18.8.11

Giacomo Agostini






anche noto con il nomignolo di Ago, è un pilota motociclistico italiano, detentore di 15 titoli mondiali e per questo considerato uno dei più grandi campioni del motociclismo sportivo di tutti i tempi.

Primogenito di tre fratelli, Giacomo Agostini nacque in un ospedale di Brescia, ma la famiglia era originaria di Lovere (BG), presso il cui Comune il padre era impiegato come messo e gestiva una torbiera di proprietà. La circostanza fu fonte, in seguito, di numerosi equivoci, tanto che numerose biografie attribuirono quale luogo di nascita di Agostini proprio Lovere.
Sin da bambino venne fortemente attratto dal mondo dei motori, ma fu costretto a limitare i suoi primi impegni agonistici nell'ambito di gare clandestinamente organizzate da ragazzini, in sella all'"Aquilotto" di famiglia, sulle strade sterrate e tortuose che costeggiavano il Lago d'Iseo, o nelle locali gare di gincana, a causa della ferma contrarietà del padre verso l'insicura, in tutti i sensi, carriera di pilota. Il primo contatto con la moto l'aveva avuto a nove anni, quando decise di "rubare" il "Galletto" di papà per compiere qualche giro in paese. Giunto nella piazza, cadde rovinosamente a terra appena dopo aver fermato il veicolo, non avendo prevista l'impossibilità di toccare terra con i piedi, determinata dall'ancora insufficiente statura. Con l'"Aquilotto", però, era un vero "mago" e riusciva regolarmente a battere gli specialisti della provincia nelle gincane organizzate in occasione delle sagre paesane. Riuscì anche a farsi regalare una Parilla da fuoristrada, ma il neo-istituito Trofeo Nazionale Gincane, riservato agli iscritti FIM, gli precluse la partecipazione alle competizioni più importanti.

Compiuti i 18 anni, età minima allora prevista per l'iscrizione alle gare ufficiali, l'insistenza di Giacomo cominciò a farsi pressante. Il padre, forse temendo d'essere troppo severo, si consultò con l'anziano notaio di famiglia, per sentirne il parere in merito al proprio timore che la motocicletta fosse troppo pericolosa o potesse distrarre il figlio dallo studio. L'austero notaio che era notoriamente saggio, ma anche discretamente sordo, intese "bicicletta" al posto di "motocicletta", e sentenziò: «Dai Aurelio, firma. Fagli fare dello sport. Lo sport fa bene, soprattutto ai giovani. Li tiene lontani da altre distrazioni, altri pericoli.»
Fu grazie a questo piccola "commedia degli equivoci" che Giacomo Agostini, nel 1961, riuscì ad avere la moto dei suoi sogni, e di buona parte dei suoi coetanei: una Morini 175 Settebello.
Alcuni biografi ipotizzano che se Agostini avesse iniziato prima a gareggiare, per poi debuttare nel Motomondiale a diciassette anni, come Angel Nieto, avrebbe potuto raggiungere risultati ancora maggiori. Altri, all'opposto, sostengono che il divieto paterno determinò per il pilota un approccio maturo al mondo delle corse, consentendogli di unire il grande talento di guida ad una razionale concretezza tattica, che costituirono il necessario presupposto per gli strabilianti risultati ottenuti.

L'esordio sportivo

La prima gara ufficiale a cui partecipò con la fiammante Moto Morini "Settebello", il 19 luglio 1961, fu la gara in salita "Trento-Bondone", nella quale si classificò secondo. Nella stagione 1962, dopo aver fatto preparare il motore della "Settebello" montando la nuova testa "Aste Corte", oltre alle competizioni sui tracciati di montagna, si iscrisse anche al "Campionato Italiano di Velocità Cadetti". Pur partecipando con la stessa moto a bordo della quale raggiungeva il circuito e faceva ritorno a casa, l'allora sconosciuto "Ago" si aggiudicò la sua prima vittoria nell'importante circuito di Modena. L'impresa e, soprattutto, la scarsità di mezzi con cui l'aveva realizzata, non sfuggirono agli occhi esperti e pragmatici di Alfonso Morini, dal quale partì un'immediata proposta d'ingaggio come pilota ufficiale che incontrò subito l'entusiastico assenso del pilota, ma doveva anche essere approvata formalmente dal padre, stante la minore età di Giacomo.

