28.2.11

Annie





Allieva al conservatorio di Rue Blanche (Scuola nazionale superiore delle arti e delle tecniche del teatro), dal 1949 fa apparizioni, la sera, nei cabaret (La Rose Rouge, a Montmartre, con il nome di Annie Girard, o al Lapin agile...) e contemporaneamente partecipa a riviste, come Dugudu con la compagnia di Robert Dhéry. Nel luglio 1954 esce dal conservatorio con due premi ed è ingaggiata poco dopo alla Comédie Francaise. La sua interpretazione in La machine à écrire nel 1956, a fianco di Robert Hirsch, è notata in particolare da Jean Cocteau, che vede in lei «il più bel temperamento drammatico del dopoguerra».
Comincia a recitare nel cinema nel 1956, quando debutta nel film Treize à table, per il quale vince il Prix Suzanne Bianchetti, mentre nel 1977 ottiene il César Award come miglior attrice, per la sua interpretazione nel film Docteur Françoise Gailland.
Appare nel film del 1960 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, dove interpreta una prostituta sexy, passionale, imprevedibile e affascinante. La sua personalità vince sul debole Rocco, interpretato da Alain Delon, mentre la sua bellezza mette in atto la disputa tra Rocco e suo fratello maggiore Simone, interpretato, con un mix di semplicità e depravazione, da Renato Salvatori, destinato nella realtà a diventare suo marito.
Durante gli anni settanta partecipa a film come Les feux de la chandeleur, La Gifle e La Zizanie.
Nel 2002 viene premiata con il premio César per la migliore attrice non protagonista per il suo ruolo nel film La pianista di Michael Haneke, con il quale collaborerà di nuovo quattro anni dopo in Niente da nascondere.
Il 21 settembre 2008 il periodico francese Paris Match ha rivelato che Annie Girardot soffre del Morbo di Alzheimer. La figlia Giulia Salvatori ha girato un documentario in cui vengono svelati i retroscena dell'ultimo set, con la necessità dei suggerimenti all'attrice poiché questa non riesce più a ricordare le battute

l'angolo pittura VII























« Quando non c'è energia non c'è colore, non c'è forma, non c'è vita »
(Caravaggio)

Michelangelo Merisi, o, più probabilmente, Merisio, detto il Caravaggio, è stato un pittore italiano. Attivo a Milano, Roma, Napoli, Malta e in Sicilia fra il 1593 e il 1610, fu uno dei più celebri pittori italiani di tutti i tempi, dalla fama ancora oggi universale.

Il 16 giugno 2010, a quasi 400 anni dalla morte e dopo oltre un anno di ricerche storiografiche e analisi scheletrica, nonché di confronti col DNA dei discendenti di cognome "Merisio" nativi di Caravaggio, una equipe di scienziati italiani ha confermato che le ossa coperte di piombo e mercurio (usati in grande abbondanza dai pittori del '600 per preparare i colori) trovate in quella che fu la fossa comune del cimitero di Porto Ercole, sono "all'85%" quelle del grande artista. I resti del Caravaggio erano situati nella cripta della Chiesa del Cimitero di Porto Ercole. Le ricerche sono state coordinate da un pool di istituti coordinati dall'Università di Bologna, con il supporto degli atenei dell'Aquila e del Salento e del Centro ricerche ambientali di Ravenna.
Al risultato si è arrivati mettendo insieme gli esiti di indagini storiografiche e di biologia scheletrica, nonché dell'uso di tecnologie per l'accertamento dei metalli pesanti nelle ossa, di analisi dei sedimenti terrosi, della datazione con il metodo del carbonio-14, e per finire del DNA.
Il 3 luglio 2010, dopo una settimana di permanenza nella città di Caravaggio, i resti del Caravaggio sono stati riportati via mare a Porto Ercole (dove rimarranno), e messi in mostra a Forte Stella, una fortificazione del paese.

