2.3.11

Greta Garbo




nome d'arte di Greta Lovisa Gustafsson, è stata un'attrice svedese, fra le più celebri di tutti i tempi. Sedusse generazioni di appassionati di cinema con il suo carisma e il suo fascino misterioso. Per la sua bellezza e per la indiscussa bravura, venne soprannominata la Divina.
Terza di tre fratelli (Alva, morta giovanissima, e Sven), Greta Lovisa Gustafsson, figlia di Karl Alfred Gustafsson, netturbino, e di Anna Lovisa Johansson, contadina d'origine lappone, era una bimba dal carattere malinconico e piuttosto chiuso che preferiva restare sola appartata a fantasticare piuttosto che unirsi ai coetanei nel gioco; da grande confesserà che, pur considerandosi una bambina come tutte le altre, le capitava spesso di sentirsi un attimo prima molto felice, e subito dopo molto depressa. L'unico momento di gioco che si concedeva, spesso da sola nella cucina di casa, era fare teatro: si travestiva con abiti dismessi, si truccava e organizzava personali spettacoli.
Ancora quindicenne, alla morte del padre, dovette abbandonare la scuola per contribuire al sostentamento della famiglia; si impiegò così dapprima in un negozio di barbiere e poi, scontenta di quell'occupazione, come commessa e saltuariamente modella (sono pervenute a noi alcune fotografie della già conturbante adolescente Greta, che indossava abiti e cappelli in vendita nello stesso magazzino in cui serviva i clienti al banco) nel più grande emporio di Stoccolma - il PUB - dove, casualmente, conoscerà nell'estate del 1922 il regista Erik Petschler. Sarà proprio grazie a Petschler che verrà introdotta nel mondo nel cinema, dapprima con piccole particine e via via con ruoli sempre più importanti.
Il passaggio non sarà tuttavia agevole: Greta, infatti, dovrà superare prima una dura selezione che le consentirà di studiare gratis per tre anni all'Accademia Regia di Stoccolma; saranno sufficienti sei mesi, però, perché venga chiamata a fare un provino con Mauritz Stiller, regista finnico che, renitente alla leva, si era rifugiato in Svezia appena ventenne; Stiller aveva quarant'anni (Greta diciotto) e a quell'epoca godeva già d'una certa notorietà e era considerato un innovatore della tecnica cinematografica. L'artista omosessuale sarà per lungo tempo suo mentore e pigmalione.

Nasce Greta Garbo
È a questo punto della sua vita che Greta Lovisa decide, su consiglio dello stesso Stiller e facendone espressa richiesta al Ministero degli Interni, di cambiare il suo nome in Greta Garbo, ispirandosi a quello del re ungherese del secolo XVII Bethlen Gabor. Anche il suo look subisce dei progressivi mutamenti. Nel tempo libero, infatti, la ragazza ama vestire comodamente, in maniera molto informale, e in tal modo inventa, forse senza esserne in principio consapevole pienamente, anche uno stile: lo stile alla Garbo, decisamente androgino, con giacche di taglio maschile, pantaloni, camicia e cravatta.
Nel marzo del 1924 a Stoccolma viene presentato il film La saga di Gösta Berling: apprezzato dal pubblico, viene demolito dalla critica, ma Stiller decide di ripresentarlo a Berlino, dove registra un successo incondizionato. Nella città tedesca, Greta fa conoscenza con il regista Georg Wilhelm Pabst che le offre una parte nel film La via senza gioia: la pellicola si rivelerà un classico della cinematografia e servirà alla Garbo per lanciarsi verso un futuro hollywoodiano con contratto alla MGM.
Alti e bassi (e amarezze) si alterneranno a lungo nella storia di donna e d'attrice di Greta Garbo: scrive agli amici svedesi di sentirsi sola, infastidita dal clamore e d'essere scontenta per i suoi primi film girati nel 1926 nella Mecca del cinema - La tentatrice e Donna fatale - in cui ricopre parti di vamp, seducenti e distruttive, prive di scrupoli; un ruolo, dice, che lei «detesta». Dal 1927 al 1937 interpretò una ventina di film, sempre nel ruolo d'una seduttrice.
La Metro scoraggiò Greta fin che poté sulle sue aspettative per ruoli che avrebbe sentito più aderenti alla sua personalità (avrebbe desiderato interpretare il ruolo di Giovanna d'Arco; così come dovrà aspettare quattro anni e interpretare ancora sette film muti prima di venire impiegata in un film sonoro. E allora, finalmente, in Anna Christie (1930), Garbo parlerà per la prima volta in una pellicola e lo farà per chiedere al barista Jimmy «un whisky con ginger ale a parte. E non fare l'avaro!»). I rotocalchi dell'epoca non mancarono di salutare in maniera entusiastica l'avvenimento, titolando enfaticamente a caratteri cubitali: "Garbo talks!", ovvero "la Garbo parla!".
Ricorda Tina Lattanzi, voce italiana della Garbo, come l'attrice svedese - vista dal leggio di doppiaggio al di qua dello schermo - emanasse un glamour inconfondibile ed emozionante, impreziosito da una recitazione quanto mai espressiva giocata su minime sfumature.
Negli ambienti cinematografici molte, e non sempre confermate da dati di fatto, sono le leggende cresciute insieme e attorno alla figura di Greta Garbo; molto si è detto sulla sua presunta idiosincrasia a girare in presenza di persone non strettamente qualificate come addetti ai lavori, così come la stampa rosa d'ogni tempo si è sperticata a studiare al microscopio tendenze sessuali e rapporti interpersonali della signorina Greta Garbo che per i fotoreporter era possibile immortalare solo di sfuggita, mentre - avvolta in un cappotto lungo fino ai piedi, grossi occhiali da sole, il capo avvolto in un'ampia sciarpa - usciva di casa per recarsi a fare la spesa.
Molto chiacchierata a Hollywood fu la storia d'amore, o quanto meno di intensa amicizia, che la Garbo ebbe con l'attore americano John Gilbert, una delle più fulgide stelle del cinema muto.L'attrice svedese, sebbene sinceramente legata a lui, non esitò a lasciarlo quando questi le chiese di sposarlo; forse, indipendente ed autonoma, la Garbo non desiderava unirsi a nessuno. Sono emerse d'altra parte, fin da quegli anni, testimonianze circa la bisessualità della Garbo (vedi oltre). All'avvento del sonoro, la carriera cinematografica di Gilbert entrò in crisi: la sua voce non si rivelò adeguata alle pellicole parlate. Ma la Garbo non lo abbandonò: nel 1933 lo impose come comprimario al regista Rouben Mamoulian nel film La regina Cristina, che si rivelò un grande successo al botteghino.Con il compositore Leopold Stokowsky l'attrice visse un'altra storia sentimentale, coronata da una romantica fuga d'amore a Ravello, sulla costiera amalfitana (1938).
Sul grande schermo, Greta Garbo è stata anche spia, regina del doppio gioco, assassina, aristocratica, moglie infedele, ammaliatrice e donna irresistibile, cortigiana e prostituta. Nel 1939 Ernst Lubitsch ne fece la protagonista di un'esilarante commedia, Ninotchka (1939), in cui la diva dimostra impensabili doti di attrice brillante e dove, per la prima volta sullo schermo, la si vide ridere (il film venne lanciato infatti con lo slogan "Garbo laughs", ovvero "la Garbo ride").

