31.1.11

to kill a mockingbird


Il buio oltre la siepe è un romanzo scritto da Harper Lee nel 1960. Ebbe un immediato successo, tanto che nello stesso anno di uscita alla scrittrice fu assegnato il premio Pulitzer. In Italia è pubblicato da varie case editrici, nella traduzione di Amalia D'Agostino Schanzerjuvans.
Dal romanzo fu tratto, nel 1962, l'omonimo film, diretto da Robert Mulligan, prodotto da Alan J. Pakula e interpretato da Gregory Peck (nel ruolo di Atticus).


Il titolo italiano è una metafora: il buio oltre la siepe è ciò che è sconosciuto pur essendo vicino. Nel romanzo, è la figura di Boo, il vicino di casa dei Finch che loro non hanno mai visto e che, per questo, non conoscono. E infatti anche Scout afferma che, col tempo, la casa di Boo non la spaventava più, ma non le appariva meno buia.
Nel testo ci sono anche diversi riferimenti al titolo originale (Uccidere un usignolo - per la precisione, nella versione originale l'uccello menzionato è il tordo beffeggiatore o mimo, che non è però così conosciuto in Europa come lo è in America, ed ha comunque le stesse caratteristiche dell'usignolo). L'usignolo è un uccello innocuo perché non si ciba di granaglie ma di insetti, vermi e larve, inoltre delizia tutti con il suo bel canto. Uccidere un usignolo è quindi un peccato doppiamente grave. Il titolo originale si riferisce dunque alla morte di Tom Robinson, giudicata inutile come quella di un usignolo.


I temi

Il libro tocca il tema più importante degli Stati Uniti degli anni '30, ovvero il razzismo. Quando fu pubblicato questo romanzo negli USA, era ancora in atto la segregazione razziale dei neri. Anche ai tempi in cui il romanzo è ambientato, sussistevano sentimenti di odio nei loro confronti, specialmente negli Stati del sud. Il romanzo tratteggia i diversi comportamenti nel campo dell'integrazione delle comunità: chi sostiene la segregazione (Bob Ewell, per esempio), chi invece vuole superarla (Atticus) e chi presenta comportamenti contraddittori (p. es., la maestra di Scout, che pur odiando Hitler è contraria all'uguaglianza delle persone di colore).
Anche i ragazzi imparano a superare la "paura del diverso" che hanno nei confronti di Boo. Avevano accettato il pregiudizio che egli fosse una persona violenta e, quindi, da evitare. Ma quando si accorgono di tutto ciò che egli fa per loro, scoprono di averlo mal giudicato. Il messaggio dell'autrice, quindi, è di imparare a conoscere il prossimo, senza cadere in facili pregiudizi, come invece è accaduto, per esempio, ai giurati. È su questo che si fonda il razzismo.
Il romanzo è lo spunto per una riflessione su questo tema. Anche il sindaco di Chicago, nel 2001, ha consigliato la lettura di questo libro ai concittadini e ne ha fatto acquistare numerose copie da distribuire nelle biblioteche.

28.1.11

Marcella De Palma




Cominciò a lavorare in Rai nel 1978. Nata e cresciuta professionalmente nel programma Mixer, con Giovanni Minoli, raccontò per quel programma diverse storie di disagi e povertà: dalle sue esclusive sulla mafia ai suoi reportage sulle drammatiche condizioni di vita delle carceri ruandesi.
Come inviata di guerra visse esperienze professionali molto forti (era in Bosnia quando fu fatto saltare il ponte di Mostar, in Somalia durante la sanguinosa guerra civile, in Cecenia durante il primo anno di guerra con la Russia), ma, nonostante la popolarità raggiunta, trovò la sua consacrazione definitiva nell'immaginario televisivo solo a quarant'anni, come appassionata conduttrice della trasmissione Chi l'ha visto?.
Nell'autunno del 1997 debuttò come conduttrice dello storico programma di RaiTre prendendo il posto di Giovanna Milella e riscosse successo fra il pubblico grazie allo stile da giornalismo da campo, scientifico e al tempo stesso appassionato, capace anche di commuoversi.
Il suo stile, sobrio ma attento ai particolari, si sostanziava di rispetto, di voglia di verità, di sensibilità e di cuore.
È scomparsa l'8 marzo del 2000, a soli 43 anni, a causa di un tumore ai polmoni

being there


Oltre il giardino (Being There) è un film del 1979 diretto da Hal Ashby, con Peter Sellers, Shirley MacLaine, Melvyn Douglas, presentato in concorso al Festival di Cannes del 1980.
La sceneggiatura è tratta dal romanzo Presenze (1971) dello scrittore polacco Jerzy Kosinski (1933-1991).
Fortemente voluto da Peter Sellers, questo sarà anche il suo penultimo film (l'attore morirà prematuramente un anno dopo), e forse la sua più intensa interpretazione, che gli valse anche una candidatura al Premio Oscar.
Per la sua interpretazione in questo film, Melvyn Douglas vinse l'Oscar come miglior attore non protagonista.