27.2.11

Lina Sastri



Profondi occhi scuri, pelle candida, capelli bruni: Lina Sastri è stata la giovane scoperta cinematografica di Nanni Moretti in Ecce Bombo. Sorridente e disinibita, ha fatto perdere la testa un pò a tutti i registi che l'hanno incontrata nelle loro strade: Gianfranco Mingozzi, Giuseppe Bertolucci, Nanni Loy e Ricky Tognazzi. Segnando il cinema così come il teatro e la televisione. Una carriera costellata di ruoli decisivi in film che hanno anche sbancato il botteghino e che l'hanno vista primeggiare come uno dei pochi volti freschi e davvero promettenti del cinema italiano. Meritatamente, oggi si gode il successo di 3 David di Donatello e la sua faccia da brava ragazza dalle sopracciglia folte si immerge di musica napoletana di cui si fa esportatrice in tutto il mondo. Musica, recitazione, palco e set. Classico e modernità. Tradizione napoletana e orgoglio italiano. Tutto calca, tutto tocca con rara grazia e sensibilità, mostrandosi impeccabile, eccezionale. Quando la cinepresa le offre un primo piano, Lina Sastri scava con eleganza nelle nostre radici alla ricerca di un percorso riservato e ricco di sorprese che le permetta di arrivare fino a noi. È sempre stato così, fin da quando scomposta e spaventata, alzava il suo sguardo al di sopra dell'obiettivo della macchina da presa nel suo film d'esordio Il prefetto di ferro. Di madre napoletana e padre siciliano, è ancora adolescente quando calca i palcoscenici del suo quartiere e capisce esattamente cosa vuole fare da grande: l'attrice. Dotata di spirito di sacrificio e temperamento sanguigno comincia così a formarsi in teatro, mettendo mano a quella recitazione popolare napoletana e alla tradizione del teatro partenopeo che sono di sua eredità, così come di tutti i napoletani. Vitale, musicale e tragica, dà il meglio di sé in "Masaniello" con Mariano Rigillo e poi è una strepitosa Figliastra in "Sei personaggi in cerca d'autore" di Luigi Pirandello. Entrata nelle grazie di Eduardo De Filippo, lavora con lui alla trasposizione televisiva di 'Na Santarella (1975) con Marisa Laurito, che le aprirà le porte della televisione costellandole gli esordi di impegni. La vedremo infatti apparire nella miniserie L'assassinio di Federico Garcia Lorca (1976) di Alessandro Cane con Alessandro Haber e Isa Miranda, e poi nella fiction Gli ultimi tre giorni (1977) del sottovalutato Gianfranco Mingozzi. L'esordio cinematografico arriva nel 1977 con Il prefetto di ferro di Pasquale Squitieri, del quale diventerà una delle attrici predilette. Nella pellicola ha occasione di recitare con Giuliano Gemma, Claudia Cardinale e Stefano Satta Flores, ma è accanto a Nanni Moretti che la Sastri emerge pienamente nel panorama cinematografico italiano. Il suo Ecce Bombo (1978) le permetterà di diventare uno dei nuovi volti della settima arte italiana. A cavallo fra gli Anni Settanta e Ottanta torna in televisione recitando nelle miniserie Dopo un lungo silenzio (1978), Orient-Express (1979), Vita di Antonio Gramsci (1981) e Anna Kuliscioff (1981), poi sarà diretta nuovamente da Mingozzi ne La vela incantata (1982) creando un sodalizio artistico che si protrarrà anche ne Le lunghe ombre (1987). Ma non solo Mingozzi nella sua carriera, perché la Sastri è anche una delle attrici preferite da Nanni Loy che la inserisce, senza il minimo dubbio sulle sue capacità recitative, accanto a Vittorio Caprioli in Café Express (1980), ma soprattutto in Mi manda Picone (1983), storia di un traffichino di scarpe spaiate che è incaricato dalla moglie di un operaio di trovare il coniuge scomparso. La Sastri, in mezzo a un cast che comprende Giancarlo Giannini, Carlo Croccolo, Leo Gullotta e Aldo Giuffré, si muove nei territori del grottesco con una leggerezza incredibile. È definitivo, più che attrice popolare, è attrice "sociale". E il cinema se ne accorge, tanto è vero che la premia con il Nastro d'Argento e il David di Donatello come miglior attrice protagonista. L'ultima collaborazione con Loy risale invece al 1989 nel film tv Gioco di società, poi purtroppo il regista morirà. Nel 1983 si fa maga nel film I paladini – Storia d'armi e d'amori con Maurizio Nichetti, e lo stesso anno recita diretta da Fabio Carpi nel film tv Le ambizioni sbagliate, affiancando poi la fulgida Alida Valli ne Il malinteso. Ritroverà la Valli nel 1985, quando Giuseppe Bertolucci la vorrà in Segreti e segreti, anche con Stefania Sandrelli, pellicola grazie alla quale vincerà il suo secondo David come miglior attrice protagonista. Strana la vita (1987) è l'ultimo film che gira con Bertolucci, poi passa al film tv La bella Otero (1985) con Harvey Keitel e a stringere nella mani il suo ultimo David (questa volta come miglior attrice non protagonista per L'inchiesta (1986), sempre accanto a Keitel. Dopo La posta in gioco (1988) con Caprioli e la miniserie Assunta Spina (1992), comincia a spingersi nel mondo della canzone, principalmente napoletana, portando al Festival di Sanremo del 1992 "Femme e'mare". Ma arriverà a cantare persino in giapponese. Continua, invece, a vele spiegate la sua carriera teatrale: nel 1994, recita il ruolo di Ellida ne "La donna del mare" di Ibsen, raccogliendo consensi da parte del pubblico e della critica. Ma l'anno dopo, l'aspetta uno dei ruoli più difficili della sua carriera: quello di Anna Magnani nella pellicola Celluloide (1995) con Christopher Walken. Diventata una delle attrici predilette da Ricky Tognazzi, si dà alla fiction, principalmente religiosa, recitando ne La Bibbia – David (1997), Don Bosco (2004), Rita da Cascia (2004) e San Pietro (2005). Ma sono anche da ricordare le sue performances televisive nei serial Nessuno escluso (1997), Stiamo bene insieme (2002), Il vizio dell'amore (2006), Nata ieri (2007) e le fiction Assunta Spina (2006) e Crimini – Il covo di Teresa (2006) in cui è protagonista.

