua attività di studio, da tempo ormai concentrata sulle civiltà orientali.

Friedrich Dorguth pubblica la sua opera La falsa radice dell'ideal-realismo, dove parla con ammirazione del filosofo di Danzica: è il primo di una lunga serie di scritti con i quali l'autore cercherà di rompere la cortina di silenzio innalzata attorno a Schopenhauer dalla "congrega dei cialtroni", come il filosofo spesso avrà modo di definire la triade Fichte, Schelling ed Hegel.

Brockhaus pubblica una seconda edizione del Mondo, con l'aggiunta dei cinquanta capitoli di Supplementi ai quali Schopenhauer lavora già da una decina d'anni: l'opera, tuttavia non riscuote successo

Durante i moti rivoluzionari di settembre il filosofo è profondamente turbato dall'idea che la massa possa prendere il potere, tanto che prevede di dover abbandonare Francoforte.

Muore la sorella Louise Adelaide. Schopenhauer incontra il futuro discepolo Adam Ludwig von Doß.

Ultimi anni


Prima edizione, un giorno in cui pioveva di novembre dei Parerga e paralipomena, opera alla quale lavora già dal 1845. Finalmente arriva il successo, e con immensa soddisfazione del filosofo i complimenti più calorosi gli giungono proprio dall'amata Inghilterra.

Esce a Francoforte la seconda edizione de La volontà nella natura. Si fa più stretta l'amicizia con l'avvocato e romanziere Wilhelm Gwinner, primo biografo del filosofo. Wagner gli fa avere il libretto della sua opera L'anello del Nibelungo: Schopenhauer, che tra i musicisti predilige Rossini, Mozart e Bellini, apprezza di Wagner più i versi che la musica.

Schopenhauer ha adesso settant'anni. Alla morte dell'avvocato Martin Emder, uno degli amici più cari e suo esecutore testamentario, con il quale aveva tenuto una fitta corrispondenza fino a pochi mesi prima, l'incarico passa a Gwinner, che da ora fino alla fine sarà la persona più vicina al filosofo. La schiera dei discepoli comincia ad infoltirsi: vi entrano a far parte il giornalista Otto Lindner, lo scrittore David Asher e il pittore Johann Karl Bähr. La sua vita è da tempo piuttosto ritirata: lunghe passeggiate solitarie o in compagnia del suo fedele cane Atma (= anima del mondo, in hindi) (Schopenhauer, nella sua Eudemonologia, raccomanda almeno due ore di moto continuo e vivace al giorno, per meglio ossigenare tessuti e muscoli), pasti all'"Englischer Hof", molto lavoro e tante letture: legge con regolarità il Times, il Frankfurter Postzeitung, riviste scientifiche e letterarie tedesche, inglesi e francesi. In questo periodo scopre Giacomo Leopardi, immergendosi «con molto diletto» nella lettura delle Operette morali e dei Pensieri. La seconda edizione del Mondo si esaurisce.

Terza edizione del Mondo. La giovane e bella scultrice Elisabeth Ney modella un busto di Schopenhauer.

Dal mese di aprile si manifestano problemi di salute: difficoltà respiratorie e tachicardia. Il 9 settembre il filosofo si ammala di polmonite: frequenti sbocchi di sangue. Con Gwinner, Schopenhauer si intrattiene parlando di politica e della questione dell'unità d'Italia. Il 21 settembre il grande filosofo muore. Viene seppellito cinque giorni dopo nel cimitero di Francoforte, alla presenza di pochi fedelissimi. Sulla pietra sepolcrale nessuna epigrafe, solo il suo nome: Arthur Schopenhauer.

Critiche alla filosofia di Schopenhauer

Il filosofo danese Søren Kierkegaard (1813 - 1855), anche se, come ammette nel suo Diario (1834-1855): "Come ho detto A.S. mi ha interessato molto. E pertanto naturalmente anche la sua "sorte in Germania", muove due principali critiche alla sua filosofia:"Contro la sua etica ho specialmente due obiezioni da fare. In primo luogo la sua concezione si riassume così : o attraverso l'intelletto, quindi intellettualmente, o attraverso le sofferenze, l'individuo arriva a scandagliare tutta la miseria di questa esistenza, e risolve allora di uccidere ovvero di mortificare il desiderio di vivere. Di qui l'ascesi; e così si arriva ad una contemplazione, ad un quietismo a traverso la perfetta ascesi. E questo l'individuo lo fa per 'simpatia' ( qui sta il principio morale di A.S.): per simpatia, perche' egli simpatizza con tutta quella afflizione ch'e' l'esistenza, quindi simpatizza con l'afflizione di tutti gli altri, la quale consiste nell'esistere". Secondo Kierkegaard, Schophenauer con questa concezione della ascesi e della mortificazione con cui 'simpatizza', nasconde la 'furfanteria' di chi 'non vuole arrischiare per conto suo la cosa estrema'. La seconda feroce accusa ha a che fare con la 'onesta' ipocrisia del filosofo tedesco:" In secondo luogo (e questa è un'obbiezione capitale) quando si è letta da capo a fondo l'Etica di A.S., si arriva a sapere (onesto fin qui egli naturalmente lo è) che per suo conto egli non è un simile asceta. Dunque lui stesso non è la contemplazione raggiunta per via dell'ascesi, ma una contemplazione che si rapporta contemplando quell'ascesi.......Ma anche a questo modo la cosa non va, perché è sempre uno sbaglio esporre un'etica che non esercita sul maestro tale potere così che egli stesso l'esprima nella sua vita. A.S. però fa dell'Etica una specie di genialità: ma è proprio questa la considerazione amorale della morale." (Diario di Søren Kierkegaard, a cura di Cornelio Fabro, Rizzoli, Milano 1975, pagine da 227 a 233)

Le opere

Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (titolo originale: Über die vierfache Wurzel des Satzes vom zureichenden Grunde), 1813.
Sulla vista e i colori (titolo originale: Über das Sehen und die Farben), 1816.
Il mondo come volontà e rappresentazione (titolo originale: Die Welt als Wille und Vorstellung), 1818/1819, secondo volume, 1844.
Sul volere nella natura (titolo originale: Über den Willen in der Natur), 1836.
Sulla libertà del volere umano (titolo originale: Über die Freiheit des menschlichen Willens), 1839.
Sul fondamento della morale (titolo originale: Über die Grundlage der Moral), 1840.
Parerga e paralipomena (titolo originale: Parerga und Paralipomena), 1851.
Metafisica dei costumi. Lezioni filosofiche
Sulla lingua e sulle parole
Saggezza della vita
Aforismi scelti
Sulla felicità e sul dolore
Memoria sulle scienze occulte
Sulla religione
Sulla lettura e sui libri
La filosofia delle università
Sul mestiere dello scrittore e sullo stile
Consigli sulla felicità
Metafisica dell'amore sessuale. L'amore inganno della natura

Di pubblicazione postuma

L'arte di ottenere ragione.
L'arte di invecchiare, Adelphi (P.B.542), Milano 2006
L'arte di trattare le donne, Adelphi (P.B.457), Milano 2000
L'arte di insultare.
L'arte di conoscere se stessi, Adelphi (P.B.495), Milano 2003
L'arte di essere felici, Adelphi (P.B.390), Milano 1997
L'arte di farsi rispettare, Adelphi (P.B.410), Milano 1998
Il giudizio degli altri.
Il mio Oriente.
L'arte della musica, in appendice scritti inediti di Richard Wagner; traduzione, saggio introduttivo e cura di Francesca Crocetti, Firenze, Clinamen 2003.
« La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado, e la sua universalità sta all'universalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose. »