12.3.11

intervisteria




Stefania Rocca: i conti con i miei 40 anni

Arriva il grande ritorno in tv. Ma soprattutto arriva un compleanno speciale. Cosa rimane della “pischella presuntuosa” di un tempo? Una spruzzata di femmina capricciosa che appare e scompare. e il non volersi sposare. Anche se con il suo uomo è amore totale
di Erica Arosio

- E il 24 aprile fanno 40 anni. Stefania Rocca dice che li ha vissuti fra ribellioni, azzardi e ripensamenti e adesso forse è diventata ufficialmente grande. Anche se sembra ancora un’adolescente con quel corpo lungo lungo e sottile, su cui volentieri si arrampicano, scalandola come solo i bambini sanno fare, i suoi due figli, Leone, di 3 anni e Zeno, 1.

«Sì, sono magra ed è colpa loro se lo sono così tanto. È una tal fatica avere due bambini piccoli che quando capita di alzarmi la mattina e rendermi conto di aver dormito tutta notte, perché nessuno dei due si è svegliato, grido al miracolo...».

40 anni e la metà passati nel cinema e poi in tv.

«Agli inizi la vivevo con sospetto».

Ora invece è in cima ai suoi impegni, soprattutto dopo il successo di Tutti pazzi per amore. Il 13 marzo la vedremo su Rai Uno in Edda Ciano e il comunista (tratto dal libro di Marcello Sorgi e prodotto da Luca Barbareschi per Casanova Multimedia in collaborazione con Rai fiction). Racconta l’amore fra la figlia di Mussolini e l’ex partigiano Leonida, nel 1948, a Lipari.

Oggi quanto contano le barriere ideologiche come nel caso di quell’amore?

Oggi va bene tutto. E quel che non va bene, passa ugualmente per ipocrisia: la cosa che più detesto dell’Italia. A quei tempi, invece, con idee nette sul bene e sul male, su vincitori e vinti, quella era una storia davvero scandalosa e c’è voluto coraggio per viverla. O un grande amore. Ho letto le lettere di Edda: meravigliose, scritte da una donna innamorata, diversa dal pezzo di ghiaccio tutto controllo che vedevano gli altri. Era una persona sdoppiata, spesso costretta a fare cose che non avrebbe desiderato, per essere come gli altri la volevano. Stanchi di guerra e stanchi di violenza, in qualche modo tutti e due sconfitti, si sono incontrati.

Edda l’avrebbe interpretata vent’anni fa?

Vent’anni fa non sarei stata in tv. Ero una pischella presuntuosa, molto radicale, molto imbevuta di illusioni sul cinema: girando film, pensavo di cambiare il mondo. Snobbavo la tv, con la stessa arroganza che gli attori di teatro esibivano nei confronti del cinema, considerato troppo commerciale.

Adesso?

Adesso...sono passati cento anni. Respiro il momento in cui viviamo e sono parte del mondo. Non c’è niente di sminuente nella tv e poi, a dirla tutta, non è che il cinema voli così alto.

Il gioco dei 40 anni prevede uno sguardo all’indietro: finita la ribellione?

Quella sì, ma l’irrequietezza resta. Le faccio un esempio. Non ho voluto sposarmi per paura di diventare quella che già sono in realtà: una signora con lo stesso compagno da sei anni e due figli! Però, non avere ancora ufficializzato nulla mi fa sentire, ingenuamente, più libera. Mi sembra di non aver ceduto alle regole sociali: a una certa età la laurea, poi il matrimonio e, infine, i figli.

Dieci anni fa un’altra alzata di scudi: ha lasciato l’Italia per Parigi e ha smesso per un po’ di lavorare.

Volevo far qualcosa per me e pensare al mio mestiere in modo più distaccato. Stavo rischiando di prendermi troppo sul serio: detesto quelle che la mettono giù dura, in fondo siamo solo dei guitti, no? Il francese è una lingua che mi è sempre piaciuta e così ho deciso di studiarlo. Poi, sul treno verso Parigi, a gennaio, coi miei due gatti, senza sapere come mi sarei trovata, sola, nell’appartamentino che avevo affittato a Bastille, sono stata presa dal panico. Invece, a pensarci, ho fatto benissimo, perché da quel momento ho scelto meglio i film. Il primo preparato a Parigi è stato il ruolo della cieca in La bestia nel cuore, di Cristina Comencini, poi presentato alla Mostra di Venezia. E a Parigi ho vissuto fino a tre anni fa, quando è nato Leone. Carlo Capasa, il mio compagno, faceva avanti e indietro.

Com’è nata la vostra storia?

Ci conoscevamo dal 1994, dai tempi di Nirvana, il mio primo ruolo importante. Ho cominciato allora a vestirmi con gli abiti del suo marchio, Costume National. E un rapporto di lavoro, molto lentamente e in modo naturale, è diventato qualcosa di profondo. Senza bisogno di troppe parole: è successo! So che potrò fidarmi di lui per sempre.

Se le chiedessi che cosa vi lega, al primo posto mette...