Premi & Nomination
David di Donatello 1987 Premio miglior attrice non protagonista per il film L'inchiesta di Damiano Damiani
David di Donatello 1985

Tano Cimarosa




pseudonimo di Gaetano Cisco, è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano.
Fratello dei meno conosciuti attori Michele e Giovanni, dalla natia Sicilia si sposta a Roma dove nei primi anni cinquanta del XX secolo inizia la carriera di attore impersonando quasi sempre lo stereotipo del siciliano medio, istintivo e sanguigno, dai ruoli comici a quelli drammatici.
La prima sua caratterizzazione di rilievo è quella del mafioso Zecchinetta ne Il giorno della civetta diretto nel 1967 da Damiano Damiani. In seguito compare accanto ad Alberto Sordi nel ruolo del padre di una numerosa famiglia ne Il medico della mutua, nel ruolo di un emigrato in Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata e infine nel ruolo di una guardia carceraria in Detenuto in attesa di giudizio.

La regia
Negli anni settanta tenta anche la carriera registica, realizzando tre film: il thriller-erotico Il vizio ha le calze nere (1975), il poliziottesco No alla violenza (1977) e Uomini di parola (1981), quest'ultimo film sul mondo della mafia girato nella provincia messinese.
In anni più recenti è stata una presenza costante nei film di Giuseppe Tornatore (Nuovo cinema Paradiso, L'uomo delle stelle, Una pura formalità).
Negli ultimi anni è apparso anche in alcuni sceneggiati RAI e Mediaset, tra i quali ricordiamo Don Matteo nel ruolo di zio Carmelo, parente del maresciallo Cecchini (Nino Frassica).

red hot chili peppers



« Se i peperoncini sono per voi un sentimento, una sensazione o una forma di energia, avete indovinato. Ma se per voi sono semplici vegetali, anche quelli hanno così tante connotazioni. »
(Anthony Kiedis, Scar Tissue)

I Red Hot Chili Peppers (talvolta abbreviato semplicemente in RHCP) sono un gruppo rock statunitense, formatosi a Los Angeles nel 1983.
Nella loro carriera hanno mescolato con successo vari generi, come funk, punk rock, rap, heavy metal. Hanno venduto più di 70 milioni di dischi, di cui 22 milioni nei soli Stati Uniti; inoltre detengono il record per il maggior numero di singoli al primo posto della Modern Rock Tracks, classifica stilata dalla rivista Billboard.

I Red Hot Chili Peppers si distinguono per aver sperimentato nel corso degli anni più generi, tra cui alternative rock, funk rock, funk metal, pop rock e rapcore. Ciò è evidente in molta parte delle loro tecniche. Nei primi 3 album s'ispirarono soprattutto a Funkadelic, Minutemen e Sly Stone, ma anche a Black Flag, Stooges, James Brown, Stevie Wonder, Jimi Hendrix, Kurtis Blow, Grandmaster Flash and the Furious Five. Poi hanno sviluppato uno stile proprio, ulteriormente diversificato dopo la loro ascesa al successo all'inizio degli anni novanta.
Lo stile di basso di Flea mescola groove funk con durezza e velocità punk, ed è ispirato da artisti come Bootsy Collins dei Parliament-Funkadelic, Kim Clarke dei Defunkt (dalla quale ha poi confessato di essersi ispirato per il giro di basso di Out in L.A. prima canzone del gruppo californiano), John Deacon dei Queen e Sid Vicious dei Sex Pistols. Flea si avvaleva molto dello slap, elemento caratterizzante della musica dei Red Hot, nei primi cinque album e si è poi spostato ad uno stile più melodico ed orecchiabile ma sempre eccentrico. In più di vent'anni di carriera si sono susseguiti vari chitarristi, che però hanno avuto in comune la passione per Jimi Hendrix. Per il gruppo assunse particolare importanza Hillel Slovak, che usava riff vicini a blues, funk e punk. I sostituti e successori di Slovak hanno sempre cercato di essere più vicini possibile al suo stile. Jack Sherman s'ispirava a rock e funk, influenzato da Leslie West, Eddie Hazel e Garry Shider, mentre Dave Navarro era vicino a metal e rock psichedelico, ispirato in questo dalla sua esperienza con i Jane's Addiction. John Frusciante non solo s'ispira in buona parte a Slovak ma con i Red Hot si è cimentato anche in linee di chitarra più melodiche ed orecchiabili, oltre che in assoli particolari. Questo è particolarmente evidente nei lavori da Californication. Con Stadium Arcadium Frusciante ha peraltro cambiato stile in modo abbastanza evidente, riducendo al minimo gli assoli melodiosi ed esili di By the Way e lanciandosi in alcuni virtuosismi vecchio stile.
Dei batteristi reclutati nel gruppo, se Jack Irons apportò uno stile nervoso e dinamico, Chad Smith si distingue per influenze di varia matrice citando come propri ispiratori Kiss, Led Zeppelin, Keith Moon, Mitch Mitchell, Carmine Appice, Black Sabbath, Mötley Crüe, Jimi Hendrix, Van Halen, The Who, Motown, P-Funk, Buddy Rich, John Bonham.
Anthony Kiedis è considerato uno dei cantanti più versatili della scena rock. Ancora oggi, in alcune canzoni della band, si avvale di rapping semplici e molto in linea con le ritmiche. Tuttavia dalla metà degli anni novanta usa, in modo sempre più estensivo, anche cantati più tradizionali e melodici. Spesso anche Frusciante canta, in sottofondo, cori in falsetto.
L'improvvisazione è da sempre una costante del gruppo, e su di essa si basavano spesso le loro prime esibizioni. Molti dei più recenti assoli di John Frusciante e Flea sono improvvisati, soprattutto dal vivo. L'improvvisazione contrassegna anche le aperture e la fine dei loro concerti più recenti, e può anche essere di lunga durata, come in alcune versioni live di Give It Away, Californication ed Around the World.