La Moto Morini

Superato il problema di far firmare il contratto d'ingaggio al sempre più preoccupato genitore, la carriera sportiva di Giacomo Agostini iniziò ad assumere caratteristiche professionali. Ora disponeva di una "Settebello" preparata per lui dal reparto corse Moto Morini e di un meccanico per l'assistenza in pista. L'unico dubbio che gli restava era il tipo di specialità a cui iscriversi. Nelle corse sui tracciati montani, dove conta molto più l'abilità del pilota che la potenza del motore, aveva sempre ottenuto ottimi risultati, ma con la moto ufficiale avrebbe potuto ben figurare anche nelle gare in circuito. Non sapendosi risolvere, decise di partecipare sia al Campionato Italiano della Montagna che al Campionato Italiano di Velocità Juniores, conquistandoli entrambi ed aggiudicandosi tutte le gare della stagione 1963.
Un tale sfoggio di talento e agonismo, congiuntamente al burrascoso abbandono di Tarquinio Provini per passare alla Benelli, convinse la Morini a promuovere "Ago" come prima guida del reparto corse, schierandolo nel campionato Seniores e nelle "partecipazioni dimostrative" al Motomondiale, in sella alla 250 Bialbero. Anche il campionato italiano 250 si aggiunse al suo palmarès ed inoltre svolse egregiamente le sue prime esperienze nel campionato mondiale, debuttando sul circuito di Solitude (Stoccarda), il 19 luglio 1964, nel GP di Germania Ovest e, successivamente, partecipando al GP delle Nazioni sul circuito di Monza, conquistando il 4º posto in entrambe le gare.
Il ristretto budget destinato dalla Moto Morini al reparto corse, che già era stato causa della mancata vittoria di Provini nella classe 250 per la stagione 1963, non poteva consentire la competitiva partecipazione al campionato mondiale del pilota bergamasco, sul quale molti team avevano ormai messo gli occhi.

La MV Agusta

Nonostante il forte legame con la Morini, anche attraverso i buoni consigli e l'opera mediatrice di Carlo Ubbiali, Agostini approdò alla MV Agusta, inizialmente con l'incarico di sviluppare la nuova "tre cilindri" e poi come seconda guida nel motomondiale 1965, dove poté competere nelle classi 350 e 500. Raggiunse la seconda posizione nel campionato, in entrambe le classi; alle spalle del compagno di squadra Mike Hailwood in "500" ed alle spalle di Jim Redman e della sua Honda in "350", dopo aver perso l'ultima e decisiva gara in Giappone, a causa dell'improvviso distaccarsi dal condensatore di un filo elettrico male saldato che determinò il ritiro del pilota. L'aver mancato la sua prima conquista mondiale per colpa di un guasto tanto banale e prevedibile, acuì a dismisura l'attenzione di Agostini nei confronti dei particolari tecnici, originandone la leggendaria pignoleria che, per tutta la carriera, gli fece controllare e ricontrollare personalmente ogni minimo dettaglio.
Al termine del campionato Hailwood abbandonò la MV Agusta per la Honda e le successive stagioni furono caratterizzate da una serie di duelli epici tra i due piloti, ex compagni di squadra. Nel 1966 Agostini conquistò la vittoria nella classe 500, davanti all'inglese, ed Hailwood si aggiudicò la classe 350, davanti all'italiano. L'epilogo del campionato, conclusosi a Monza l'11 settembre, risultò entusiasmante. Hailwood decise di non partecipare alla gare delle "350", avendo già un notevole vantaggio, e di concentrarsi sulla gara delle "500". Agostini, invece, partecipò alla "350", pur non avendo alcuna speranza per la classifica finale, e la vinse, anche doppiando il secondo arrivato, Renzo Pasolini. Nella "500" Agostini partì male, ma recuperò giro dopo giro, fino a riprendere e superare Hailwood, aggiudicandosi la gara ed il titolo iridato.
L'anno successivo, davanti al pubblico strabocchevole che riempiva i circuiti, richiamato da questo forte dualismo, si svolse un'altra stagione dai titoli iridati contesi fino all'ultima gara che vide rinnovarsi la situazione precedente, con Agostini 1º in "500" e 2º in "350" e Hailwood 1º in "350" e 2º in "500". Curiosamente, i due ottennero lo stesso punteggio in "500", con eguale numero di vittorie ed eguali piazzamenti. Per la prima e unica volta nella storia del motociclismo, venne applicata la "regola del più giovane" ed il titolo fu assegnato ad Agostini in quanto pilota di età inferiore.
Al termine della stagione 1967, la Honda annunciò il suo momentaneo ritiro, dichiarandosi però disposta a sborsare ugualmente l'ingaggio di Hailwood, purché non cambiasse squadra. La proposta venne accettata dal pilota inglese che decise di prendersi un anno sabbatico e rifiutò le molte offerte ricevute. Il ritiro della Honda non fu così "momentaneo" (ritornerà a competere nel motomondiale 1979) e, comunque, Hailwood decise di tentare l'avventura in Formula 1, riapparendo nelle competizioni motociclistiche in saltuarie occasioni. Fu così che, in modo del tutto inatteso, Agostini e la MV Agusta rimasero orfani degli avversari più temibili e, nel quinquennio sportivo dal 1968 al 1972, collezionarono una serie impressionante di vittorie che fruttarono 10 titoli mondiali piloti e 10 titoli mondiali costruttori, nelle classi "350" e "500".
Gli sforzi tecnici di molti costruttori come Aermacchi, Benelli, Bultaco, Husqvarna, Kawasaki, LinTo, Matchless, Norton, Triumph, Suzuki e Yamaha, non riuscirono minimamente a scalfire il binomio Ago-MV che conquistò 82 dei 102 gran premi disputati nelle classi "350" e "500" in quel lustro, dividendo il pubblico tra i sostenitori del prevalente merito di Agostini come pilota e coloro che attribuivano le vittorie alla superiorità tecnica della moto.

