30.11.10

ciao Mario







""Solo gli stronzi muoiono", parola di Mario Monicelli, uno che il gusto della provocazione ce l'ha sempre avuto. Ma questa volta, dell'ironia amara e dello sberleffo non c'è traccia. Perché il più grande regista del Novecento italiano ha scelto di andarsene in modo tragico, togliendosi la vita. Si è gettato dal quinto piano del reparto di urologia dell'ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato per una grave malattia. Un suicidio che sa di resa, di disperazione, unica via per chi anche a 95 anni non sapeva né poteva rassegnarsi all'oblio, all'impossibilità di decidere il proprio futuro.Qualcuno lo ha definito il padre della commedia all'italiana, ma Monicelli era molto di più. Tra "I soliti ignoti" (1958) e "La grande guerra" (1959), tanto per citare due titoli indimenticabili, passano un anno e un mondo. Il primo comico ed irresistibile, il secondo lucido, spietato, altrettanto irresistibile. Con lui dietro la macchina da presa, hanno raggiunto vette impossibili attori come Totò, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi. Monica Vitti, Nino Manfredi. Il meglio di Cinecittà, al servizio del più severo, burbero e geniale dei cineasti nostrani, un intellettuale popolare in grado di passare con disinvoltura dalla supercazzola prematurata al dramma di un padre che si vede uccidere il figlio tra le braccia, senza motivo.
Praticamente impossibile fare una classifica dei suoi film più riusciti, perché tra i quasi 70 diretti Iil primo, nel 1935, fu "I ragazzi della via Paal") e gli 8o sceneggiati, i flop si contano sulle dita di una mano. E allora via, in ordine cronologico, con gioielli come "L'armata Brancaleone" (1966), "La ragazza con la pistola" (1968), "Vogliamo i colonnelli" (1973), "Romanzo popolare" (1974), "Amici miei" (1975), "Un borghese piccolo piccolo" (1975), "Il marchese del grillo" (1981). "Speriamo che sia femmina" (1986). L'ultimo, del 2006, fu "Le rose del deserto" con Michele Placido, Giorgio Pasotti e Alessandro Haber. Fu apprezzato da pochi, quasi Moniceli fosse un maestro fin troppo venerato per essere ancora attuale.Lui, mantovano d'origine ma toscano in tutto e per tutto, non ha mai apprezzato la leggerezza fatua di certo cinema italiano contemporaneo, senza però far mai pesare il suo passato. Al ricordo, preferiva il presente. Nel 2007 si lasciò con la sua ultima compagna, Chiara Rapaccini, di 40 anni più giovane. In fondo, anche questa è la vita.Le reazioni - Il suo mondo, il mondo del cinema, ha reagito con cordoglio e costernazione. Carlo Verdone ha commentato: "E' una notizia che mi intristisce molto, Mario era depresso da tempo". Michele Placido, da Monicelli diretto in "Le rose del deserto", ha detto di non aspettarsi il suicidio, ricordando che "bisogna rispettare questa sua decisione". Il regista Carlo Lizzani ricorda così il grande collega: "Quello che fa capire quale sia stata la sua statura è la sua durata nel tempo nella storia del cinema italiano, prima con Steno, poi durante il periodo di Fellini e Antonioni ha continuato la sua opera intervenendo anche sul tessuto sociale". Il toscano Giovanni Veronesi ricorda: "Sono davvero scombussolato, l'avevo sentito poco tempo fa e pur sapendo che era all'ospedale, non lo sono mai andato a trovare. Peccato". Basito anche il produttore Aurelio De Laurentiis: "Io che lo conoscevo profondamente e sapevo della sua grande dignità e del suo desiderio di essere sempre indipendente e autonomo, posso capire questo gesto". Unanime il dolore del mondo politico, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
29/11/2010

29.11.10

dopo





























Dora Maar






























“ Si avvertiva immediatamente quando ci si trovava in sua presenza che quella non era una donna comune. Non era bella in senso classico, ma era un tipo che non si dimenticava facilmente. C'era nei suoi occhi una luce, uno sguardo straordinariamente luminoso, limpido come il cielo di primavera. Aveva una bella voce, una voce singolare, unica. Non ho mai conosciuto nessun altro con una voce come la sua.
Era come un gorgheggio nel canto degli uccelli.“


Chi scrive è James Lord, lei è Henriette Theodora Markovich Henriette, con la sua inseparabile rolleiflex, si muove sicura tra gli artisti e intellettuali che frequentano i bistrot lungo la vie lumiere. Siamo negli anni '30, anni di grandi fermenti. Lei è giovane, appena diciannovenne, e, con la famiglia, padre architetto croato e madre francese, è arrivata da poco a Parigi da Buenos Aires dove ha vissuto per anni. E' intelligente, colta, dotata di curiosità intellettuale ed è impegnata nel sociale. E' indipendente e anticonformista ed ha appena scelto la propria strada professionale. Dopo gli studi artistici tra lezioni di fotografia e pittura sceglierà la fotografia: suo nome d'arte, Dora Maar. Divide lo studio con altri artisti ed in pochi anni diventa una fotografa famosa e di grande talento. Si occupa di fotografie pubblicitarie e di moda utilizzando tecniche diverse: tagli prospettici e deformazioni, doppie esposizioni e collages, il tutto inframmezzato con immagini in cui ritrae angoli di città e scene di strada degradate con mendicanti e povertà e questa sarà sempre la sua personale e continua ricerca. Con fotomontaggi utilizza i personaggi delle foto di strada inserendoli in architetture ribaltate da rotazioni e deformate in camera oscura.
“ Le sue fotografie mi ricordano le tele di De Chirico. Rappresentano spesso un lungo tunnel con in fondo la luce e un oggetto piuttosto difficile a identificarsi perché si trova in contro-luce “Così Picasso descrive le fotografie di Dora a Franncoise Gilot.

occhiali







Nannarella






together














































27.11.10

la regia è donna





























Vaclav Fomic Nizinskij











Considerato uno dei ballerini più dotati della storia, divenne celebre per il suo virtuosismo e per la profondità e intensità delle sue caratterizzazioni. Fu uno dei pochi uomini capaci di danzare sulle punte e la sua danza, apparentemente in grado di negare la legge di gravità, è diventata parte della sua leggenda.