Temi ed argomenti
I testi del gruppo, scritti in gran parte da Kiedis, hanno affrontato una grande varietà di argomenti. Tra questi vi sono l'amore, l'amicizia, l'angoscia adolescenziale, il sesso e i suoi legami con la musica, tematiche politiche e sociali (specie la questione dei nativi americani), il romanticismo, la droga, la solitudine, la California, la povertà, l'alcolismo e le riflessioni sulla morte, spesso insieme a versi che sfociano nel nonsense. Ovviamente, insieme a Kiedis, anche gli altri membri del gruppo contribuiscono alla scrittura dei testi musicali.

Curiosità
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Alle carriere di musicisti, Anthony Kiedis e Flea hanno affiancato anche quelle di attori. Infatti hanno preso parte a ruoli minori, in alcuni film girati negli ultimi decenni: Flea è comparso in Ritorno al futuro Parte II e parte III nei panni di Douglas Needles, in un recente rifacimento del film Psycho, in Paura e delirio a Las Vegas, Il grande Lebowski e Belli e dannati con Keanu Reeves; Kiedis in Point Break. Nel 1994 comparvero insieme in Sesso e fuga con l'ostaggio, interpretando due ragazzi diretti ad un concerto.
Nel 1986 i Red Hot Chili Peppers apparvero come ospiti nei film Trashin' e Tough Guys, nel rifacimento del video per "Sex Machine" di James Brown, nel video per "Who Was In My Room Last Night?" dei Butthole Surfers, e con Anthony in quello per "Wicked", del rapper Ice Cube.
I Red Hot, nel 1999, eseguirono la canzone "Scar Tissue" ai Billboard Music Awards di quell'anno. In questa performance, Kiedis si esibì in un freestyle con il noto rapper Snoop Dogg, entrato in scena nel finale.
Nel 1993 i Red Hot Chili Peppers apparvero in una puntata de I Simpson, Krusty viene kacciato. I cartoni di Matt Groening dedicarono ai quattro anche uno speciale, i Red Hot Chili Simpson.
Nell'estate del 2001, insieme ai Coldplay, suonano allo Slane Castle di Dublino come gruppo di supporto degli U2 impegnati nell'Elevation Tour. Nel 2003, su richiesta di Johnny Ramone e di Rob Zombie, partecipano alla creazione di un album tributo ai Ramones, We're a Happy Family, suonando la canzone Havana Affair.
Nel 2004 partecipano ad un concerto tributo ai Ramones (immortalato nel film-documentario Too Tough to Die: a Tribute to Johnny Ramone) per il trentesimo anniversario della fondazione della band, insieme a Henry Rollins dei Black Flag, Steve Jones dei Sex Pistols, Tim Armstrong dei Rancid, Brett Gurewitz dei Bad Religion ed altri ancora. In una puntata della prima serie dei Simpson, Selma la sorella di Marge canta a Lisa come ninna nanna, la canzone Brandy (ovviamente tradotta in italiano)
Il singolo Snow ((Hey Oh)) è stato usato come colonna sonora nell'ultima puntata di Scrubs - Medici ai primi ferri
La canzone "Strip My Mind" dall'album Stadium Arcadium è stata inserita nella colonna sonora del film statunitense The Fighter (2010), diretto da David O. Russell; sulla vita del pugile, campione di pesi leggeri nel 2000, Micky Ward





26.2.11

Bombolo




« Bombolo è un personaggio che non è stato capito, ma era di una comicità travolgente. Io lo conobbi in trattoria, da Picchiottino, tantissimi anni fa. Il comico è quello che tu entri, lui ti guarda e tu ridi. »
(Pier Francesco Pingitore)

Franco Lechner, più noto col nome d'arte di Bombolo, è stato un attore italiano del cinema e del varietà.
Grazie all'interessamento del regista Bruno Corbucci si dedicò al cinema, e contemporaneamente iniziò la collaborazione con la compagnia cabarettistica del Bagaglino di Castellacci e Pingitore, abbandonando l'attività di piattarolo (venditore di piatti ed ombrelli ai passanti) che esercitava nei vicoli del centro di Roma intorno a Campo de' Fiori.
Nel 1983, alla trasmissione Domenica In condotta da Pippo Baudo, rivelò che il nome Bombolo gli fu ispirato dalla canzone omonima del 1932 scritta e musicata da Marf e Vittorio Mascheroni. Utilizzato spesso come spalla di attori come Enzo Cannavale, Pippo Franco e Tomas Milian, interpretò ruoli comici con gag basate principalmente sulla fisicità (famoso per i peti che nella serie di Nico Giraldi, in cui appare in nove degli undici film realizzati, gli guadagnarono il soprannome di "venticello"), sulla mimica facciale e sull'utilizzo dell'onomatopea (famoso il suo Tze Tze!) e del dialetto romanesco, recitando prevalentemente in B-movie.
Morì il 23 agosto 1987, all'età di 56 anni. Riposa nel cimitero di Prima Porta a Roma.