Trama

Alla morte del padrone, Chance, un giardiniere analfabeta e non più giovane, che non è mai uscito dalla casa nella quale ha lavorato per tutta la vita, si ritrova in mezzo alla strada, con una valigia di vecchi abiti di lusso e un disarmante candore. L'unico collegamento col mondo esterno è stata nel corso di tutti questi anni la sola televisione.
Vagando disorientato e senza meta per le strade di una Washington sporca e maleducata, ben diversa dal mondo che lui vedeva rappresentato attraverso la TV, Chance viene investito dall'auto della moglie di un influentissimo personaggio. La donna (Eve Rand) si preoccupa di soccorrere il malcapitato e lo porta nella sua grandiosa villa per farlo curare. Chance si rimette presto dal piccolo incidente ma poi si trattiene come ospite, visto che il vecchio Ben, marito di Eve e amico del Presidente degli Stati Uniti, colpito dalla sua riservatezza, lo tiene in grande considerazione, e sua moglie addirittura se ne innamora. Tutto ciò avviene all'insaputa di Chance e in maniera del tutto fortuita, dato che quei pochi concetti che lui esprime riguardano il giardinaggio (unico argomento da lui conosciuto) e l'unica cosa che gli interessa è guardare la televisione. Ma in un mondo che è portato a vedere ciò che vuole più che ciò che è, colui che si potrebbe definire un ritardato è scambiato per un saggio, sensibile e arguto osservatore. Solo il medico di famiglia nutre dei sospetti sempre più concreti circa la sua mente.
Quando qualcuno cerca di parlargli con una metafora, una forma allegorica, oppure un doppio senso, Chance interpreta alla lettera, rispondendo quindi in modo bizzarro. Le risposte vengono interpretate come frutto del suo senso dell'umorismo. A tal proposito, sono emblematiche le scene in ascensore, nelle quali Chance ed un maggiordomo dialogano, ma ognuno dà un senso diverso a ciò che dice l'altro, senza che il dialogo perda un senso generale.
L'equivoco non è destinato a sciogliersi, anzi: in qualunque contesto lui si trovi, dall'intimità di un dialogo a due con Ben al confronto con il Presidente degli Stati Uniti, passando per la partecipazione ad un talk-show televisivo, le risposte di Chance, sempre molto semplici e invariabilmente riferite al mondo del giardinaggio, vengono sempre scambiate per profonde metafore, proprie di una persona dalla grande saggezza e illuminante filosofia.
La polizia e i servizi segreti, sopravvalutandolo, impazziscono nel vano tentativo di rintracciare la pur minima informazione su di lui. Chance non è iscritto all'anagrafe, non ha conti in banca, non ha beni a lui intestati e, non essendo mai uscito prima di allora dalla sua casa, ovviamente non ha nemmeno lasciato tracce della sua esistenza in nessun luogo. La totale assenza di qualsiasi indizio sulla sua identità (il suo mestiere viene da tutti scambiato per il suo cognome, presentandosi lui come Chance Giardiniere) fa credere ai membri della sicurezza che si tratti di un personaggio altolocato, protetto dalle più alte sfere del potere, che hanno avuto cura di far sparire tutti i documenti che lo riguardano.
Alla morte di Ben, eminenza grigia del potere espresso dal presidente, quest'ultimo pronuncia un discorso di commemorazione, mentre chi muove le fila del potere e presenzia il funerale già si chiede nelle mani di chi mettere il potere, in vista della scadenza del mandato. L'attenzione dei grandi industriali finisce per indirizzarsi verso Chance, il quale, in un finale surreale, si allontana dalla cerimonia, teneramente distratto dalla natura intorno, e si avvia verso un laghetto, che percorre a piedi come fosse solido, una metafora forse della sua ingenua leggerezza mentale che gli permette di "camminare sulle acque".

Critica
Fra le righe di una commedia garbata, Oltre il giardino affronta temi quali la comunicazione fra individui e classi sociali, il rapporto fra l'apparire e l'essere, risultando peraltro profetico nel ritrarre il potere mediatico della televisione, la sua capacità di imporre improvvisamente, come fondamentali, personaggi venuti dal nulla e dalla nulla consistenza, come appunto accade con il protagonista Chance Giardiniere.