La rivalità con la MV Agusta e il rifiuto del TT

L'enorme popolarità e prestigio del pilota risultavano piuttosto fastidiosi per la MV Agusta che, nel tentativo di ridimensionarne la figura, già nel 1970 aveva affiancato ad Agostini un compagno aggressivo e di alto valore tecnico, come Angelo Bergamonti. Purtroppo, durante la prova di Riccione della temporada, che precedeva il motomondiale, Bergamonti perì in un incidente di gara. La stagione del 1971 lo vide conquistare i mondiali della "350" e della "500" con tre gare d'anticipo sulla chiusura dei campionati e, con i 10 titoli iridati, scavalcò Hailwood e Ubbiali, raggiungendo la vetta della speciale classifica di piloti per numero di titoli mondiali vinti.
Nel 1972 gli venne affiancato Alberto Pagani che non costituì una seria minaccia per la sua leadership.
Quest'ultima stagione segnò particolarmente il pilota bergamasco per la morte dell'amico Gilberto Parlotti, durante il Tourist Trophy. Al termine della gara, pur essendo quello il suo circuito preferito, nel quale aveva già trionfato 10 volte, Agostini si fece portavoce del malumore che serpeggiava tra i colleghi, rilasciando pesanti dichiarazioni circa le responsabilità della federazione sportiva nell'utilizzare un tracciato tanto pericoloso e affermando che si sarebbe astenuto dal partecipare alle edizioni successive. Le reazioni della FIM, delle case motociclistiche e della stampa sportiva, che vedevano minacciata la gara più seguita e con elevati interessi pubblicitari, non si fecero attendere e furono durissime. Agostini, pur pungolato dalla stampa, non entrò nella furiosa polemica seguita alle sue dichiarazioni e questo comportamento venne interpretato come segno di ripensamento, ma così non fu: egli tenne fede alla parola data e non si presentò più al Gran Premio dell'Isola di Man, anche nelle stagioni in cui tale gara avrebbe potuto essere determinante per la classifica del campionato mondiale. Incoraggiati al suo esempio, anno dopo anno, anche altri piloti seguirono la decisione di Ago, progressivamente impoverendo la griglia di partenza, fino a che il Tourist Trophy venne cancellato dal calendario del motomondiale, nel 1977.
Dopo la scomparsa di Parlotti, la nuova gestione aziendale, subentrata a quella del conte Domenico Agusta, decise di reclutare un nuovo pilota, scegliendo il pluricampione mondiale Phil Read per il campionato del 1973, al quale venne affidata la "500" vincente, mentre ad Agostini venne assegnato un prototipo sperimentale con cilindrata ridotta, derivante da un'evoluzione della "350".
La stagione del 1973, ricordata come l' annus horribilis nella storia del motociclismo mondiale, a causa della tragedia di Monza dove persero la vita Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, fu particolarmente pesante per il pilota bergamasco. La moto sperimentale collezionò una tale serie di rotture che Agostini riuscì raggiungere il traguardo solamente in 4 delle 11 gare che componevano il campionato della classe 500. I 57 punti racimolati in quelle 4 prove, 3 vittorie e un 2º posto, gli furono a malapena sufficienti per apparire 3º nella classifica finale della "500", alle spalle del vittorioso compagno di squadra Read e del 2º classificato Kim Newcombe, alfiere della König.