Luisa Ferida


pseudonimo di Luigia Manfrini Farné, è stata un'attrice italiana. Fu una delle più note e capaci attrici del cinema italiano nel decennio 1935-1945.

Dopo alcune esperienze teatrali con le compagnie di Ruggero Ruggeri e Paola Borboni, esordì sul grande schermo con il film Freccia d'oro (1935) di Corrado D'Errico. Si mise in evidenza quasi subito, interpretando numerosi film di registi minori, che le dettero però visibilità e successo di pubblico. Fra il 1937 ed il 1938 costituì una coppia di successo con Amedeo Nazzari, col quale interpretò "La fossa degli angeli", "I fratelli Castiglioni" e "Il conte di Brechard". Quando venne richiesta da Alessandro Blasetti per il film Un'avventura di Salvator Rosa (1939), era già una giovane attrice conosciuta ed apprezzata, ormai pronta per il salto di qualità. In "Un'avventura di Salvator Rosa" interpretò il ruolo della contadina Lucrezia, ponendosi all'attenzione della critica e del grande pubblico.

Diva del cinema
Il film di Blasetti la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa.

Osvaldo Valenti
La Ferida, a destra, con Elisa Cegani, nel film La cena delle beffe (1941)
L'incontro con Osvaldo Valenti, cui si legò sentimentalmente, sul set di questo film coincise con il periodo di maggior successo della sua carriera. I registi più popolari dell'epoca iniziarono a offrirle ruoli di sempre maggiore importanza. Negli ultimi anni della sua carriera, la Ferida venne valutata attrice di grande sensibilità interpretativa e di notevole maturità espressiva, come notò l'attrice Elsa De Giorgi durante la lavorazione del film "La locandiera" (1944) di Luigi Chiarini. Vanno ricordate le sue interpretazioni nei film La corona di ferro (1941) di Blasetti, Fedora (1942) di Camillo Mastrocinque, "Fari nella nebbia" (1942) di Gianni Franciolini, per il quale fu premiata come miglior attrice italiana del 1942, Gelosia (1942) di Ferdinando Maria Poggioli e La bella addormentata (1942) di Luigi Chiarini.

L'adesione alla Repubblica di Salò
Durante il regime fascista i due attori non si erano distinti per le loro posizioni politiche. Famosa era, negli ambienti mondani romani, l'imitazione che Valenti faceva del Duce, suscitando l'ilarità generale.A seguito dell'Armistizio, Ferida e Valenti furono tuttavia fra i pochi divi del cinema dei telefoni bianchi - come viene abitualmente chiamato il periodo della cinematografia fascista - ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, alleata dei nazisti. Lasciarono così Roma (e Cinecittà) per trasferirsi al Cinevillaggio, il neonato centro cinematografico della R.S.I. di Venezia, diventandone i più noti esponenti.Successivamente, nella primavera del 1944, Valenti entrò col grado di tenente nella Xª Flottiglia MAS comandata dal principe Junio Valerio Borghese e i due si spostarono a Milano. Fu in questa fase che ebbero luogo le frequentazioni con la famigerata banda di Pietro Koch.

La fucilazione
Nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione di Milano i due attori pagarono con la vita la loro notorietà associata al regime fascista, l'appartenenza di Valenti alla Xª Flottiglia MAS e la frequentazione della Villa Triste, a Milano, sede della banda Koch. A 31 anni, incinta di un bambino (Kim, l'unico figlio avuto da Valenti, era morto poco dopo la nascita), la Ferida fu fucilata dai partigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti il 30 aprile 1945, dopo un sommario processo nel quale fu accusata di collaborazionismo e soprattutto di aver torturato alcuni partigiani imprigionati a Villa Triste. Non è mai stata accertata in sede giudiziale una loro responsabilità rispetto alle attività della banda Koch. Giuseppe Marozin, detto "Vero", capo della Brigata partigiana "Pasubio" e responsabile dell'esecuzione della Ferida, dichiarò, nel corso del procedimento penale a suo carico per quell'episodio: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti.» Marozin affermò anche che l'ordine di effettuare l'esecuzione della Ferida e di Valenti venne direttamente dal C.L.N.A.I. nella persona di Sandro Pertini ("Quel giorno - 30 aprile 1945 - Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: "Fucilali, e non perdere tempo!"). A detta di Marozin, Pertini si rifiutò di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa. Non ci sono tuttavia altre fonti che confermino il diretto coinvolgimento di Pertini. Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale Marozin nel dopoguerra ammise la "confisca", ma sostenne di non ricordare dove tali beni fossero finiti: "Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida- circostanza categoricamente smentita da quest'ultima n.d.r.- il resto andò a Milano"."