Colonna sonora

La musica nel film è usata con una certa moderazione ma anche con una certa incisività: grande ruolo ha l'interpretazione che Johnny Mandel fa delle Gnossiennes 4 e 5 di Erik Satie. La scena che vede Chance lasciare la casa dove ha sempre vissuto è commentata dall'arrangiamento in chiave fusion dell'Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss, ad opera di Eumir Deodato. Nella scena in cui Eve porta a casa propria Chance, i due vedono in una televisione all'interno della lussuosa automobile un video dei Jackson 5

Ottaviano Dell'Acqua


Ottaviano Dell'Acqua può considerarsi "fratello d'arte", dato che Arnaldo, Alberto e Roberto Dell'Acqua sono anch'essi attori e stuntman (Alberto ha partecipato a "Lo chiamavano Trinità...", Roberto a parecchi film, vedi la sua scheda qui). Dotato di un'agilità fuori dal comune, nei film di Bud Spencer e Terence Hill interpreta solitamente il teppista, picchiatore o comunque, anche con una divisa delle forze pubbliche addosso, il ruolo del cattivo, senza battute di rilievo. Unica eccezione in "Lo chiamavano Bulldozer" dove interpreta Gerry, un ladruncolo reclutato da Bulldozer (Bud Spencer) per far parte della squadra di football. Qui diventa uno dei personaggi principali del film ed inoltre dimostra le sue ottime attitudini atletiche (difatti viene reclutato da Bulldozer proprio per la sua agilità). Inizia la sua carriera di attore da giovanissimo nel 1968 in un classico "spaghetti western" dell'epoca. Il suo secondo film viene dopo otto anni, dalla metà degli anni settanta partecipa come poco più che comparsa in alcuni film ma è dagli inizi degli anni ottanta (quando adotta lo pseudonimo di Richard Raymond) che la sua carriera di attore prende quota: partecipa a "Zombi 2" (1979), successo del regista Lucio Fulci (sua è la testa mozzata che appare nelle locandine americane del film) ed è uno dei protagonisti di "Zombi 3" (1988), sempre dello stesso regista. Nel tempo che intercorre tra i due titoli recita in circa venti film con parti anche di rilievo, spesso di genere horror ma anche di avventura. Negli ultimi anni ha intrapreso il ruolo di coordinatore degli stunt e maestro d'armi, lavorando in alcuni film tra cui "Padre Speranza", dove ha anche una piccola parte. Appare nei titoli come: Ottaviano Dell'Acqua - Richard Raymond - Hydrian Darko

27.1.11

I quattrocento colpi



I quattrocento colpi (Les Quatre Cents Coups) è un film del 1959 diretto da François Truffaut, al suo primo lungometraggio. Il titolo, in italiano, è la traduzione letterale del titolo del film in lingua francese, ma fa perdere il senso che, in francese, si riferisce all'espressione "faire les quatre cents coups", che vuol dire "fare il diavolo a quattro".
Il film fu girato dal 10 novembre 1958 al 3 gennaio 1959 a Parigi e fu proiettato in pubblico la prima volta il 3 giugno 1959 al 12º Festival di Cannes, dove vinse il Premio per la migliore regia.
È il primo di una serie di film che hanno tutti per protagonista Antoine Doinel, alter ego del regista, sempre interpretato dallo stesso attore, Jean-Pierre Léaud, ripreso in fasi diverse della sua vita, dall'adolescenza alla maturità. I film successivi di questa "serie" sono: Antoine e Colette (1962, episodio del film collettivo L'amore a vent'anni) , Baci rubati (1968), Non drammatizziamo... è solo questione di corna (1970), L'amore fugge (1978)
L'azione si svolge a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Antoine Doinel è un ragazzino di 12 anni, vive con i genitori che mal ne interpretano i bisogni affettivi e le inquietudini tipiche dell'adolescenza, la madre un poco civetta e poco disponibile alle effusioni del ragazzo, il padre (che in realtà è tale solo sotto il profilo legale), abbastanza bonario ma superficiale e solo interessato alle gare automobilistiche. La famiglia vive in un piccolo appartamento, dove Antoine non possiede una propria camera da letto, infatti dorme nell'ingresso, vicino alla porta di casa. Anche a scuola Antoine si fa notare per la sua irrequietezza, lo scarso rendimento e per gli scherzi che combina, tanto che finisce in molte occasioni per diventare il capro espiatorio di marachelle altrui. Tutte le azioni di Antoine sono un mezzo, non sempre consapevole, per attirare l'attenzione degli adulti su di sé e per protestare contro la loro insensibilità e la loro ostilità. Il solo conforto alla sua solitudine è l'amicizia col coetaneo René, solidale con lui anche per la difficile situazione famigliare, con cui marina frequentemente la scuola andando al cinema, nei parchi parigini o al Luna Park.
Dopo aver scoperto per la strada la madre baciare uno sconosciuto, il comportamento di Antoine peggiora: per giustificare l'ennesima assenza a scuola si inventa la morte della madre. Umiliato davanti a tutti fugge da casa e si rifugia nella stamperia dello zio di René, vagando poi di notte per le strade di Parigi. Rientrato a scuola, viene perdonato dalla madre che gli promette un regalo se saprà migliorare i suoi voti. Antoine svolge così un tema a casa riproducendo una pagina dal romanzo La ricerca dell'assoluto di Balzac che descrive la morte del nonno. Il professore lo accusa di plagio e lo punisce per l'ennesima volta.
Deluso e disperato Antoine fugge un'altra volta e va a vivere in casa di René, con cui intende rubare una macchina per scrivere nell'ufficio del padre. Una volta realizzato il furto, i due ragazzi cercano di venderla, ma senza successo, a un ricettatore, e Antoine viene scoperto dal custode all'atto di restituirla. Il padre lo denuncia al commissariato di polizia, sperando che questa riesca in qualche modo a mettere in riga il figlio e così il ragazzo passa una notte in cella assieme a un delinquente e ad alcune prostitute. La madre, per liberarsene, acconsente con durezza, "per dargli una lezione", che venga rinchiuso in un riformatorio lontano da Parigi, vicino al mare. Qui la disciplina è molto rigida, tanto che Antoine viene punito fisicamente con un sonoro ceffone per aver consumato anzitempo un po' della razione del suo pane. Viene poi interrogato da una psichiatra che gli pone domande sulla sua vita intima e sui difficili rapporti con i genitori, cui Antoine risponde con sconcertante franchezza.
René viene a trovarlo ma non può parlargli a causa delle regole dell'istituto. La madre gli comunica in modo brusco la decisione di abbandonarlo a sé stesso. Durante una partita di pallone Antoine approfitta della disattenzione dei sorveglianti e fugge. Con una lunga corsa arriva sino al mare (che non aveva mai visto prima), si spinge sino alla battigia, si volta dopo essere entrato con tutte le scarpe nell'acqua e il film finisce con un fermo immagine che ne inquadra lo sguardo giovane ma già intimamente dolorante, senza alcun cedimento alla retorica e al sentimentalismo di maniera.