La Yamaha

Forse per questi attriti o per aver capito l'inevitabile declino del motore a quattro tempi, Agostini riprese i contatti con la Yamaha della quale, già nel 1971, aveva rifiutata l'offerta che si favoleggiava essere principesca. Al termine della stagione del 1973, annunciò il divorzio dalla MV Agusta e firmò un contratto per due stagioni con la casa giapponese, a fronte di un ingaggio che la stampa specializzata ipotizzava nella cifra, strabiliante per l'epoca, di 150.000.000 di lire. La rottura del connubio, durato quasi un decennio e dimostratosi temibile sulle piste di tutto il mondo, suscitò un clamore indicibile e discussioni giornalistiche infinite. La maggiore incertezza era dovuta al fatto che il pilota italiano non aveva esperienza con le moto a due tempi; tipologia che, secondo molti esperti, non si confaceva al suo stile di guida composto e regolare. Tutti attendevano il nuovo binomio Ago-Yamaha alla prova dei fatti. Dall'autunno 1973 alla primavera 1974, come da contratto, Agostini si trasferì in Giappone per contribuire allo sviluppo della Yamaha YZR500 OW20, facendo apportare numerose migliorie, soprattutto alla ciclistica.
L'esordio avvenne alla 200 miglia di Daytona, una gara prestigiosa e particolarmente combattuta per il grande ritorno d'immagine che la vittoria procurava sul ricco e ambìto mercato statunitense. Agostini, per la prima volta in gara con una moto a due tempi, si presentò in sella alla nuovissima Yamaha TZ 750 e vinse, riconfermando il suo stato di forma due settimane più tardi in Italia, dove trionfò anche nella 200 miglia di Imola.
Nonostante i buoni auspici, la stagione del 1974 si rivelò piuttosto tribolata per Agostini. La classe 500 venne conquistata dalla MV Agusta di Phil Read, anche grazie ad una serie di sfortunate coincidenze occorse alla moto di Ago. La più celebre avvenne al Gran Premio delle Nazioni di Imola dove, trovandosi primo con largo margine e incitato dal pubblico in delirio, Agostini inanellò una serie impressionante di giri-record nel tentativo di doppiare il rivale Read, in quarta posizione. Non appena iniziato l'ultimo giro, la "OW20" di Agostini rimase senza carburante. Il pilota bergamasco si consolò con la conquista del titolo mondiale nella classe 350.
Nel campionato del 1975 l'attenzione del pubblico e della stampa fu catalizzata dalla lotta in classe 500 tra la Yamaha di Agostini e la MV Agusta di Read, che si concluse con la conquista del 15º e ultimo titolo iridato da parte del pilota italiano. La grande novità dell'anno, però, erano i giovani piloti, cui la Yamaha, con una politica mai vista fino ad allora, aveva messe a disposizione decine di moto competitive, occupando gli spazi lasciati liberi dalle tante case inglesi, tedesche, cecoslovacche e italiane che si erano ritirate dalle gare.

Le ultime due stagioni in moto

Per la stagione del 1976 il campione del mondo e la Yamaha non riuscirono a raggiungere un accordo. Per la casa giapponese, molto impegnata sul fronte delle competizioni statunitensi e troppo sicura delle proprie potenzialità, fu un vero disastro; in quell'anno riuscì a conquistare solamente il titolo costruttori nella classe 350.
Agostini rimase indeciso se accettare l'offerta della Suzuki o se tornare a correre con le MV Agusta. L'azienda varesina, infatti, aveva deciso di ritirarsi dalle competizioni ed il reparto corse richiamava a gran voce Agostini per guidare una sorta di "ultima stagione autogestita".
L'impresa si mostrava irragionevole, data l'assenza di sviluppo delle MV Agusta e la superiorità tecnologica dei motori a due tempi, ormai incontrovertibile. Tuttavia, l'antica amicizia con Arturo Magni, il significato patriottico e la "componente romantica" della sfida, fecero decidere Agostini ad assumere la gestione del vecchio reparto corse, pur accettando, prudenzialmente, la disponibilità di un esemplare di "XR-14" dalla Suzuki. Nell'occasione, Agostini mise in luce inaspettate doti manageriali, riuscendo surrogare il sostegno dell'ormai smantellata MV Agusta con importanti finanziamenti di note aziende multinazionali che diedero modo di creare il team API-Marlboro, incorporando tutti i meccanici e tecnici del reparto corse MV. I risultati furono deludenti, se si eccettuano le ultime storiche vittorie delle MV Agusta: nella classe 350 ad Assen e nella classe 500 al Nürburgring. In verità, almeno per la classe inferiore, la vecchia "350 4 cilindri" era stata ben sviluppata dal reparto corse, ottenendo una moto altamente competitiva sotto il profilo delle prestazioni. La scarsa qualità delle componenti elettriche ed elettroniche, però, fu causa di una continua serie di ritiri, spesso avvenuti quando il pilota italiano si trovava in testa alla gara.
Durante la stagione successiva, vinse la sua ultima gara iridata, conquistando il gran premio conclusivo della Formula 750, sul circuito di Hockenheim, in sella alla Yamaha TZ 750, il 25 settembre 1977.
Data la situazione, Agostini prese il destro del tradizionale messaggio d'auguri natalizio alla stampa per comunicare il ritiro dal motomondiale, contemporaneamente annunciando l'intenzione di dedicarsi alle competizioni automobilistiche.