Sviluppi successivi
Negli anni cinquanta la madre della Ferida fece domanda al Ministero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra, essendo la figlia la sua unica fonte di sostentamento. Si rese necessaria, pertanto, una accurata inchiesta da parte dei Carabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità della Ferida, al termine della quale si concluse che "la Manfrini dopo l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano". Al termine di tale inchiesta, la madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.
Nel 2008 il regista Marco Tullio Giordana ha presentato fuori concorso al Festival di Cannes il film Sanguepazzo, ispirato alla vita di Osvaldo Valenti (interpretato da Luca Zingaretti) e di Luisa Ferida (interpretata da Monica Bellucci).

Osvaldo Valenti



è stato un attore italiano.
È conosciuto, oltre che per la sua attività artistica, anche per aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana, per la quale fu passato per le armi alla fine della seconda guerra mondiale. Alla sua vicenda umana è stato dedicato un film del 2008, diretto da Marco Tullio Giordana ed intitolato Sanguepazzo.

I primi passi
Nacque a Costantinopoli, l'odierna Istanbul, da famiglia benestante: suo padre, siciliano, era un commerciante in tappeti, mentre sua madre una libanese di condizione agiata di origine greca. Allo scoppio della prima Guerra Mondiale (1915) la famiglia fu costretta a lasciare la Turchia e si trasferì in Italia, prima a Bergamo, poi a Milano. Dopo aver frequentato i licei di San Gallo e di Würzburg, in Svizzera, diciannovenne, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza presso l'Università Cattolica di Milano, ma due anni più tardi abbandonò gli studi e l'Italia per andare a vivere prima a Parigi, poi a Berlino.
In Germania interpretò, in un ruolo secondario, il suo primo film, Rapsodia ungherese (Ungarische rhapsodie, 1928) diretto da Hans Schwarz. Rientrato in Italia all'inizio degli anni trenta, fu notato prima da Mario Bonnard con cui girò Cinque a zero (1932), poi da Amleto Palermi che lo diresse nella La fortuna di Zanze, del 1933 e in Creature della notte del 1934.

L'Incontro con Blasetti e il successo
I ruoli interpretati non erano tuttavia di primo piano e l'attore stentava ad affermarsi presso il grande pubblico. L'incontro col regista Alessandro Blasetti, che avvenne attorno alla metà degli anni trenta, fu determinante per la sua carriera artistica. Blasetti gli affidò un ruolo di un certo rilievo nella Contessa di Parma (1937) cui fece seguito, a distanza di un anno, quello del capitano francese Guy de la Motte nell'Ettore Fieramosca (1938) che ne sancì l'affermazione presso critica e pubblico italiani. Alla fine degli anni trenta e all'inizio degli anni quaranta il regista romano si impose, insieme a Mario Camerini, come il massimo cineasta italiano del tempo e Valenti come uno degli attori più ricercati e pagati. Grazie anche alla direzione di Blasetti, l'attore raccolse altri tre successi: in Un'avventura di Salvator Rosa (1939), La corona di ferro (1941) e La cena delle beffe (1941).
Osvaldo Valenti fu in quegli anni diretto, oltre che da Blasetti, anche da Goffredo Alessandrini (in La vedova del 1939), Carmine Gallone (in Oltre l'amore del 1940 e L'amante segreta del 1941), Giovacchino Forzano (in Piazza San Sepolcro, del 1942), Mario Mattoli (in Abbandono del 1940), Luigi Chiarini (ne La bella addormentata del 1942 e La locandiera del 1943), Camillo Mastrocinque (in Fedora del 1942) e altri noti registi del tempo (fra cui Duilio Coletti e Piero Ballerini).

L'adesione a Salò e l'arruolamento nella Decima Mas
Nell'estate del 1943 il crollo del fascismo e i primi bombardamenti aerei sulla capitale interruppero l'attività cinematografica che fu ripresa qualche mese più tardi a Venezia, in due stabilimenti allestiti con povertà di mezzi, subito dopo la costituzione della RSI. Fra gli attori e registi che aderirono al nuovo Stato fascista, vi fu Osvaldo Valenti, che, accompagnato dalla sua compagna di vita e di lavoro, l'attrice Luisa Ferida, si trasferì a Venezia per girare Un fatto di cronaca diretto da Piero Ballerini (1944). Fu il suo ultimo lungometraggio.
Nella primavera del 1944 Valenti si arruolò col grado di tenente nella Xª Flottiglia MAS comandata dal principe Junio Valerio Borghese e si trasferì a Milano con la Ferida. Qui entrò in contatto con Pietro Koch, che era a capo di una banda denominata "Squadra Speciale di Polizia Repubblicana", nota sia per le torture e gli assassini perpetrati nei confronti di partigiani ed altri oppositori al regime che per le attività criminali (fra cui anche il traffico di cocaina). Tratto in arresto nell'autunno del 1944, Koch fu rinchiuso a San Vittore con alcuni suoi complici. L'attore non figurava fra questi, anche se era stato visto talvolta aggirarsi nel loro quartier generale (una fra le tanto famigerate Ville tristi dell'Italia del tempo), durante gli interrogatori effettuati da Koch e dalla sua «famigerata banda».