Commento
L'idea del film nacque nel regista come un cortometraggio di 20 minuti che avrebbe dovuto intitolarsi "La fugue d'Antoine". Ambientato durante l'occupazione nazista di Parigi, che avrebbe dovuto narrare la storia di un ragazzo che, dopo aver marinato la scuola, non trova il coraggio per tornare a casa e passa la notte in giro per Parigi. Il progetto si è poi, con il tempo, modificato nella testa del regista ed è diventato quella che lui ha definito "una specie di cronaca dei tredici anni" (Gillain 56). Al tempo stesso il regista ha abbandonato l'idea di ambientarlo durante l'occupazione per motivi economici "ma anche estetici, perché si cade facilmente nel ridicolo rievocando la moda di quei tempi" (Gillan 57). Dovranno passare 21 anni prima che Truffaut riesca a girare un film, L'ultimo metrò, ambientato nella Parigi occupata.
Il film è forse l'opera più autobiografica tra tutti i film di Truffaut. Narra l'infanzia di Antoine Doinel (l'alter ego del regista), un ragazzo "difficile" e i suoi rapporti con le "istituzioni" (la famiglia, la scuola, la polizia, il riformatorio). In effetti, come riconosciuto dallo stesso Truffaut, Antoine Doinel non è il giovane Truffaut ma è un incrocio tra il regista e Jean-Pierre Léaud che interpreta il ruolo. In un'intervista del 1959 lo stesso regista, riferendosi a Léaud, afferma: "Io vedevo Antoine più fragile, più indifeso, meno aggressivo, Jean-Pierre gli ha dato la sua forza, la sua aggressività, il suo coraggio." (Gillain, 58). Robert Lachenay, in un commento al film presente nella versione distribuita su DVD, conferma che Truffaut da ragazzo era molto più timido di Léaud e che in alcune situazioni mai si sarebbe comportato con la stessa disinvoltura mostrata dal giovane attore.
Sono gli anni in cui i fermenti libertari risalgono dal basso verso la superficie e in cui l'apparente benessere economico non riesce a dare risposte soddisfacenti a chi non sia banalmente superficiale. Il regista si fa interprete di questi rivolgimenti sociali.
Il personaggio di René Bigey, l'amico intimo del giovane Doinel, è la rappresentazione cinematografica di Robert Lachenay, il miglior amico di Truffaut, conosciuto sui banchi di scuola e con cui il regista ha condiviso la passione per il cinema (e i cui nonni avevano appunto il cognome Bigey).

Curiosità
Il film è dedicato alla memoria di André Bazin, morto proprio la sera del giorno in cui iniziarono le riprese.
La pellicola si apre con le immagini della Torre Eiffel, nei pressi della quale il regista aveva abitato da ragazzo e per la quale ha sempre conservato una sorta di attrazione.
In una scena Antoine e René uscendo dal cinema passano davanti a dei poster e rubano la foto di una donna: si tratta di Harriet Andersson in Monica e il desiderio di Ingmar Bergman.
François Truffaut e Philippe de Broca appaiono in un cameo: sono due uomini nella giostra insieme ad Antoine al luna park.
Il British Film Institute lo ha inserito nella lista dei 50 film film più adatti ad un pubblico giovane.

