21.1.11

Anna Maria Guarnieri



Teatro, unico amore
di Paola La Sala

Viveur incontra Annamaria Guarnieri, primadonna a teatro, protagonista oggi come ieri della scena italiana fra rigore e passione. “Sono Annamaria Guarnieri. Ho un gran passato, un ottimo presente e spero un invidiabile futuro”. Così scrive nel suo sito internet una grande signora della scena italiana, protagonista assoluta a teatro, di cui calca i palcoscenici da quasi sessant´anni con l'entusiasmo degli esordi. Dopo aver lavorato con i più grandi, un passato televisivo che le ha regalato la popolarità e una vita al servizio del suo grande amore, il teatro, oggi Annamaria Guarnieri porta sulle scene Antonio e Cleopatra alla corse, di Roberto Cavosi in cui da anima e corpo a una donna immersa nell'eterno conflitto con l'altro sesso. Raggiungiamo l'attrice durante le prove del suo spettacolo e ripercorriamo con lei le tappe di una carriera straordinaria.

La sua carriera prende le mosse dalla Scuola dei Filodrammatici e da quella del Piccolo Teatro di Milano diretta da Paolo Grassi, da cui fu espulsa per indisciplina. Come andarono le cose?

Era proibito lavorare durante gli studi, ma era morto mio padre e mi avevano proposto di fare una lettura per la televisione; decisi di interrompere e mi fecero una cosa un tantino sporca, perché avevo deciso di lasciare la scuola per guadagnare un po', e sono stata sospesa per “illeciti contatti col mondo del lavoro”. Grassi fu fiscale, ma dopo siamo diventati amici: era un uomo molto intelligente, simpatico.

Il suo debutto risale al 1953: aveva 19 anni. Che cosa ha significato per lei il successo a quell´età?

All'inizio, devo confessare di aver avuto una serie di colpi di fortuna: ho avuto tutto subito. Ma non mi ha fatto male, non mi sono adagiata per niente anche perché, come seconda esperienza dopo il debutto, sono cascata nelle zampe di Giorgio De Lullo che mi ha messo in riga; la mia vera scuola di teatro è stata quella, la Compagnia dei Giovani, con il rigore di De Lullo, che ci ha fatti molto soffrire tutti, però mi ha fatto crescere con la schiena bella diritta.

Lei è rimasta diversi anni con la Compagnia dei Giovani di De Lullo e ha lavorato con attori del calibro di Romolo Valli, Rossella Falk, Ferruccio De Ceresa e molti altri: un'esperienza straordinaria.

Sì, otto anni con la Compagnia dei Giovani, anni molto belli, anni di vita, oltre che di lavoro: teatro insieme, vacanze insieme, nottate insieme. Eravamo veramente giovani e questo era un Paese magnifico, completamente diverso, c'era gran voglia di fare, tutti erano belli, bravi e intelligenti! Non solo noi attori: l'Italia era bella, brava e intelligente.

In seguito ha lavorato con altri grandissimi registi come Zeffirelli, Missiroli, Ronconi, interpretando moltissimi personaggi. A quale si sente più legata?

Alla signorina Giulia di Strindberg, che rappresenta la parte nera del mio carattere, la parte buia.

È stata anche protagonista di una straordinaria stagione televisiva negli anni Sessanta: in tanti la ricordano protagonista di storici sceneggiati popolarissimi, come “La cittadella”, “E le stelle stanno a guardare”, “David Copperfield”.

Sì, ed erano fatti molto bene, anche se rivedendomi spesso mi trovo insopportabile, troppo buona, con una vocetta... Insomma, trovo parecchio da ridire su me stessa di allora! Quegli sceneggiati, fatti in presa diretta, fanno parte di un'altra televisione. Cosa aveva di diverso da quella di oggi? Tutto. Nel campo delle fiction oggi è tutto più arrangiato, ci sono molti attori improvvisati; e poi la fiction televisiva, è una sorta di cinema a metà: a volte piacevole, a volte no. Sa cosa manca? L'adrenalina. Noi andavamo in diretta e l'adrenalina da una marcia in più. È molto divertente fare televisione, perché puoi barare. Ti abbandoni meno rispetto al teatro, fai più la furba, però resta il fatto che sei in diretta e quindi sono cavoli amari!

Alla televisione deve la grande popolarità. Come si è trovata in quegli anni, in cui la gente la fermava per strada?

Non mi sono mai esaltata nell'essere riconosciuta, non che mi dispiacesse, ma neanche mi esaltava. Era normale, non me ne rendevo nemmeno conto, non capivo di essere popolare.

Che cosa può dirci dello spettacolo che sta portando in scena in questo periodo?

È uno spaccato di storie di ordinaria follia matrimoniale. Una storia di amore, odio, sofferenza, di due maturi coniugi che vivono, si inseguono e si lacerano, si vogliono bene, si detestano: vivono. Ed è molto interessante il linguaggio di Roberto Cavosi; è comico, grottesco, patetico, molto asciutto, moderno, parlato, ha un bel ritmo, una bella sfacciataggine. Questo spettacolo ha una vena strindbergiana. Nella pièce c'è dell'acido, del nero, del fumo. I motivi di polemica fra i due protagonisti, coniugi di mezza età, sono le corse dei cavalli: lui ha il pollice verde per i vincitori, lei è ricca ma non gli da i soldi; lui punta sui brocchi, ma non vince mai. Insomma, la discussione verte su questo, che è il soprattesto della condizione di gelosia, di disagio, di fatica del vivere insieme. Il pretesto sono le discussioni sulle corse che, naturalmente, nascondono tutt'altro: quella naturale, sotterranea polemica tra uomo e donna.

Fra le sue giovani colleghe, quale merita la sua stima?

Ce ne sono tante, ma la mia preferita è Galatea Ranzi, perché ha cuore, ha la lucina dentro.

Lei ha vissuto anche una breve parentesi cinematografica.

Brevissima, perché non avevo tempo e non mi è mai piaciuto. E poi ero una fanciulla in fiore, ma non avevo il lato B, avevo solo il lato A: avevo la faccia, ma non è stato sufficiente! Ma non lo rimpiango per niente, anche perché ora si fanno film su figure femminili interessanti, allora no. Basti pensare ai personaggi interpretati da Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy, Stefania Rocca. Ecco, lei sì che mi piace moltissimo, con i suoi occhi alla Simone Signoret. www.annamariaguarnieri.it

inserito il 20.1.2011 Teatro

1 commento:

  1. bel complimento della Guarnieri a Stefania, "lei si che mi piace moltissimo, con i suoi occhi alla Simone Signoret"

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