Il Processo e la morte
Il 20 aprile 1945 Osvaldo Valenti si consegnò spontaneamente ad alcuni membri della Divisione partigiana Pasubio confidando di poter avviare delle trattative. Fu poi raggiunto anche da Luisa Ferida. Da quel momento in poi furono numerose volte trasferiti in diverse prigioni segrete finché fu decisa per loro la pena di morte, imputata dal Marozin direttamente a Sandro Pertini. Anche Aldo Lualdi sarà di tale avviso. Ricordiamo che nell'immediato dopoguerra Marozin fu arrestato e incriminato per numerosi reati tra cui quello di furto come riportò L'Unità: «...lasciatosi tentare dalle facili lusinghe e dalla sete di bottino e di rapine...». Furono quindi accusati entrambi di crimini di guerra e già il 28 aprile fu pubblicata la notizia dell'avvenuta fucilazione. In realtà i due attori erano ancora vivi. Furono processati sommariamente dai propri carcerieri e condannati a morte, nonostante l'opposizione di alcuni partigiani del Comitato di Liberazione. Tutti i gioielli e i soldi che i due attori si erano portati appresso gli furono sottratti. La sentenza fu eseguita subito dopo e i due attori furono uccisi con una raffica di mitra. Era la notte tra il 29 e 30 aprile 1945.
Oltre ai contatti con il tenente Pietro Koch, per cui svolgeva un ruolo di collegamento con la Decima del principe Borghese, la presunta partecipazione di Osvaldo Valenti alle sevizie inflitte dalla Banda Koch ai partigiani non è mai stata del tutto chiarita. Luisa Ferida venne invece, di fatto, riconosciuta estranea ai crimini che le erano stati imputati durante il processo. Negli anni sessanta il Ministero del Tesoro accolse infatti la richiesta di Luisa Pansini, madre di Luisa Ferida, di poter riscuotere una pensione con i relativi arretrati. Tale pensione, spettantele in quanto Ferida era morta per cause di guerra non le sarebbe mai stata corrisposta se sua figlia fosse stata ritenuta responsabile di crimini di guerra. Sulla decisione del Ministero del Tesoro poté forse influire un clima politico, in quell'occasione opposto a quello che aveva determinato la fucilazione dell'attrice, rivolto a chiudere ogni vicenda che si ricollegasse alle responsabilità di italiani nei fatti peggiori consumati durante il periodo dell'occupazione nazista.

L'arte di un attore
Osvaldo Valenti fu un attore dall'indubbio fascino e uno degli interpreti più significativi della cinematografia italiana del ventennio fascista. La sua recitazione apparve particolarmente adatta alle rievocazioni storiche di maniera e ad una narrazione filmica tesa a sollecitare i sentimenti di adesione e compartecipazione dello spettatore. Il volto espressivo, dalle grandi capacità mimiche, gli occhi cerulei e ardenti, l'espressione vagamente melanconica, fecero di lui uno degli idoli perversi del grande pubblico, incarnazione, anche nella vita reale, degli eroi negativi che molto spesso interpretò sul grande schermo. Fra i personaggi più significativi cui egli diede vita, ricordiamo il capitano Guy de la Motte nell'Ettore Fieramosca, il principe tartaro Eriberto ne La corona di ferro e Giannetto Malespini ne La cena delle beffe.

25.2.11

Dorian Gray


nome d'arte di Maria Luisa Mangini, è stata un'attrice italiana.
Debutta in palcoscenico nella rivista Votate per Venere (1950) con Erminio Macario e Gino Bramieri. Prosegue la carriera nel teatro di rivista con Gran Baraonda (1952-1953) di Garinei e Giovannini al fianco di Wanda Osiris e Alberto Sordi e con Passo doppio (1954-55) con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Vince anche il premio Maschera d'argento.
In seguito lascia il teatro per il cinema; prende parte a numerosi film negli anni cinquanta, soprattutto di genere brillante, nei quali si distingue per una bellezza solare e procace e per una verve innata.
Tra i suoi ruoli principali c'è quello della malafemmina in Totò, Peppino e... la malafemmina (1956), l'attrice di teatro che si innamora del nipote di Totò e Peppino De Filippo. Federico Fellini la chiama a recitare il ruolo di Jessy, l'amante di Amedeo Nazzari in Le notti di Cabiria. È però soprattutto con Il grido di Michelangelo Antonioni - dove interpreta la benzinaia Virginia - che si impone al grande pubblico come attrice impegnata e drammatica, allontanando da sé l'immagine di bambola sensuale. Seppur doppiata da Monica Vitti l'attrice altoatesina desta l'attenzione della critica mostrando una grande maturazione artistica.
Entrata nel cinema d'autore, continua ad essere molto richiesta nel cinema brillante; per il film Mogli pericolose di Luigi Comencini (1958) il suo talento è premiato con un Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista.
In seguito recita ancora in numerose pellicole di genere farsesco e spionistico, fino a metà degli anni sessanta, quando, in attesa di un figlio, abbandona le scene ritirandosi a vita privata
Si uccide, avendo compiuto da poco 83 anni, il 15 febbraio 2011, sparandosi alla tempia con una pistola a Torcegno, in Trentino, dove viveva