il fonico


Il fonico è una figura professionale che si occupa della gestione dell'audio in ogni attività od evento nel mondo dello spettacolo che preveda l'utilizzo di microfoni, mixers, diffusori acustici, registratori, eccetera.
Cinema
Nell'ambito del cinema, per esempio, il fonico si occupa della gestione dei dialoghi, dei rumori, dei suoni in generale, durante la produzione (presa diretta) e la post-produzione. Esistono varie tipologie di fonico cinematografico:
Fonico di presa diretta, responsabile della registrazione dell'audio sul set. Collabora generalmente con un microfonista.
Fonico di missaggio si occupa di miscelare in fase di post-produzione le registrazioni del fonico di presa diretta integrandole con eventuale doppiaggio ed eventuali suoni aggiunti.
Fonico di doppiaggio è colui che si occupa di registrare i dialoghi da sostituire agli originali.
Il montaggio del suono e la sua composizione è di fondamentale importanza in quanto svolge un ruolo centrale nella post-produzione di un film. Nella presa diretta, quindi, il ruolo di fonico sul set cinematografico è importante poiché "cattura" suoni che altrimenti non si riuscirebbero ad ascoltare allo stesso modo, grazie all'utilizzo differenziato di diversi microfoni.
Musica
In ambito musicale convivono e interagiscono le seguenti figure professionali:
Fonico F.o.H. o Fonico di sala (Front of House, ossia "di fronte al palco") che si occupa del missaggio dei microfoni (quindi degli strumenti) e dell'equalizzazione dei vari canali audio, per consentire al pubblico un ascolto ottimale del concerto.
Fonico di palco' che gestisce gli ascolti dei musicisti sul palco i quali controllano la propria esecuzione e quella dei propri colleghi tramite piccoli diffusori acustici chiamati monitors (in gergo detti "spie") o tramite cuffie.
PA man, un fonico specializzato che realizza la sonorizzazione del luogo in cui si svolge l'evento. Egli sceglie il tipo di impianto più adatto, lo predispone e lo equalizza in modo da correggere difetti di ascolto che eventuali particolari caratteristiche della location possono produrre.
Fonico di presa diretta che registra l'esecuzione musicale che poi, dopo una eventuale rielaborazione effettuata in uno studio, può essere utilizzata per la realizzazione di un CD o di un DVD Live.
Fonico di messa in onda gestisce invece un missaggio dei suoni diverso da quello del fonico F.o.H., più indirizzato ad un ascolto televisivo o radiofonico;
Fonico di studio o, tecnico del suono, si occupa della registrazione, dell'editing, del missaggio e del mastering finale di una esecuzione musicale in uno studio di registrazione destinata alla diffusione di un prodotto discografico.

26.1.11

Daniela Rocca



« Sono contento che si parli ancora di Daniela Rocca, della sua mimica, dei suoi vezzi che hanno reso il film Divorzio all’italiana inimmaginabile senza di lei, senza la sua forza tellurica, quasi pirandelliana, senza la sua capacità di imbruttirsi che ne ha fatto un prodigio del cinema italiano »
(Fernando Gioviale, 2006)

All'età di sedici anni fu eletta Miss Catania. Dopo aver partecipato al concorso di Miss Italia, si trasferì a Roma, incominciando la carriera di attrice cinematografica nel 1955 con piccole parti in film di modesta levatura.
Nel 1959 finalmente il regista Fernando Cerchio le diede una parte di maggior rilievo nel film Giuditta e Oloferne, primo di una serie di film del filone storico-biblico in costume ai quali partecipò nel biennio successivo. Nello stesso anno partecipò al film La battaglia di Maratona di Jacques Tourneur.
Ma la vera svolta professionale venne nel 1961, nel film Divorzio all'italiana di Pietro Germi, pellicola in cui sostenne il ruolo della moglie del protagonista Marcello Mastroianni. Per la prima volta, non viene scelta per la sua avvenenza fisica ma per le sue doti recitative: trasformata da un trucco che la imbruttisce tanto da renderla irriconoscibile, si esibisce in una grande interpretazione che la consacra star internazionale, così da guadagnarsi la nomination come migliore attrice straniera alla British Academy of Film and Television Arts Awards. Sul set del film nasce anche la travagliata storia sentimentale con il regista Pietro Germi che contribuirà a minare profondamente la sua fragile psiche.
Turbata dalla storia con Germi, per la quale tenterà più volte il suicidio, la Rocca decise di girare un film, Il peso del corpo, del quale voleva essere regista, produttrice e attrice protagonista: progetto stralunato che la porterà a dilapidare tutti i suoi averi.
Nel 1962 fu scelta da Gianni Puccini come protagonista del film L'attico, bel film semi-autobiografico nel quale le delusioni della protagonista, ragazza che giunge a Roma dalla provincia, oltre ad alcuni sottili ma chiari riferimenti, ci rimandano alla vicenda umana di Daniela.
Nel 1963 recitò in La noia, di Damiano Damiani.
Negli anni seguenti partecipò ad altri film minori, ma dopo il 1967 gravi disturbi la costrinsero al ricovero in una casa di cura per malattie mentali, causando l'interruzione definitiva della sua carriera.
Nel 1977 Marco Bellocchio, regista attratto dall'analisi dei risvolti patologici della psiche, la richiamò per interpretare se stessa nel film La macchina cinema girato insieme a Silvano Agosti.
Durante il lungo ricovero, la Rocca ha scritto poesie, alcune delle quali incise su disco, e romanzi tra i quali Chiamatemi per le lune pressoché introvabili.
Si spegne il 29 maggio 1995 in una casa di riposo a Milo.