La stessa energia nel vivere le cose: cerchiamo di farle al meglio, senza prosopopea. E mantenendo la capacità di ridere.

Che effetto le fa il mondo della moda, quello del suo uomo?

Quanto è diverso dal cinema! Noi, in fondo, viviamo un po’ sull’arte di arrangiarsi. Loro, in 15 minuti di sfilata mettono in gioco il lavoro di un anno. Prima di conoscere l’azienda di Carlo, immaginavo che fosse un ambiente superficiale, lustrini e bollicine, e invece ho scoperto una serietà incredibile, l’enorme lavoro di ricerca. Però, l’ammetto, non ci capisco nulla.

Litigate?

Solo per stupidaggini, quando io faccio la femmina capricciosa, che ogni tanto ci vuole. Quando sono troppo lunatica e egocentrica.

E lui?

Tiene botta, da uomo roccioso qual è. A volte vorrei che fosse più simile a me, più istintivo e entusiasta: ma poi sono certa che non mi piacerebbe. È bello che lui compensi certi aspetti volatili del mio carattere. Queste però sono solo parole al vento. La verità, l’unica, è che ci amiamo davvero.

È scesa in piazza il 13 febbraio?

No, ma solo perché era domenica e non avevo la baby sitter. Perché, va bene non enfatizzare, ma in questo momento la dignità delle donne deve essere difesa: c’è una deriva che ha portato molte ad accettare qualunque compromesso pur di apparire e avere denaro. Ha origini lontane e tutti ne siamo responsabili, uomini e donne. Ma su certe cose, per esempio la proposta di riaprire le case chiuse, mi infervoro e mi indigno.

Condanna la prostituzione?

Detesto chi è più realista del re. Non condanno le escort, la libertà di scelta è sacrosanta: ma da lì a difendere la professione, ne corre. C’è un esperimento che chiarisce il mio pensiero. Immaginate di avere davanti una ragazzina di 13 anni: cosa le direste?

Lei cosa direbbe?

Che buttare via la femminilità è un peccato. Che fare l’amore con la persona che ami è la cosa più bella del mondo. Che ci sono mille lavori meravigliosi ai quali una donna può aspirare. Poi, per carità, in certi casi può anche essere una scelta obbligata.

A chi si riferisce?

Quando ho girato Resurrezione, in Russia, alcune delle 300 comparse che erano sul set, tutte donne bellissime, mi hanno invitato ad uscire a cena con loro. Le scortava un uomo, con una Mercedes nera, lussuosissima. Ricordo di essermi chiesta: ma come, qui son tutti poveri, cosa ci fa quello con quell’auto? Le ragazze me lo hanno presentato dicendo che era un loro amico. Poi, però, a fine serata, le due con cui stavo parlando sono scoppiate a piangere: dovevano andare a lavorare, quello era il loro protettore. Forse non hanno alternative, forse lo fanno per fame, come in Romania: lì ho girato Mafalda e ho visto situazioni simili. Ma vendersi solo per avere più soldi... Insomma, non voglio arrendermi, non accetto che essere prostitute venga rivendicato, che diventi uno status di cui essere orgogliose!

Di tutto questo che racconterà ai suoi figli, quando verrà il momento?

Le stesse cose che sto dicendo a lei, anche se nel mio inguaribile ottimismo spero che allora il mondo sarà migliore. Sono contenta di avere due maschi: sono più semplici di noi femmine, anche se avrò altri problemi, il bullismo che c’è nelle scuole o il rapporto con la forza e il potere. Sono cresciuta con due sorelle e quattro cugine e mi diverto nella mia famiglia tutta al maschile!

Nella sua di origine, tutta al femminile, quando ha capito le diverse dinamiche fra uomini e donne?

Prestissimo, ma questo non serve a evitare le incomprensioni. I maschi sono dinamici, impulsivi e pratici, le bimbe più riflessive. Puoi farle stare tranquille davanti a un disegno. I bambini non c’è verso di tenerli fermi, corrono, prendono le macchinine, la palla. E cadono. Coi miei c’è sempre qualche taglio da medicare. Le donne mi affascinano per la loro psicologia più complessa: mi piace raccontarle al cinema.

Nell’amore meglio le somiglianze o le diversità?

Le somiglianze ti avvicinano, rendono più semplice la vita quotidiana, ma se non ci sono contrasti non possono esserci né attrazione, né mistero.

Continueremo a vederla in tv?

Ho voglia di scrivere. Ho cominciato quando ero incinta di Zeno. Avevo acquistato i diritti di un romanzo del 1960 di Maria Corti, L’ora di tutti, storia della presa di Otranto nel 400 da parte dei turchi. È molto attuale per come racconta la paura del diverso e l’attesa delle democrazia. Non se ne è fatto niente, ma non mi arrendo: con altri amici fra cui Gabriele Salvatores che mi aveva diretta in Nirvana abbiamo nel cassetto tanti progetti. Di cinema. Ma la tv non mi fa paura! Dopo tutto, ho 40 anni.

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