L'addio al cinema
Dopo il grande insuccesso ottenuto con l'interpretazione di Non tradirmi con me del 1941, a soli 36 anni decise di ritirarsi dalle scene. Sfuggì sempre la notorietà: le sue ultime interviste, fra le poche rilasciate, risalgono al 1928, alla scrittrice Rilla Page Palmborg, e al 1929, al cronista del New York Times Mordaunt Hall. Varie biografie confermano, invece, l'intensa relazione fra la Garbo e Mercedes de Acosta, poetessa statunitense di origine spagnola, considerata una delle 'pioniere' del lesbismo negli ambienti hollywoodiani, che amò anche Marlene Dietrich, la storica 'rivale' sullo schermo della Garbo. Riservata fino all'eccesso, la Garbo non perdonò mai alla de Acosta di aver diffuso alla stampa informazioni sulla loro storia sentimentale e chiuse ogni rapporto con lei. In numerose lettere la poetessa implorò il suo perdono, ma l'attrice non cedette: la de Acosta morì sola e povera nel 1968, a New York.
Nel 1950 la rivista Variety nominò Greta Garbo migliore attrice dei primi cinquant'anni del secolo; un premio Oscar alla carriera le fu conferito nel 1954. Come migliore attrice era stata candidata quattro volte dall'Academy Awards. Da allora fino alla morte, avvenuta al Medical Center di Manhattan nel giorno di Pasqua del 1990, condusse una vita assolutamente riservata, sfuggendo cronisti e fotoreporter che invano tentavano d'avvicinarla. Stabilì la sua residenza a New York, in un lussuoso appartamento alle cui pareti erano appesi alcuni quadri di Renoir, uno fra i suoi pittori preferiti. Trascorse molto tempo a Taormina, ospite del dietologo delle dive Gailord Hauser, dando sfogo alla sua bisessualità che, in una città trasgressiva come Taormina, meta da due secoli di omosessuali famosi e non[senza fonte], non faceva notizia.
La Garbo ormai apparteneva al mito e all'immaginario collettivo, ben oltre quello star system dal quale aveva sempre preso le distanze. Federico Fellini, parlando di lei, la definì una fata severa: in cuor suo era, senza mezzi termini, la fondatrice d'un ordine religioso chiamato cinema.

Premi
Premio Oscar alla carriera nel 1954 e quattro nomination come miglior attrice con Anna Christie nel 1930, con Romanzo (sempre nel 1930), con Margherita Gauthier (nel 1937) e con Ninotchka (nel 1939)

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