Elena Fiore





Corposa caratterista di taglia forte, eccellente attrice in ruoli sgradevoli di donna volgare e ordinaria, diventa celebre nella prima metà degli anni Settanta soprattutto per una indovinata adesione fisica e psicologica ai personaggi interpretati in alcuni film di Lina Wertmüller; a cominciare da Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), in cui impersona egregiamente una poco attraente donna siciliana piena di voglie sessuali, ruolo in cui risulta assai credibile e perfettamente a proprio agio. Per la Fiore sembra tracciato il solco di una promettente carriera da buona attrice di carattere, invece purtroppo la ripetitività del personaggio la costringe a ruoli di routine e di scarso spessore, tanto che a poco a poco la sua immagine diventa sfocata non riuscendo a staccarsi dallo stereotipo del personaggio del suo ottimo esordio

Filmografia: 1972: Mimì metallurgico ferito nell’onore di L. Wertmüller; 1973: Bella, ricca, lieve difetto fisico, cerca anima gemella di N. Cicero; Film d’amore e d’anarchia – ovvero Stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza... di L. Wertmüller; L’altra faccia del padrino di F. Prosperi; 1975: Pasqualino Settebellezze di L. Wertmüller; 1976: La prima notte di nozze di C. Prisco; 1979: Giallo napoletano di S. Corbucci; 1981: Il marchese del Grillo di M. Monicelli.

Maria Antonietta Beluzzi






Popolana romagnola dotata di seni piuttosto generosi, fu precettata da Federico Fellini per interpretare lo storico ruolo della tabaccaia in Amarcord, (1972). La scena più famosa da lei interpretata è quella in cui il protagonista, Titta, trascorre un breve momento di intimità con lei nella bottega.
Aveva comunque già interpretato anni prima una piccola parte in , sempre di Fellini.
Si riciclò in seguito come simpatica caratterista, interpretando film popolari di grande successo come Di che segno sei?, (1975), di Sergio Corbucci e L'inquilina del piano di sopra, (1978), di Ferdinando Baldi.
Dopo anni di inattività, è morta nel 1997 all'età di sessantasette anni in seguito ad un infarto

effetto notte





Il titolo si riferisce a una tecnica cinematografica, nota appunto come effetto notte, che consiste nel rendere "notturna" una ripresa fatta in piena luce grazie all'inserimento di un filtro blu davanti all'obiettivo.
Il film è rinomato per essere una delle più importanti opere della cinematografia di ogni tempo e non solo della carriera di Truffaut: per esempio, la rivista statunitense TIME l'ha inserito nella lista dei 100 migliori film di tutti i tempi ed il mensile italiano Ciak gli ha dato lo stesso riconoscimento nel libro 100 capolavori.
Le riprese durarono dal 25 settembre al 15 novembre 1972 e il film fu proiettato per la prima volta al Festival di Cannes, fuori concorso, il 14 maggio 1973.

Trama
Produzione e retroscena durante la lavorazione del film Je vous presente Pamela (Vi presento Pamela), girato negli studi della Victorine a Nizza: la vita e il lavoro degli attori, dei membri della troupe cinematografica e del regista, Ferrand. Dal primo all'ultimo giorno delle riprese i problemi della lavorazione s'alternano con i rapporti personali tra i vari componenti della “troupe” e con la storia del film nel film. Pur costruito su incastri e incroci, ricco di citazioni, autocitazioni, allusioni, è un film che viaggia come un treno nella notte. Un successo internazionale. Oscar per il miglior film straniero e 3 nomination: sceneggiatura, regia e V. Cortese. Dedicato alle sorelle Dorothy e Lillian Gish.

Premi
Nel 1974 il film vinse l'Oscar e il BAFTA al miglior film straniero; si aggiunga un altro BAFTA alla migliore attrice non protagonista a Valentina Cortese.
Agli Oscar, ricevette solo nel 1975 altre due nomination: Miglior regista e Miglior attrice non protagonista (Valentina Cortese).

25.1.11

Vittorio Storaro




Il padre è un proiezionista della Lux Film. Già all'età di 11 anni comincia a studiare fotografia nell'istituto Tecnico di Roma "Duca d'Aosta" e successivamente al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Ha curato la fotografia di quasi tutti i film di Bernardo Bertolucci dal 1970 (Il conformista) al 1993 (Piccolo Buddha).
Nel 2005 è presidente della giuria del Festival internazionale del film di Locarno dove riceve l'Exellence Awards.
È autore di Scrivere con la luce, enciclopedia di tre volumi frutto dell'esperienza del suo lavoro.