l'operatore di ripresa


L'operatore di ripresa o cameraman è la persona che agisce fisicamente sulla telecamera o sulla cinepresa in una produzione televisiva o cinematografica, allo scopo di riprendere e trasmettere o registrare le scene richieste.
A seconda del tipo e del livello della produzione, l'operatore di ripresa può essere una figura professionale indipendente o anche lo stesso regista o il direttore della fotografia. Nella produzione televisiva è molto frequente il caso di una produzione multicamera con la presenza di più operatori.
Dal punto di vista professionale, la sua figura è a metà tra la competenza tecnica e la sensibilità creativa. Nel momento della ripresa è infatti colui che si trova esattamente nella posizione del punto di vista del film. Pertanto deve interpretare in chiave visiva le richieste del regista e del direttore della fotografia, con la responsabilità di tenere sotto controllo le componenti tecniche della ripresa.

Attività di preparazione
In fase di sopralluoghi, l'operatore può studiare le soluzioni tecniche più adatte alle caratteristiche del film. Valuta e propone l’utilizzo dei vari mezzi tecnici come il carrello, il dolly, la testata remotata, lo steadycam, la macchina a mano.

Attività di ripresa
Dopo una prima fase di definizione della modalità di ripresa della scena, secondo le indicazioni della regia e del direttore della fotografia, diventa il responsabile del controllo delle varie componenti tecniche, quali:
la realizzazione dell'inquadratura, verificando che nell’inquadratura non compaiano elementi estranei alla ripresa;
i tempi e la velocità dei movimenti di macchina e di eventuali azioni (carrelli, dolly).
la regolazione del diaframma e della messa a fuoco;
il controllo della continuità artistica e tecnica del materiale ripreso e della sua qualità;
il controllo dei particolari di recitazione, trucco e luci che potrebbero sfuggire in mancanza di una visione diretta e critica della scena;
la collaborazione con gli altri reparti alla continuità cinematografica.

In alcune situazioni produttive, alcuni di questi elementi possono essere tenuti sotto controllo da un eventuale assistente operatore.
Un operatore che lavora in Electronic News Gathering, per esempio, dovrà agire su tutte le regolazioni da solo, mentre in uno studio con più camere la regolazione del diaframma di tutte le telecamere viene effettuata dal controllo camere.

notissia


"Edda Ciano e il Comunista" il 13 marzo su Rai uno


COMUNICATO STAMPA

Il Centro Studi Eoliano informa la cittadinanza che il film: “Edda Ciano e il comunista”, del regista Graziano Diana, prodotto da Luca Barbareschi e girato in parte a Roma, ma principalmente nell’arcipelago eoliano (Lipari, Salina e Vulcano), sarà trasmesso domenica 13 marzo p.v., su Rai1. Il film, che vede come protagonisti gli attori Alessandro Preziosi e Stefania Rocca, è tratto dall’omonimo libro, scritto dal giornalista Marcello Sorgi e narra la sorprendente storia d’amore tra il partigiano comunista liparoto, Leonida Bongiorno, e la ribelle figlia di Benito Mussolini, Edda Ciano, confinata sull’isola di Lipari. L’autore, informandosi negli archivi del Centro Studi circa i confinati a Lipari durante il fascismo, venne a conoscenza di quest’insolita storia d’amore, avvenuta in quella Lipari del ‘45. Il libro di Sorgi è stato in cima alle classifiche, ha occupato pagine di quotidiani ed è stato presentato nei più importanti programmi televisivi. Ricordiamo che nel film sono state impiegate circa 300 comparse eoliane. Intanto già si pensa ad una produzione cinematografica anche del secondo libro che il giornalista Sorgi ha dedicato alle Eolie: “Le Amanti del Vulcano”, presentato questa estate nel giardino del Centro Studi, che riguarda un altrettanto intrigante storia che, ai piedi dei vulcani eoliani, ha coinvolto le icone Magnani/Bergman.


Lipari, 22 Febbraio 2011Ufficio stampa Centro Studi Eolie
Data notizia: 22/02/2011, a cura di Peppe Paino

22.2.11

sculture di zucchero






















Gerard Herter



è stato un attore tedesco degli anni cinquanta e sessanta, che interpretò soprattutto film del genere spaghetti western.
Fece il suo debutto nel film Caltiki, il mostro immortale nel 1959. La sua ultima interpretazione fu nel film Ludwig nel 1972. Attore di buona preparazione teatrale, debutta in Italia grazie alla sua tempra di caratterista volenteroso, e soprattutto alle sue doti fisiche e a una fisionomia ideali per impersonare ufficiali germanici o nobili austriaci, gelidi e perfidi, intolleranti e spietati. È scelto da Mario Monicelli per dar vita a un personaggio secondario, ma di buon auspicio per una promettente carriera: quella di un capitano austriaco senza mezze misure e senza un minimo di umanità ne La grande guerra (1959), grande successo anche a livello internazionale. Un ruolo che gli capiterà di interpretare sovente in altre pellicole, molte delle quali di buon successo commerciale, ma che diventerà anche limitativo per le sue future prospettive, non essendo in fondo che uno stereotipo del genere (pur spaziando Herter anche in altri generi, come lo spaghetti-western o il bellico-avventuroso)