Le automobili

Il passaggio alle quattro ruote, probabilmente, fu per Agostini un modo per sfruttare al meglio la sua popolarità sportiva e, contemporaneamente, per rendere meno amaro l'abbandono dell'attività agonistica. La scomparsa dai circuiti della MV Agusta e delle principali case europee, aveva spostato l'attenzione del pubblico (e degli sponsor) verso le gare automobilistiche che, in quegli anni, vivevano stagioni particolarmente appassionanti e combattute. Inoltre, con i suoi 36 anni, non poteva certo sperare in una carriera automobilistica di alto livello.
Sempre sponsorizzato dalla stessa industria del tabacco che aveva finanziato le ultime due stagioni in moto, per la quale era ormai uno degli uomini-immagine a livello mondiale, Giacomo Agostini partecipò al campionato di Formula 2 del 1978, alla guida di una Chevron B42 motorizzata BMW, per passare alla Formula 1 Aurora, nelle due stagioni successive, a bordo della Williams FW06.
Se i risultati economici furono soddisfacenti, non altrettanto si può dire di quelli sportivi, che si limitarono a qualche podio. Al termine della stagione 1980, nella quale si classificò 5º, Agostini decise di ritirarsi definitivamente dalle competizioni.

Direttore sportivo

Il 1981 fu un anno sabbatico per il pilota bergamasco, nel corso del quale ricevette alcune proposte dagli sponsor che, nell'anno successivo, sfociarono in un ritorno al motomondiale, come direttore sportivo del Team Marlboro-Yamaha.
Nel nuovo incarico di team manager, protrattosi per quattordici stagioni consecutive, Agostini poté mettere a frutto la propria esperienza organizzativa e tattica, oltre alla maniacale attenzione per i particolari importanti, che erano stati alla base dei suoi successi. Nei primi undici anni passati alla Yamaha, il suo team riuscì a racimolare il consistente bottino di 6 titoli mondiali in classe 500: tre titoli costruttori (1986, 1987 e 1988) e tre titoli piloti (1984, 1986 e 1988), questi ultimi conquistati dal pupillo Eddie Lawson.
Nel 1992 venne chiamato dalla Cagiva, dove rimase per tre anni, fino al ritiro della casa varesina dalle competizioni. Nel 1995 l'ultima stagione nel motomondiale con il pilota Doriano Romboni.
Palmarès
Nella storia del Campionato Mondiale di Velocità, è il pilota che ha conquistato il maggior numero di titoli iridati, vincendo 123 Gran Premi e riuscendo a guadagnare il podio in 163 delle 190 gare, valide per il titolo mondiale, alle quali ha partecipato. Nella classe 500 ha ottenuto 8 titoli mondiali con 68 vittorie nei GP e nella "350" 7 mondiali e 54 vittorie nei GP. In "750" ha vinto un solo GP.
Tra i grandi campioni nella storia del motociclismo, è l'unico ad aver conseguito un numero di titoli iridati (15) superiore al numero delle stagioni disputate (14).
Il suo palmarès si fregia anche di 20 titoli nazionali e di un totale di 311 vittorie in gare ufficiali.

Oltre le competizioni

Agostini fu il primo sportivo italiano a gestire la propria immagine a livello manageriale, con il riuscito intento di trarne profitto. Sfruttando la grande popolarità derivante dalla stampa sportiva e aiutato dalla sua naturale fotogenia, divenne un personaggio anche in campi diversi da quello motociclistico.
Già dalla fine degli anni sessanta fu un abituale protagonista del gossip nei rotocalchi rosa che gli attribuirono decine di flirt con attrici, modelle e star dello spettacolo. Interpretò poi fotoromanzi e film e fece da testimonial per importanti aziende, riempiendo la tuta di etichette degli sponsor e prestando il volto a numerose campagne pubblicitarie.

Nessun commento:

Posta un commento