Curiosità
Vittorio Storaro non ama definirsi Direttore della fotografia, ma piuttosto Cinefotografo o, "all'americana", Cinematographer. In più di un'occasione ha sostenuto che sul set esiste un solo direttore (Director), che è il regista. La definizione che ama di più è Cinematografo, traduzione dall'inglese del termine Cinematographer, ovvero colui che scrive con il cinema.
Ha recitato la parte del cineoperatore nel film "Apocalipse Now"
Oltre a ben tre premi Oscar ed innumerevoli prestigiosi riconoscimenti, nel 2005 ha ricevuto il Ciak di Corallo premio alla carriera dell'Ischia Film Festival

Filmografia Cinema
I normanni, regia di Giuseppe Vari (1962)
Il labirinto, regia di Silvio Maestranzi - cortometraggio (1966)
L'urlo, regia di Camillo Bazzoni - cortometraggio (1966)
Giovinezza, giovinezza, regia di Franco Rossi (1969)
Delitto al circolo del tennis, regia di Franco Rossetti (1969)
L'uccello dalle piume di cristallo, regia di Dario Argento (1970)
Il conformista, regia di Bernardo Bertolucci (1970)
Strategia del ragno, regia di Bernardo Bertolucci (1970)
Giornata nera per l'ariete, regia di Luigi Bazzoni (1971)
Addio, fratello crudele, regia di Giuseppe Patroni Griffi (1971)
Corpo d'amore, regia di Fabio Carpi (1972)
Ultimo tango a Parigi, regia di Bernardo Bertolucci (1972)
Malizia, regia di Salvatore Samperi (1973)
Blu gang vissero per sempre felici e ammazzati, regia di Luigi Bazzoni (1973)
Giordano Bruno, regia di Giuliano Montaldo (1973)
Identikit, regia di Giuseppe Patroni Griffi (1974)
Le orme, regia di Luigi Bazzoni e Mario Fanelli (1974)
Novecento, regia di Bernardo Bertolucci (1976)
Scandalo, regia di Salvatore Samperi (1976)
La luna, regia di Bernardo Bertolucci (1979)
Apocalypse Now, regia di Francis Ford Coppola (1979)
Il segreto di Agatha Christie (Agatha), regia di Michael Apted (1979)
Reds, regia di Warren Beatty (1981)
Un sogno lungo un giorno (One from the Heart), regia di Francis Ford Coppola (1982)
Ladyhawke, regia di Richard Donner (1985)
Ishtar, regia di Elaine May (1987)
L'ultimo imperatore, regia di Bernardo Bertolucci (1987)
Tucker, un uomo e il suo sogno, regia di Francis Ford Coppola (1988)
New York Stories, regia di Francis Ford Coppola - episodio "Life without Zoe" (1989)
Il tè nel deserto, regia di Bernardo Bertolucci (1990)
Dick Tracy, regia di Warren Beatty (1990)
Writing with Light: Vittorio Storaro - documentario (1992)
Piccolo Buddha, regia di Bernardo Bertolucci (1993)
Flamenco, regia di Carlos Saura (1995)
Taxi, regia di Carlos Saura (1996)
Tango, no me dejes nunca, regia di Carlos Saura (1998)
Bulworth - Il senatore (Warren Beatty), regia di Warren Beatty (1998)
Goya (Goya en Burdeos) di Carlos Saura (1999)
Ho solo fatto a pezzi mia moglie (Picking Up the Pieces), regia di Alfonso Arau (2000)
Mirka, regia di Rachid Benhadj (2000)
Zapata - Il sogno dell'eroe (Zapata - El sueño del héroe), regia di Alfonso Arau (2004)
L'esorcista: La genesi (Exorcist: The Beginning), regia di Renny Harlin (2004)
Dominion: Prequel to the Exorcist, regia di Paul Schrader (2005)
Ciro, episodio di All the Invisible Children, regia di Stefano Veneruso (2005)

Televisione

Tonino Delli Colli




Fece a soli sedici anni il suo esordio nel cinema, iniziando come assistente a Cinecittà di Ubaldo Arata e Anchise Brizzi. Il suo primo lavoro come direttore della fotografia è del 1943: Finalmente sì, diretto da Laslo Kish. Inizialmente seguì le orme del cugino Franco Delli Colli, anch'egli direttore della fotografia.Tra le sue opere più importanti: Il buono, il brutto, il cattivo (1966), C'era una volta il West (1968) e C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone, Il nome della rosa (1986) di Jean-Jacques Annaud, Luna di fiele e La morte e la fanciulla con Roman Polanski, La vita è bella (1997, il suo ultimo film) di Roberto Benigni, ben 8 film di Pier Paolo Pasolini e diversi film di Dino Risi
Fu tra i realizzatori del primo film italiano a colori: Totò a colori di Steno, del 1952.
È stato attivo anche in televisione per la quale ha curato fra l'altro la fotografia dello sceneggiato televisivo del 1965 Resurrezione.

Premi e riconoscimenti
Tonino Delli Colli ha un nutrito palmares di premi: ha vinto sei Nastri d'argento, ha ottenuto nel 1985 una Nomination ai Bafta britannici per C'era una volta in America, ed è stato insignito di un premio speciale alla carriera nel 2005 dall'Associazione statunitense dei direttori della fotografia (American Society of Cinematographers, in sigla ASC).
Ha inoltre vinto 4 volte il David di Donatello per il miglior direttore della fotografia nel 1982 (Storie di ordinaria follia), 1986 (Il nome della rosa), 1997 (Marianna Ucrìa) e nel 1998 (La vita è bella). È stato candidato nel 1990 per La voce della Luna. E' scomparso nell'agosto del 2005.

Filmografia parziale
Il paese senza pace, regia di Leo Menardi (1943)
Finalmente sì, regia di Ladislao Kish (1944)
Trepidazione, regia di Toni Frenguelli (1946)
Felicità perduta, regia di Filippo Walter Ratti (1946)
O sole mio, regia di Giacomo Gentilomo (1946)
Paese senza pace, regia di Leo Menardi (1946)
Nada, regia di Edgar Neville (1947)
L'isola di Montecristo, regia di Mario Sequi (1948)
La città dolente, regia di Mario Bonnard (1948)
La strada buia, regia di Sidney Salkow (1949)
Nerone e Messalina, regia di Primo Zeglio (1949)
La mano della morta, regia di Carlo Campogalliani (1949)
Al diavolo la celebrità, regia di Mario Monicelli e Steno (1949)
Il voto, regia di Mario Bonnard (1950)
Io sono il capataz, regia di Giorgio Simonelli (1950)
Alina, regia di Giorgio Pàstina (1950)
Totò terzo uomo, regia di Mario Mattoli (1951)
Il padrone del vapore, regia di Mario Mattoli (1951)
Milano miliardaria, regia di Marcello Marchesi e Vittorio Metz (1951)
Accidenti alle tasse!!, regia di Mario Mattoli (1951)
Era lui... sì! sì!, regia di Marino Girolami e Marcello Marchesi (1951)
Gli undici moschettieri, regia di Ennio De Concini e Fausto Saraceni (1952)
I tre corsari, regia di Mario Soldati (1952)
Totò e le donne, regia di Mario Monicelli e Steno (1952)
Totò a colori, regia di Steno (1952)
Jolanda la figlia del corsaro nero, regia di Mario Soldati (1952)
Gioventù alla sbarra, regia di Ferruccio Cerio (1952)
Ti ho sempre amato!, regia di Mario Costa (1953)
Nerone e Messalina, regia di Primo Zeglio (1953)
Il sacco di Roma, regia di Ferruccio Cerio (1953)
Amori di mezzo secolo, regia di Mario Chiari, Pietro Germi, Glauco Pellegrini, Antonio Pietrangeli, Roberto Rossellini (1954)
Donatella, regia di Mario Monicelli 1956
Femmine tre volte, regia di Steno (1957)
Poveri milionari, regia di Dino Risi (1958)
Marinai, donne e guai, regia di Giorgio Simonelli (1958)
Il mondo di notte, regia di Luigi Vanzi (1959)
Accattone, regia di Pier Paolo Pasolini (1961)
Mamma Roma, regia di Pier Paolo Pasolini (1962)
La ricotta, regia di Pier Paolo Pasolini (1962)
Il Vangelo secondo Matteo, regia di Pier Paolo Pasolini (1964)
Comizi d'amore, regia di Pier Paolo Pasolini (1964)
Uccellacci e uccellini, regia di Pier Paolo Pasolini (1966)
Il buono, il brutto, il cattivo, regia di Sergio Leone (1966)
Che cosa sono le nuvole, regia di Pier Paolo Pasolini (1967)
C'era una volta il West, regia di Sergio Leone (1968)
Los amigos, regia di Paolo Cavara (1972)
Storie scellerate, regia di Sergio Citti (1974)
Pasqualino Settebellezze, regia di Lina Wertmüller (1976)
Salò o le 120 giornate di Sodoma, regia di Pier Paolo Pasolini (1976)
Caro Michele, regia di Mario Monicelli (1976)
Viaggio con Anita, regia di Mario Monicelli (1978)
Temporale Rosy (Rosy Bourrasque), regia di Mario Monicelli (1979)
Storie di ordinaria follia, regia di Marco Ferreri (1981)
C'era una volta in America, regia di Sergio Leone (1984)
Ginger e Fred, regia di Federico Fellini (1986)
Il nome della rosa, regia di Jean-Jacques Annaud (1986)
Intervista, regia di Federico Fellini (1987)
La voce della luna, regia di Federico Fellini (1990)
Luna di fiele, regia di Roman Polanski (1992)
La morte e la fanciulla, regia di Roman Polanski 1994)
Facciamo paradiso, regia di Mario Monicelli (1995)
Marianna Ucrìa, regia di Roberto Faenza (1997)
La vita è bella, regia di Roberto Benigni (1997)